Fra le monumentali opere da compiere coi fondi del Piano nazionale ripresa resilienza (Pnrr) figurano anche i lavori di bonifica, recupero e rilancio dell’area dell’ex Italsider di Bagnoli, popoloso quartiere di Napoli nel litorale flegreo. In seguito alla dismissione della fabbrica, che per circa un secolo ha inquinato terreni e fondali marini antistanti, il sito è rimasto in stato di abbandono arrecando gravissimi danni per la salute della popolazione, privandola oltretutto di occupazione, spazi abitativi e servizi sociali.
Ne parliamo con Adriana Manzoni, dottoranda in filosofia all’Università di Padova originaria del quartiere operaio dismesso, nonché attivista del Laboratorio politico Iskra, collettivo territoriale che, da oltre un decennio, si batte per la bonifica dell’area, sottoposta a un regime di commissariamento.
Ci puoi fare il quadro dei commissariamenti cui è sottoposta l’area dell’ex Italsider?
Il commissariamento, in realtà, è uno ed è sempre lo stesso. La storia della bonifica del sito incomincia nel 1992, a seguito della dismissione della fabbrica. Nel 1996, si avviarono le opere di riqualificazione urbana che inizialmente dovevano prevedere operazioni di risanamento ambientale. Queste operazioni si svolsero quasi tutte come una variante del piano regolatore che venne realizzato per la periferia occidentale di Napoli. Quasi tutte queste azioni si rivelarono un buco nell’acqua.
In che senso?
Vennero istituite delle società cui venne demandato il compito della bonifica. Prima, la gestione venne affidata a Bagnoli Spa poi, successivamente a Bagnolifutura. Di fatto, la bonifica non è mai avvenuta. Fino al 2014, la storia di questo territorio è stata sostanzialmente una storia di inquinamento ambientale. Già la produzione intensiva, dovuta alla produzione della fabbrica siduerurgica e, in seguito, la dismissione, produssero una serie di sversamenti a mare, che hanno inquinato tutto il litorale sia dal punto di vista terrestre, sia da quello marittimo.
Di che genere di inquinamento parliamo?
Soprattutto di amianto e IPA, che sono gli idrocarburi policillici aromatici, responsabili dell’elevatissimo tasso di mesotelioma pleurico riscontrato nella periferia flegrea. Questo inquinamento è stato intensificato da tutte le operazioni che vennero individuate come azioni di bonifica. Con la Bagnolifutura – cui venne affidata la bonifica nel primo decennio degli anni Duemila- queste azioni si rivelarono come tentativi, alcuni riusciti, di riciclaggio dell’amianto all’interno dei suoli ad un livello tale dal rendere queste aree non più bonificabili. Motivo per cui queste aree oggi possono solo essere messe in sicurezza. Siamo al paradosso che chi doveva bonificare, ha inquinato ancora di più.
Parlando di messa in sicurezza, non è possibile smaltire in altro modo i rifiuti tossici?
Come dicevo, il livello di inquinanti ha raggiunto una percentuale tale nel sostrato terrestre che non può essere più bonificato. Nel 2018, in primo grado, Bagnolifutura venne condannata per truffa ai danni dello Stato. Il suo dirigente, Mario Hubler, insieme ad altri dirigenti, vennero condannati. Anche il braccio destro di Hubler, Rocco Papa, professore di scienza delle costruzioni alla Federico II, coinvolto pure nelle amministrazioni Bassolino, venne indagato. Tuttavia, recentemente le accuse nei loro confronti sono cadute e sono stati tutti prosciolti. Nel processo a Bagnolifutura rientrarono anche Fintecna e Cementir, in particolare per l’area ex Iri. Questi due soggetti con le rispettive figure apicali non vennero mai condannati. Soltanto alcuni dirigenti con ruoli minori incapparono in sanzioni pecuniarie. Ma, sostanzialmente, nessuno ha mai realmente pagato per l’avvelenamento di Bagnoli.
Che ruolo ha svolto Bagnolifutura in questa vicenda?
