Tableaux vivants. Quadri viventi. In rosso e nero. Amore e morte s’incrociano, indissolubili nelle “Cronache napoletane” di Jean–Noël Schifano che la giovane editrice partenopea Francesca Mazzei propone nella bella e impeccabile traduzione (la terza di questo classico contemporaneo) di Alvio Patierno, da poco in libreria, con il marchio editoriale Colonnese.
Le tenebre della copertina sono accarezzate dalla luce artistica di Maria d’Avalos ritratta da Lello Esposito che lascia il suo segno indelebile nella maschera di Pulcinella, insanguinata come il pugnale.
Pubblicate per la prima volta nel 1984 per le edizioni parigine Gallimard, le Chroniques napolitaines conservano intatto il fascino delle gemme letterarie. Che adesso brillano del loro fulgore originario anche in italiano.
Emergendo con forza dalle acque tumultuose della storia e ipnotizzando chi legge. A cominciare da quel madrigale cinquecentesco dove prima della musica c’è il sangue di donna Maria e del duca d’Andria Fabrizio Carafa, massacrati dal di lei marito e cugino, Carlo Gesualdo, principe di Venosa e raffinato musicista.
L’incendio amoroso divampa in un flusso inarrestabile. Maria si annoiava. Fabrizio era una dei cavalieri più belli della città. Fatale che tra balli e feste s’incatenassero l’una all’altro. Schifano segue il ritmo implacabile della loro passione, donandoci emozioni rare e accompagnando i due fino al tragico atto finale con la lucidità del cronista che cesella le parole.
L’inserimento di notizie d’archivio (della suprema corte di giustizia cittadina) richiama l’attenzione del lettore sulla realtà, per restituirgliene corretta visione da incorporare nei suoi pensieri.
Tra queste sei cronache che assorbono dettagli e sfumature dai secoli, dal ‘400 al ‘700, c’è la storia di Orsola Cuomo, figlia di un pescatore di Pozzuoli e di una serva spagnola. Ventiquattro anni di focosa bellezza, Orsola va a lavorare a Spaccanapoli, nella casa di doña Gaetanin aEscobar, vedova di un marchese napoletano che muore nove giorni dopo l’arrivo della ragazza..
Lei, incarcerata e torturata, nega fino all’ultimo spasimo di averla assassinata. Mentre la gente mormora che abbia ucciso la padrona, temendo un infamante licenziamento perché colta in un incontro notturno con un misterioso amante. Correva l’anno 1724.
Il Seicento ispira, invece, la cronaca dedicata a Masaniello, generalissimo pescivendolo che consuma la follia del potere in un pugno di giorni. «Il suo corpo- scrive l’autore- fu portato in giro per Napoli, e schernito e spisciacchiato per la gioia di tutti. La testa fu piantata in cima a un’alabarda e presentata al viceré… ». Pagine da leggere e rileggere per afferrare l’identità di un popolo tra delirio e pietà.
Il realismo barocco delle Cronache napoletane affianca, nelle vetrine della letteratura, “Il gallo di Renato Caccioppoli”, lanciato in Francia due anni fa da Gallimard, edito ora in anteprima nazionale proprio da Colonnese.
Testo in italiano e napoletano: in lingua napoletana il genio matematico teneva le sue lezioni all’università, sfidando il regime fascista che ne vietava l’uso.
E Schifano, papà siciliano e mamma lionese, cittadino onorario di Napoli dal ’94, quando dirigeva l’Istituto francese di Napoli (1992-1998) invitava l’ impareggiabile avvocato Renato De Falco, signore della materia, a tenere lì, in via Crispi, a Palazzo Grenoble, le sue vivaci e immaginifiche conversazioni napoletane. Mentre l’intellighenzia partenopea, “scandalizzata“, tuonava contro l’iniziativa, dalle colonne dei quotidiani cittadini. Un progetto culturale troppo in anticipo sui tempi, adottato molto in ritardo dall’università Federico II che adesso dispensa corsi in lingua napoletana.
