Libro/Pietro Spirito indaga il nuovo capitalismo della mobilità: quel rischio di creare nuovi monopoli

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Un tempo le avanguardie si dicevano rivoluzionarie. Oggi, a trovarne, di visionari non allucinati in grado di anticipare tendenze in atto, percorsi e strettoie economiche e sociali. L’autore del libro Il nuovo capitalismo della mobilità. Oligarchi e sudditi nei trasporti, Pietro Spirito, lo fa e senza sconti. (Introduzione di Giulio Sapelli, Giuda Editori, pagg. 288, Euro 18,00).
Lo scrittore mette a fuoco, oltre a un percorso storico della mobilità, in quali luoghi il capitalismo poggia le sue basi più concrete nel campo degli spostamenti di uomini e merci, compresele insidie e le opportunità da cogliere. 
Il libro parte con l’analisi della società economica, dell’attuale fase storica figlia dell’individualismo sociale, delle solitudini connesse, della digitalizzazione che ci fa perdere l’orientamento del lavoro, della propria organizzazione di vita, dei processi di governance. Insomma, ad una società mobile la corrispondenza di un capitalismo mobile, con tutti ad analizzare gli effetti e nessuno, tranne i gruppi di interesse, che si interroghi sulle cause.
L’esigenza del capitale, in ogni fase storica, è quella di muoversi con rapidità, cambiare, non farsi rintracciare, per mantenere inalterata la condizione di profittabilità quale propria mission.
L’autore entra quindi nel vivo e spiega l’interconnessione tra capitalismo e mobilità, elementocardine del libro. Ovvero lo spostamento di merci e persone da chi viene comandato, quale sistema oligarchico propone, il residuo ruolo dello Stato (monopolista) e che tipo di privato sta aggredendo un settore sostanzialmente ex pubblico.
Il primo “indagato” eccellente che favorisce la nuova organizzazione sociale, e quindi economica, è la digitalizzazione. Il capitale e il lavoro, nel campo dei trasporti, non si muovono più come un tempo, anzi sono quasi immobili, ovvero diventano invisibili.
Questa componente tecnologica innovativa agisce ristrutturando tanto le relazioni industriali quanto l’organizzazione del mercato del lavoro. Una vera e propria rivoluzione silenziosa.
Nel corso dell’analisi, Pietro Spirito si pone in posizione perfettamente simmetrica nel criticare i monopoli pubblici da un lato, e le rendite di posizioni create da privatizzazioni che danneggiano i consumatori e lo stesso sviluppo economico dall’altro.
Dentro un nuovo e diverso equilibrio di regolazione, secondo l’autore, va incentivata la mobilità sostenibile, ovvero la transizione energetica e l’adozione di modelli di trasporto ambientalmente sostenibili. Per questi motivi la traccia proposta sostiene che “la politica e le istituzioni stentano ancora a comprenderne le traiettorie che si stanno ormai disegnando nei rapporti economici e sociali.”.
I capitoli centrali del libro analizzano invece le connessioni originarie, ovvero la genesi dei processi di mobilità (e delle reti) a partire dalla civiltà pre-industriale, le evoluzioni storiche, fino ad arrivare agli effetti della pandemia sulla mobilità. Un’analisi documentata, seria e rigorosa, argomentata con cognizione di causa e larga conoscenza del settore, già individuabile nella competenza storica dell’autore del libro.
Una attenzione specifica Pietro Spirito la dedica poi alle multinazionali della mobilità (Cap. 3), ovetraccia un netto assunto di base: «Il movimento costituisce il vettore principale di tutti i cambiamenti, da ogni punto di vista: economico, sociale, produttivo».
Un punto di partenza ineludibile. Ovvero spiega come l’internettizzazione rappresenti la nuova frontiera dei consumi e dei bisogni. Ma questa nuova frontiera, se non adeguatamente regolata, può rappresentare anche l’abbattimento di diritti e tutele, ritornando indietro nel tempo. Ovvero determinando una sotto forma di sfruttamento del capitalismo, qualcosa di “sganciato” e mancante del frutto di ampie relazioni sociali. 
L’autore, infine, richiama, con intelligenza acuta, a una connessione con tale pensiero e contestualmente a una dimensione democratica e collettiva capace di rintracciare le evoluzioni in atto, perché le innovazioni digitali fanno sicuramente bene. Diversamente il rischio è la cristallizzazione del potere nel campo della mobilità, ovvero chi arriverà primo sarà di chiusura per tutti gli altri. Il rischio su cui richiama l’attenzione l’autore è la creazione di nuovi (o vecchi) monopoli e/o oligopoli. 
Perché leggerlo? Perché dice tanto e ancor di più e perché apre un mondo di conoscenza e approfondimento argomentativo e analitico di un settore di vitale importanza.

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