5 domande per Napoli. Proseguiamo con la nostra rubrica di approfondimento. Obiettivo: determinare un quadro di idee, analisi, contributi, dubbi, proposte, di autorevoli commentatori in uno spirito di coraggio, umiltà e compartecipazione, a servizio della città a venire. Ne parliamo con Antonio D’Amore, referente provinciale di Libera contro le mafie.
1)Napoli è tra più fuochi: un avamposto contro l’autonomia differenziata avanzata dalle Regioni del Nord, una città alla ricerca di un’identità perduta tra le tante “anime” del Mezzogiorno ed un capoluogo che non accetta fino in fondo la sfida nell’ambito dei paesi del Mediterraneo. Avere un’idea di città significa avere un’idea di futuro. Quale la tua?
Napoli città di pace, in un mediterraneo attraversato da tante persone in fuga da guerre e miseria che in questo viaggio di speranza vi trovano la morte, questa città può diventare un luogo di mediazione e confronto, capace di riportare la discussione non sull’odio che cerca soluzioni banali, ma che si prenda coscienza della complessità del problema e la ricerca delle possibili soluzioni avvenga all’interno di una mediazione internazionale.
Napoli capitale del mediterraneo, dove il turismo possa raccontare la nostra ricca storia di popoli stranieri che l’hanno governata, dove le bellezze naturali possano essere rivalutate all’interno di una consapevolezza capace di rispettare l’ambiente e i suoi abitanti, una rivalutazione delle eccellenze agroalimentari, un artigianato di qualità di lunga tradizione, insomma un luogo di mediazione e di confronto, anche dialettico in cui la sintesi sia il meglio delle posizioni a confronto, una sfida che ridia ai giovani la speranza di un tempo futuro non più vissuto come minaccia.
2)L’esigenza di una piattaforma programmatica propositiva, di medio-lungo periodo, non necessariamente in contrapposizione alle città del Nord, è più che una necessità per Napoli e per il Sud. Questa scelta impone un dialogo pressante con i Governi, qualsiasi essi siano, per un capoluogo che conti e non solo racconti. Il dialogo istituzionale è positivo sempre e comunque oppure deve passare prima per una rottura traumatica, viste le tante “sottrazioni” a cui gli esecutivi nazionali ci hanno tristemente abituati?
In un tempo in cui la politica è prona all’economia e ai poteri forti, in cui i partiti si chiamano con i nomi dei leader, in cui la parola diritto è completamente scomparsa dalle agende dei governanti, bisogna per forza rimettere mano al confronto serio e sereno, tra le parti, siamo in una società liquida che cambia continuamente forma, che cade continuamente in contraddizione, in cui stare dalla parte giusta diventa una continua mutazione, abbiamo bisogno di mettere mano a un nuovo modello di persona, dobbiamo ricreare un nuovo umanesimo.
3)Le categorie sociali ed economiche di Napoli molto spesso disegnano “separatamente” il destino dei cittadini, ognuno con la presunzione della conoscenza che diventa verità assoluta e non riproducibile da tutti gli altri. Il dialogo, la sintesi, una comunità di interessi, tra i soggetti sociali della nostra città sono possibili o ci dobbiamo rassegnare per sempre?
L’altro e l’altrove sono le sfide che, penso, debbano essere al centro di nuovo ordinamento sociale, abbiamo bisogno di un nuovo lessico per orientarci in un tempo nuovo che ci richiede uno sguardo profondo e lungimirante.
La parola rigenerazione è la prima, che anche come associazione Libera contro le mafie abbiamo cominciato a mettere nel nostro fare ed agire. RIGENERAZIONE, non basta più parlare di cambiamento, fino ad ora il più delle volte sono stati semplici adattamenti, o mutazioni esteriori. La sostanza è rimasta la stessa.
Urge una rigenerazione, che comporta il coraggio di osare di più, non si rigenera nella continuità, ma solo andando incontro all’ignoto con coraggio.
4)Dopo il Covid– 19 è cambiato il mondo e le città non potranno restare a guardare. Secondo te, Napoli in quale miglior modo può reagire, quale terreno deve principalmente recuperare per non “perdersi” definitivamente?
Se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è quella che noi essere umani
La condizione umana è fragile, averne conoscenza e consapevolezza è la nostra forza. E’ la presa di coscienza delle fragilità che ci ha messo nella condizione in passato di unirci in gruppo, in comunità, infine in società, dove i limiti di alcuni venivano compensati dagli altri e insieme si costruiva contesti di vita e di civiltà.
Dove la stessa morte faceva meno terrore per il fatto che c’era consapevolezza che la memoria di chi se andava veniva costruita dall’affetto e dall’impegno di chi rimaneva.
Da sempre la condivisione e la corresponsabilità sono le basi per lottare contro l’ingiustizia e costruire diritti. Ma per fare questo abbiamo bisogno di individui che non hanno paura di riconoscere la loro fragilità.
Noi oggi invece ci confrontiamo con individui che si fingono onnipotenti. Ma se questo succede come sta succedendo si va incontro ad accanirsi contro la fragilità degli altri, e questo non è umano.
La lezione, per me, con rispetto, è quella di ritrovare umiltà e capire che dai problemi si esce insieme, che era il fare della politica nel secolo scorso.
5)La partecipazione è un elemento di valore e dovrebbe riguardare la politica, ma anche e soprattutto l’ambito sociale e culturale, ma troppo spesso evoca scenari senza sporcarsi le mani. Napoli ha bisogno di un orizzonte ma anche di certezze amministrative e comportamentali. Al futuro ci si arriva con atti concreti, costanti e duraturi. Da dove si comincia per allargare la base democratica in città?
Nella nostra città sono tanti i cittadini, sia singoli che associati, che hanno preso coscienza della incapacità di questa politica succube di poteri forti, e hanno cominciato ad impegnarsi, nel fare ed agire nel piccolo. Io che sono un uomo del ‘900 e ho vissuto nella condizione che fosse la rivoluzione a cambiare le cose, oggi, invece, in modo più pragmatico le realtà sociali si impegnano a cambiare il loro habitat, il condominio, la piazza, ecc.
Tutta questa attività per la atavica storia “io sono meglio di te”, non riesce a trasformarsi in azione politica che cambia lo stato di cose esistenti. Appena troviamo un po’ di umiltà proviamo a costruire una nuova città, una nuova comunità, una nuova umanità.
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