Il gallo di Caccioppoli è racconto napoletano. La copertina rossa accoglie un occhio gallinaceo onnivedente , creatura incandescente del Vesuvio, dipinto di Alfredo Troise. Opera nell’opera. Che comincia a Parigi in una soleggiata mattina di luglio, dall’aria ancora leggera e temperata. All’uscita del métro, stazione La Chapelle, mentre il giornale Il Mattino di Napoli annuncia clima bollente in città con l’arrivo di Polifemo, il ciclope con un occhio solo, accecato da Ulisse.
E subito siamo immersi nel mito, condotti dallo scrittore che narra in prima persona. E ci riporta ai lapilli dell’eruzione a Pompei, 1938 anni prima. È il numero chiave della narrazione che accenna all’irrespirabile atmosfera del ventennio e all’incontro di Mussolini e Hitler, in una piazza del Plebiscito festante e addobbata di croci uncinate e fasci.
Nipote del rivoluzionario russo Bakunin, figlio del noto chirurgo Giuseppe, Renato Caccioppoli è il geniale ubriacone che vaga leggero come una rondine per le strade di Napoli.
Provoca il regime portando al guinzaglio un gallo, animale infido, simbolo talora del demonio, talora del Cristo risorto, come riassume la citazione di Umberto Eco riportata all’inizio del volume, in basso, nella stessa facciata che inizia con un’idea di André Gide: Il disaccordo col proprio tempo- ecco ciò che dà all’artista la sua ragion d’essere... Egli contrasta; inizia. Ed è anche per questo che al principio solo in pochi lo comprendono.
Lo scrittore intinge la propria penna in ciò che disturba e spinge a riflettere con la forza di visioni e vibrazioni trasmesse: il genio urticante porta a spasso il gallo perché il duce vieta agli uomini di passeggiare con cani di piccola taglia, indice di scarsa virilità ovvero di pederastia; mendica perché il regime lo proibisce; parla napoletano perché glielo impedirebbe il dittatore. Avvolto nel suo strapazzato impermeabile chiaro, il matematico è ritratto eterno di libertà, con il quotidiano comunista L’Unità in tasca.
Salvato dalla deportazione grazie a zia Marussa, ammirata professoressa universitaria di chimica, anche quando, quel 5 maggio 1938, insieme a due mandolinisti, davanti al Gran Caffè Gambrinus, intona la Marsigliese, in francese perfetto.
Sufficiente, un minuto e trenta di volo planato perché i borsalini neri lo ghermiscano. E invece di essere deportato, finisce in manicomio, per l’intervento miracoloso della celebre parente.
Per 6 mesi dietro le sbarre dell’ospedale psichiatrico di Aversa. Molto prima dell’8 maggio 1959, giorno del suo suicidio ben congegnato nell’incantevole Palazzo Cellamare di Chiaia dove abitava da solo, dopo la separazione dalla moglie, Sara Mancuso. Il resto è silenzio… Che fa ancora rabbrividire e commuovere. Come la dedica del libro: alla piccola Luciana Pacifici che aveva solo nove mesi di vita quando si spense nel vagone in marcia verso Auschwitz.
©Riproduzione riservata
I LIBRI
Jean-Noël Schifano
Cronache napoletane
Traduttore: Alvio Patierno
Editore: Colonnese
Collana: I nuovi trucioli
Illustrazione: Lello Esposito
Anno edizione: 2020
Pagine: 189 , euro 15
Il gallo di Renato Caccioppoli
Racconto napoletano
Traduttore: Gabriele Anaclerio (italiano), Roberto D’Ajello (napoletano)
Editore: Colonnese
Collana: I nuovi trucioli
Illustrazione: Alfredo Troise
Anno edizione: 2020
Pagine: 176, euro 15
Alla fine del libro, glossario partenopeo e un elenco di modi di dire in lingua napoletana