Bagnolifutura è subentrata a Bagnoli Spa, che era una fondazione a partecipazione statale, ossia il soggetto che doveva compiere i lavori di bonifica. Gli anni della gestione di Bagnolifutura sono stati anche gli anni in cui nacque il Laboratorio politico Iskra (2009-2010). Inizialmente, ci aggregammo come un collettivo studentesco con una grande matrice ambientale. Iniziammo a denunciare ciò che stava facendo Bagnolifutura in quest’area gigantesca di 22 ettari. Anche grazie a noi, gli abitanti incominciarono ad accorgersi della mancata bonifica del sito. Il che scatenò le prime embrionali forme di mobilitazione e ribellione popolare. Sperimentammo sulla nostra pelle le prime denunce e le prime indagini a carico. Eppure, costringemmo lo Stato a darci, almeno in parte, ragione sollevando le accuse di truffa nei confronti di Bagnolifutura, che portava avanti un fitto legame costituito da interessi imprenditoriali, politici e speculativi.
Quando è stato introdotto il primo commissariamento?
Tra il 2013 e il 2014, arrivò il governo Renzi. Si rinsaldò così la tendenza del Partito democratico come esponente del grande interesse imprenditoriale che, dopo una crisi di consenso scaturita nel 2008, tentò di riprendere quota emanando la famosa triade di riforme: Jobs act, Sblocca Italia e Buona scuola. In quel periodo avvenne un processo di accentramento del potere esecutivo ai danni del potere legislativo. Assistemmo a un rafforzamento del governo che fece ampio abuso della forma dei decreti legge, che non vennero approvati dal Parlamento, ma al contrario servivano ad aggirarlo. All’interno del decreto legge denominato Sblocca Italia, in particolare con l’articolo 33, prese peso la questione ambientale con un particolare riferimento a Bagnoli e Taranto. Dietro una patina ambientalista, tutti i tentativi di bonifica portati avanti su siti industriali altamente inquinati si sono rivelati abbastanza goffi e hanno mal celato nuove spinte di speculazione economica. Si può dire che il primo commissariamento rispose a una necessità del capitale di rigenerare l’area di Bagnoli.
Quali novità introdusse il governo Renzi?
Nel 2014, incominciò un processo di attenzionamento differente su Bagnoli. Quel sito, da scarto industriale, iniziò ad essere concepito come possibile attrattore economico su cui investire. Successivamente, durante la pandemia, si è rafforzata la tendenza ad interpretarla come un’area in cui rigenerare le risorse da un punto di vista ambientale. L’interesse di attrarre investitori dimostrò che quel sito non poteva rimanere in stato di abbandono. Ma cosa si fece? Venne individuata una forma di commissariamento governativo, che esautorò le istituzioni locali (Regione Campania e Comune di Napoli) dalla gestione dell’area. Venne instaurato un assetto attorno al commissario governativo con la cosiddetta “cabina di regia” e venne affiancato al commissario straordinario un soggetto attuatore predisposto alla bonifica, che venne individuato in Invitalia. Come sappiamo, questa Agenzia nazionale è di proprietà del Ministero dell’Economia e della Finanze e dovrebbe essere tutt’oggi l’ente predisposto all’attrazione dell’investimento.
Cosa accadde?
Mentre noialtri lottavamo secondo il principio del: “chi ha inquinato, deve pagare”, che dal 2010 al 2014 era divenuto il fattore di mobilitazione sul territorio, Renzi fece rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta. Caltagirone e la sua Cementir, che erano stati estromessi dai processi di bonifica, tornarono in gioco attraverso i legami con Invitalia e la Cassa Depositi e Prestiti. Per non parlare dell’imprenditore Floro Flores, che occupava contemporaneamente un ruolo interno ai consigli di amministrazione di Fintecna e della Cassa Depositi e Prestiti, in una chiara posizione di conflitto di interessi.
Recentemente, il governo Draghi ha nominato il sindaco Manfredi commissario di Bagnoli. Questo cosa comporterà per le sorti di Bagnoli-Coroglio?
L’insediamento del nuovo sindaco ha portato a un rallentamento enorme dei tempi di bonifica anche se, dal 2019, possiamo dire che la bonifica è finalmente partita. Tuttavia, non ha ancora preso avvio il processo di bonifica mare a terra, perché il soggetto attuatore deve ancora produrre dei bandi di gara per le stazioni che vinceranno l’appalto e inizieranno a bonificare. Il fatto che il sindaco Manfredi sia anche commissario è qualcosa di particolare, perché si potrebbe pensare all’ingresso del pubblico nel processo di bonifica. In realtà, le cose non stanno così. Manfredi è l’emanazione del governo e non è chiaro se lui sia commissario in qualità di persona o di sindaco. Ciò che sappiamo per certo è che si è dotato di una struttura commissariale nuova, con due sub-commissari: l’ingegnere Filippo De Rossi e il notaio Dino Falconio, che insieme compongono la struttura operativa che in questo momento si è resa un po’ più disponibile al confronto, rispetto allo stesso Manfredi, che finora è stato molto complicato incontrare.
