Le disobbedienti/Maria Montessori, la donna che insegnava la libertà. A scuola e nella vita

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Ci sono delle persone di cui si parla e si scrive in occasione di ricorrenze e celebrazioni, ci sono nomi nei quali, in un determinato periodo, capita di imbattersi di continuo, ci sono persone il cui volto diventa modello di ispirazione per una sapiente operazione di merchandising e ci sono, poi, storie di vite che hanno cambiato il mondo che rimangono sullo sfondo. 
C’è un nome, o meglio quello del metodo da lei inventato, il metodo Montessori, che ricordo dai tempi dell’università. La madre di una mia collega di studi cercava, per il figlio più piccolo, una scuola che lo seguisse e io che lo avevo sentito nominare, ma mai ne avevo approfondito la conoscenza, decisi di saperne di più.
Quel che lessi mi apparve quasi scontato, i ricordi infantili erano pieni dei giochi descritti e gli stimoli su cui si soffermava non mi erano mai mancati, la storia della donna che li aveva sviluppati mi incuriosiva, il fatto che fosse definita una pioniera attivava il mio radar di persona a caccia di modelli di ispirazione femminili ulteriori rispetto a quelli già individuati, una donna che non si era lasciata scoraggiare da ostacoli, limiti e ostilità. Da tempo ne ero attratta ma poi succedeva sempre qualcosa di urgente che mi distoglieva dall’intento di cercare una sua biografia.
Le fiction che la riguardano non mi è mai capitato di guardarle, la sua storia era lì che aspettava: Maria Tecla Artemisia Montessori una delle prime donne a conseguire la laurea in medicina in Italia, pedagogista, docente universitaria, scienziata e attiva sostenitrice dei diritti delle donne.
A volte bisogna saper aspettare il momento giusto e così, alla fine, una sua biografia da leggere insieme con il tempo per farlo è arrivata: “La donna che insegnava la libertà. Storia di Maria Montessori” di Laura Baldini da poco inviata in libreria da Piemme.
L’autrice si concentra su un periodo specifico della vita della protagonista: il momento della laurea in medicina e l’ingresso nel mondo del lavoro.
Maria era figlia unica di un padre che dopo averne osteggiato le scelte di studio diventerà fiero dei suoi successi e di una madre cattolica osservante e giudicante ansiosa di conoscere il mondo esterno attraverso i suoi racconti. La determinazione, la tenacia e la chiarezza degli obiettivi ispirarono la sua vita orientandola verso gli studi e la sperimentazione sull’apprendimento dei bambini. A loro si interessò come persone, li guardò comprendendone bisogni, necessità e caratteristiche.
Maria Montessori, incontrando bambini portatori di handicap, comprese l’importanza degli stimoli in pedagogia e rilevò l’inadeguatezza del sistema scolastico fondato su classi molto numerose formate da alunni e alunne di età diverse guidate da insegnanti, assai spesso, poco preparati e ospitati in ambienti privi di ausili e strumenti a misura di bambino.
«L’educazione non è altro che amore ed esempio» e lei non rinveniva nessuno dei due nelle aule di scuola. Il lavoro, la ricerca e i progetti che realizzò erano volti a creare una società in cui tutti i bambini fossero considerati degni di attenzione e impegno affinché sviluppassero il proprio potenziale. Una sfida, la sua sfida. Ma come ogni sfida c’erano dei rischi e quello che Maria Montessori decise di non voler correre fu quello di sposarsi e vedersi estromessa dal lavoro, il ruolo di moglie e madre, infatti, non era conciliabile con quello di medica e studiosa.
Non rinunciò all’amore ma fece la sua scelta, non si sposò, ebbe un figlio da cui visse separata fino alla morte della madre che lo aveva rifiutato poiché nato al di fuori del sacro vincolo del matrimonio.
Maria fu sempre consapevole dei limiti posti alle donne e mal li tollerò, la sua convinzione e il suo operato si basavano sull’idea di una collaborazione – e non di una contrapposizione – tra i sessi. Questa fu la tesi che sostenne a Berlino nel 1896 al Congresso internazionale delle donne dove, rappresentando l’Italia, conquistò la platea svelando le sue doti di oratrice.
