Dedicato a Rosa Panaro, scultrice di Casal di Principe (era orgogliosa di essere nata in quel comune nella provincia di Caserta, anche se era cresciuta, come artista, da napoletana) che si è assopita in un sonno eterno la sera di sabato 5 marzo, a 87 anni, nella serenità della sua casa, in vico Paradisiello, alle spalle dell’orto botanico di Napoli. Lasciando il suo messaggio d’arte respirare nel tempo.
Capelli corti, ricci e maestosi in cui spicca una ciocca blu. Carnagione calda, amica del sole, spalle generose, occhi scintillanti. Indossa un abito lungo dai colori sgargianti e passeggia a piedi nudi nell’aria, creatura della luce. Si massaggia una mano e sorride di meraviglia, svelando denti candidi e lucenti. Accanto a lei, un angelo dalla capigliatura scura, che le tiene una mano sulla spalla, protettivo e rassicurante. Chiacchierano liberi e felici.
«Rosa, come sei ringiovanita. Non ti vedevo così radiosa da anni. Leggera come le foglie e il vento».
Lei replica con un’occhiata materna: «Sono spariti quei dolori che mi tormentavano mattina e sera. Non ce la facevo più. Ma sai, non ho mai smesso di lavorare. Certo, non avevo l’energia necessaria a modellare la terracotta o la cartapesta, i muscoli non reggevano la forza del pensiero che continuava a correre frenetico. E allora disegnavo su quello che avevo a portata di mano: su quelle vaschette con cui si confeziona il cibo fresco. Anche poche ore prima di liberarmi di un corpo sofferente, che non mi accompagnava più nella volontà di creare. Ho inventato una strada punteggiata di croci, pensavo alla morte, ma anche alla guerra e al fuoco di questa tragedia. Alle donne, alle mamme, alle compagne che sono pronte a fuggire dal pericolo per proteggere i loro bambini. Come quelle avvolte nel burka, modellate e immortalate sui miei bassorilievi mentre gridano, scappando alla crudeltà dei fondamentalisti islamici».
Intanto l’angelo si è fermato davanti a una chiesa nascosta da un’impalcatura per restauro in corso: «Entriamo Rosa, ho sentito che qui parlano di te. Sai dove siamo? Vicino a quell’Accademia di via Costantinopoli che tu amavi tanto, dove hai studiato…».
Lo interrompe: «Dopo il liceo artistico, lì mi accorsi di quanto dessero fastidio le ragazze. Lo disse proprio un giorno ai suoi allievi un docente, perché io vincevo premi su premi: “Questa , invece di fare la calzetta, vi toglie il lavoro…”. Me la legai al dito e lo appostai, spalleggiata da Tony (Stefanucci) complice di una vita e compagno inseparabile: lo affrontai a viso aperto e lo schiaffeggiai. Fummo sospesi per due giorni…».
L’angelo l’abbraccia stretta: «Sei un uragano, Rosa, battagliera e diretta, non ti sei mai stancata di fare gruppo con le altre artiste, persino per strada, ma anche in galleria… In quella di Lucio Amelio nel ’77 con la performance collettiva «La donna ha il cervello troppo piccolo per l’intelligenza, ma sufficiente per l’amore» dove il maschio finiva sotto tiro… E alla Biennale d’arte di Venezia, l’anno successivo…».
La parola Venezia rimbomba con una forte eco fuori dalla chiesa: si guardano Rosa e l’angelo. In silenzio, decidono di entrare. La messa in suo ricordo è finita, ma all’altare parla Antonella, sua figlia; legge la lettera di Mathelda Balatresi, l’antica amica con cui la mamma spesso intrecciava fiorite scaramucce, superate però dalla solidarietà femminile, coltivata con cura (soprattutto) da Rosa.
Mathelda ricorda con affetto la vicinanza nello stesso palazzo: Rosa dall’alto del suo balconcino le calava nel paniere pietanze gustose; Mathelda ricambiava riempendo il cesto con limoni del suo giardino. Rievoca anche il sodalizio artistico contro i luoghi comuni: uno su tutti, che Michelangelo non poteva essere donna.
Scivola qualche lacrima, sulle guance di Rosa: «Le volevo bene, volevo bene anche alle tante persone che sono venute a salutarmi. Le abbraccio tutte con affetto».
E si aggrappa commossa al braccio sinistro dell’angelo. Raggiunta l’uscita, si dissolvono nell’atmosfera. Seminando una traccia luminosa di bellezza.
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In alto, la scultrice (al centro) in una foto di gruppo firmata da Nando Calabrese: lo scatto è stato realizzato il primo febbraio 2020 alla Galleria napoletana Tiziana Di Caro, dal titolo Parabasi: un progetto di Francesca Lacatena. Generazioni a confronto, tra installazioni scultoree, disegni colorati, porcellane e pitture. Insieme ai lavori di Rosa Panaro, in esposizione anche quelli di Betty Bee, Guido Casciaro, Timothy Davies, Effe Minelli, Rosa Panaro, Antonietta Raphaёl, Matthias Schaufler, Megan Francis Sullivan.
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