Cosa cambia con questa nuova struttura commissariale?
C’è un maggior potere da parte della figura del commissario governativo, che ha addirittura il potere di rimuovere il soggetto attuatore, cosa impossibile nella vecchia struttura commissariale. Per inadempienza, Manfredi ha il potere di rimuovere Invitalia dalla propria funzione. Teoricamente, si sta facendo passare il fatto che, essendo il commissario anche sindaco della città, ci sia una sorta di controllo popolare sull’intero processo di bonifica. In realtà, questa non è una garanzia. Come attivisti, prendiamo atto del cambio della guardia e lo interpretiamo semplicemente come un cambio di interlocutore.
Sappiamo che sono in arrivo i fondi del Pnrr. Sapete già come verranno utilizzati?
L’arrivo di questi fondi può essere interessante, perché la loro destinazione d’uso e la loro attuazione passa per l’amministrazione comunale. Proprio su questo tema, abbiamo avuto dei colloqui con l’assessore al lavoro Marciani e anche coi sub-commissari governativi, ma i nostri interlocutori sono stati molto vaghi e non c’hanno dato elementi per ricostruire un quadro specifico. Non sappiamo, ad esempio, se questi fondi verranno utilizzati per le operazioni di bonifica interne all’area ex-Italsider. Presumibilmente, avverrà un gioco di spostamenti di fondi rispetto alla bonifica. A ogni modo, sospendo il giudizio, perché per ora non sappiamo ancora nulla.
Quindi, governo e amministrazione comunale non svelano ancora le proprie carte?
L’unica cosa che c’è data sapere, è che esiste l’intenzione di destinare parte dei fondi Pnrr dedicati a Bagnoli in merito al piano sanitario. Ci auspichiamo finalmente la riapertura del poliambulatorio e del consultorio, che sono servizi essenziali che non abbiamo sulla decima Municipalità, se non nel quartiere Fuorigrotta. Stiamo chiedendo un tavolo interassessorile di controllo popolare sulla gestione dei fondi Pnrr, perché l’Osservatorio popolare che da tempo si muove sulla questione dell’Italsider si erga a garanzia del processo di riqualificazione sull’intero territorio. Parlare di bonifica e sanità non può prescindere dall’immediatezza del problema della salute per le persone che vivono su quel territorio. Avere un poliambulatorio e un consultorio chiusi da prima della pandemia rientra nelle problematiche che monitoriamo e denunciamo da tempo.
Quali sono le proposte che avanza il Laboratorio politico Iskra?
I nostri governanti non hanno ancora dato agli abitanti un piano di gestione dei fondi Pnrr destinati a Bagnoli. Nel frattempo, noi abbiamo avanzato delle ipotesi. La nostra battaglia si muove essenzialmente su due fronti: la bonifica e il lavoro. E, naturalmente, la riapertura dei sevizi sociali. Rivendichiamo il fatto che si incominci a lavorare nelle aree non solo come forma occupazionale per i giovani della zona, ma anche per esercitare un controllo popolare sul processo di bonifica. A questo proposito, abbiamo promosso uno sportello per giovani disoccupati e disoccupate sul territorio, riguardante la possibilità di avviare lavori di pubblica utilità che possano iniziare insieme alle prime attività di bonifica.
Cosa significa?
Pragmaticamente, chiediamo l’introduzione di clausole sociali ad hoc a partire dalle prime operazioni di bonifica, in maniera tale che se le aziende che vinceranno i bandi di gara dovranno assumere manodopera dal territorio, dovranno sceglierla secondo il criterio che venga assorbita un’ampia fetta di disoccupazione giovanile, formandola e assumendola. Quindi, chiediamo dei corsi di formazione e l’assunzione a partire dalle prime operazioni di bonifica, attraverso l’inserimento di un vincolo di clausola sociale da inserire nei bandi. Il Pnrr ci sembra un’opportunità abbastanza palese per risollevare le sorti del quartiere, dal momento che si è sempre recriminata l’assenza di fondi per poterlo fare. Quello che però ci interroga è che, se si effettuano ricerche sul web e si visionano notizie sulla destinazione d’uso di questi fondi dedicati alla periferia orientale o a quella flegrea, non figurano ancora informazioni degne di nota.