«La modestia è uno dei più grandi errori che noi donne non smettiamo di commettere. Tendiamo a sminuirci. A un uomo non verrebbe mai in mente di farlo». Sono le parole pronunciate da una delle donne che incontra sulla sua strada, una riflessione che a molte di noi è capitato di fare nella vita, nel libro ce ne sono altre in cui è facile riconoscersi: «Posso completare gli studi solo dando il massimo. I professori da me esigono il doppio. Gli occhi di tutta la facoltà sono puntati su di me, e solo perché faccio parte del gentil sesso. Ci sono delle volte in cui mi piacerebbe esser nata uomo. Mi semplificherebbe la vita».
In effetti sì, semplificherebbe la vita a molte donne che ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, devono ancora quotidianamente dimostrare il loro valore.
Maria si imbatté in un altro difficile dilemma, conciliare il successo personale con l’amore: «Gli uomini ambiziosi mal sopportano, o lo fanno di rado, che le donne che corteggiano possano avere più successo di loro. Sorgeranno problemi quando il tuo nome diventerà più famoso del tuo […] Fai attenzione, allora, che le tue idee alla fine non portino il suo nome» e anche in questo caso l’attualità delle parole è cosa assai poco confortante.
Maria nutriva una sana ambizione dettata dalla curiosità scientifica unita al desiderio di sperimentare un metodo in grado di migliorare le condizioni di vita dei bambini: nel 1907 a Roma apre la prima “Casa dei Bambini” che diventerà materia di studio in tutto il mondo, meno di dieci anni dopo il New York Tribune la definì “la donna più interessante d’Europa”.
I suoi studi hanno rivoluzionato il mondo della didattica, le sue intuizioni, i suoi viaggi e le ricerche hanno cambiato la percezione dell’infanzia e dei processi di sviluppo cognitivo e di apprendimento. Il suo metodo viene studiato e seguito in tutto il mondo.
 Per comprendere la profondità e la portata della rivoluzione su cui l’autrice pone l’accento ho ripensato a una scoperta che mi colpì molto: il Sant’Uffizio nel 1930 ricevette una segnalazione dal vescovo di Treviso riguardo la sua pedagogia, questa – secondo l’alto esponente del clero – minava le basi del cattolicesimo attraverso la negazione della teologia del peccato originale: per Maria Montessori i bambini non avevano nessuna colpa per cui dover chiedere perdono.
La segnalazione non ebbe seguito ma, unita alle parole di papa Pio XI a lei indirizzate nella locuzione ‘novatori dell’educazione’ contenuta  nell’enciclica Divini illius Magistri, la rese invisa agli ambienti cattolici. Queste vicende insieme con l’insofferenza per il fascismo la spinsero a viaggiare. Il libero pensiero, lo spirito critico e l’innovativitá sono caratteristiche che rendono gli individui degni di attenzione da parte dei sistemi consolidati di potere, se ad esercitarli è una donna la soglia di l’attenzione è ancora più sensibile.
Fin dai primi tempi alla facoltà di medicina si scontrò con il pregiudizio che distingue gli uomini come esseri dotati di razionalità dalle donne quali persone in preda all’emotività e – per tanto – inadatte allo studio delle materie scientifiche: «È sempre molto interessante constatare come gli uomini sappiano sempre ciò che va bene o non va bene per le donne» è un’affermazione che ben si attaglia a svariate situazioni nelle quali gli uomini escludono le donne da ambiti, situazioni, carriere e opportunità.
Perché dunque Maria Montessori insegnava la libertà? Perché la sua scelta di iscriversi alla facoltà di medicina e laurearsi aprì la strada ad altre donne che poterono intraprenderla, perché sviluppò un metodo attraverso il quale il potenziale dei bambini – tutti i bambini – si potesse esprimere, perché scelse per sé stessa la libertà dai vincoli familiari e sociali al fine di continuare i suoi studi e realizzarsi professionalmente, perché le limitazioni le andavano strette. Fu una donna esente da difetti? No, per niente, fu solo – tenacemente – sé stessa.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Laura Baldini,
La donna che insegnava la libertà. Storia di Maria Montessori,
Piemme
Pagine 308
euro 18,90

L’AUTRICE
Laura Baldini è lo pseudonimo di Beate Maly. Amata da critica e pubblico per i suoi romanzi storici, è tradotta in tutte le principali lingue europee. Vive con il marito e i tre figli a Vienna.

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