Più volte avete denunciato il rischio di infiltrazioni camorristiche all’interno di tutto il processo di bonifica. Questo rischio è stato superato?
L’unica modalità di salvaguardia in questo processo è quello che noi chiamiamo controllo popolare. Sorvegliare il processo attraverso una richiesta di accesso ai dati, è già una forma di garanzia in più rispetto alle parole o alle promesse. Come sappiamo, quando si parla di grandi flussi di danaro, le gare di appalto nel campano e in tutta Italia sono sempre soggette ai rischi di infiltrazioni malavitose. Bagnolifutura ha attraversato la stessa sorte, nonostante dentro vi fossero sulla carta persone pulite e un professore universitario.
Dove potrebbe avvenire un ipotetico richio di infiltrazioni della criminalità organizzata?
Non saprei. Ma è un fatto che sulla questione delle tecnologie da utilizzare, vari ingegneri che affiancano l’Osservatorio popolare imputavano ad Invitalia l’utilizzo di varie tecnologie che fossero già state sperimentate, che non provocassero danni ambientali e non prevedessero il movimento terra, perché quello è un processo di cui è risaputo il fatto che la gestione viene affidata ad imprese che hanno un tipo di business legato alla criminalità organizzata. Ma non è tanto questa la questione. Ciò che a noi interessa è che il processo non venga effettuato in modo sperimentale, perchè la salute delle persone non è territorio di sperimentazioni scientifiche.
Il controllo popolare è una garanzia sul processo di bonifica?
Ci interessa che il processo sia fatto rispettando dei criteri sanitari e ambientali, ma ci interessa anche che il controllo popolare sia interpretato come una possibilità di accrescere la forza decisionale del territorio. Questa è la garanzia che noi cerchiamo di costruire giorno dopo giorno. Faccio un esempio. Grazie alle mobilitazioni popolari tenutesi su questo territorio, si instaurò un rapporto di forze con l’ex amministrazione comunale di de Magistris. Da lì, ne scaturì una proposta di intesa interistizuionale che modificò l’assetto dell’articolo 33 dello Sblocca Italia, che era una roba folle che di fatto non esiste più. Tuttavia, anche questa intesa non ha mai messo in discussione il commissariamento e non ha posto in discussione il fatto che la proprietà dei suoli sia vincolata al soggetto attuatore fintanto che sussiste la bonifica.
Si è parlato dell’introduzione dei cosiddetti Bagnoli bond. Ci puoi spiegare meglio di cosa si tratta?
Si tratta di una proposta che, a mio parere, merita molta attenzione. Detta in parole povere, è la possibilità di vendita dei terreni che erano già in capo alla Società Bagnolifutura, caduta in procedura fallimentare, da parte di Invitalia, che così potrebbe raccogliere risorse sul mercato mediante la vendita di titoli. In sintesi, sarebbe la possibilità del soggetto attuatore di emettere titoli finanziari in assenza della possibilità di reperire capitali. Dal momento che il Pnrr dovrebbe servire proprio a questo, il dubbio sorge spontaneo. A cosa serve vendere titoli finanziari legati alla proprietà dello Stato? Questo è tipo di vincolo che ci spinge a chiedere il controllo popolare. Non credo ci sia il richio di un nuovo danno ambientale o la possibilità che riaccada ciò che ha fatto Bagnolifutura.
Qual è il rischio, allora?
È cambiata la necessità dell’interesse economico su quell’area. Il rischio è un altro: che la bonifica si faccia, ma non nell’interesse di restituire alla collettività il territorio. Non a caso, si sta discutendo di introdurre una Zona economica speciale (Zes). Il ritardo nel funzionamento della “cabina di regia” e del commissariamento è dovuto proprio al fatto che non si sappia ancora quale sia la destinazione d’uso del Pnrr e che al Comune di Napoli si stia discutendo dell’eventualità di una Zes. Che, beninteso, non verrebbe istituita come uno strumento per la bonifica, ma come uno strumento che sorgerebbe dopo la bonifica stessa come forma di amministrazione dell’area. Il che potrebbe essere, a quanto c’è dato sapere, tanto una cosa positiva, quanto folle.
Si vorrebbe trasformare Bagnoli e Coroglio in zone per la ricezione turistica di lusso. Qual è, invece, la proposta di Iskra per il futuro del quartiere?
Vorrei fare un piccolo chiarimento. Iskra è sì un collettivo territoriale, ma ha una prerogativa politica. Quando si parla di Bagnoli, è chiaro che noi abbiamo un’idea, che però poi si mette in discussione con l’Osservatorio popolare Bagnoli libera e lo Sportello per le clausole sociali, che sono i corpi sociali che seguono questo processo. Iskra, se vogliamo, è una parte motrice, ma non è l’unica. Noi chiediamo, in primo luogo, che si faccia la bonifica e che ci siano all’interno dell’area attrezzature collettive. Inoltre, chiediamo la fruibilità della spiaggia pubblica, che possa funzionare con infrastrutture pubbliche, garantendo la possibilità di accesso anche a chi non se lo può permettere. Poi, ci siamo sempre immaginati poli culturali e centri di ricerca.
Detta così, sembra semplice. Ma in che modo immaginate che queste opere pubbliche possano essere realizzate?
Tramite l’Osservatorio popolare, che è il soggetto che fa da controllore e si prefigura d’essere il paletto tramite cui si può fare qualcosa, non solo in termini di proposta, ma anche nei termini di criteri da adottare per seguire una qualsiasi proposta all’interno dell’area da bonificare.
Quali sono questi criteri?
Il primo, è la fruibilità e l’accesso delle strutture che potranno sorgere all’interno dell’area. Il che significa la possibilità di accesso a tutto lo strato popolare che si è sempre visto negare la fruibilità di luoghi come il mare, vedendosi costringere a fare il bagno in un posto in cui si è ammalato. Il secondo criterio, è la possibilità occupazionale che dovrebbe generare la bonifica dell’area ex Italsider attraverso la creazione di posti di lavoro a parità di salario, a partire da clausole sociali e lavori di pubblica utilità. La terza cosa sono le grandi strutture collettive, come un parco dello sport funzionante, adottando i criteri dello sport popolare, cioè consentendo a tutti i ragazzini di poterne fruire. Riguardo la creazione di poli di ricerca, ci proponiamo che si pongano il problema dell’interazione con la comunità territoriale e che continuino un livello di monitoraggio sull’area stessa, perché per quanto un’area possa essere bonificata, manterrà un livello di inquinamento elevatissimo. Non dimentichiamo, infatti, che abbiamo anche un livello di inquinamento pulviscolare che non si modificherà.
In altri termini, volete restituire parola e potere decisionale alla comunità locale?
Sì. In questo, va fatto un distinguo. Il piano dell’Osservatorio popolare è di svolgere un ruolo di controllo su tutto il processo di bonifica e sulle modalità attuative. Il piano di Iskra, invece, è quello di essere consapevoli che il vero problema sarà la restituzione, anche in termini di proprietà, dell’area ex Italsider. Quindi, il problema non è tanto che possa essere il pubblico o un privato a realizzare qualcosa all’interno del sito, piuttosto che modalità utilizzerà il soggetto attuatore che entrerà lì e che funzione e quale accessibilità verrà garantita in futuro all’area stessa. Anche per questo abbiamo creato un processo più ampio con delle assemblee popolari, in cui le persone hanno espresso le loro necessità. Questo processo è tuttora in corso. Noi crediamo che ciò che dovrebbe sorgere andrebbe posto in relazione alle esigenze del territorio. Crescendo di rapporto di forza in rapporto di forza, pian piano, la decisionalità popolare può crescere e modificarsi nel corso del tempo. A noi, interessa proprio questo livello di reciprocità e la prima modalità per assicurare questo è proprio il garantire contemporaneamente bonifica, salute e possibilità occupazionali. Questo come inizio. Su quello che sarà dopo, bisogna gettare le basi ora, ma se non capiamo cosa accade nel frattempo, sarà difficile immaginare un futuro per questa terra.
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ALCUNE FONTI E LINK CONSULTABILI:
https://www.ministroperilsud.gov.it/it/approfondimenti/rilancio-bagnoli/rilancio-bagnoli/
https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/processo_bagnoli_condanne-3529101.html
https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_pm_processo_bagnoli-4934782.html
https://www.pandorarivista.it/articoli/dismissione-ilva-bagnoli/
https://www.pressreader.com/italy/corriere-del-mezzogiorno-campania/20170714/281633895281987