L’altro Mann si svela ancora. Tesori nascosti riemergono dai depositi del Museo archeologico nazionale di Napoli e rivedono la luce tra bellezza, amore, l’infanzia, mito e storia. Ecco la seconda tappa del progetto di restituzione al pubblico.
Alla fine dello scorso maggio, l’esposizione è stata introdotta da sessanta reperti, divisi in due itinerari: le armi dei gladiatori; il ricco patrimonio decorativo delle domus nelle città vesuviane.
Adesso nelle sale 77 e 78 degli affreschi, trentacinque manufatti si aggiungono al racconto della vita degli antichi alle falde del vulcano. A fine settembre, un ampliamento riguarderà la sala del Plastico di Pompei con la presentazione di collezioni spesso inedite o poco note (tessuti e commestibili), su cui si sono concentrate le ricerche degli studiosi. Il museo è “aperto per ferie”, pronto mostrare nuove meraviglie.
La seconda parte della mostra L’altro Mann è curata da Marialucia Giacco (responsabile ufficio mostre Italia/estero del Museo); l’allestimento è firmato dall’architetto Andrea Mandara con Claudia Pescatori, realizzato con la grafica di Francesca Pavese.
Tra i capolavori che aprono l’esposizione, due statuette (dall’area vesuviana, I sec. d.C.), probabilmente realizzate da una stessa bottega per ornare il giardino di una residenza privata. Si tratta della decorazione bronzea di una fontana, che ripropone un tema iconografico molto in voga: la dea Afrodite si fa il bagno assistita da una ninfa che regge un catino a forma di conchiglia.
L’immagine della divinità della bellezza e dell’amore è presente pure in opere provenienti da Pompei: due raffigurazioni della Venere semipanneggiata appoggiata a un pilastrino con idoletto, di cui una del tipo cd. Lovatelli (dalla casa di Diomede, I sec. d.C.); due rappresentazioni della Venere Anadyomene che esce dall’acqua strizzandosi i capelli (I sec. d.C.); la Venere accovacciata in marmo (dalla casa del Triclinio, I sec. d.C.). E, ancora, la Venere che si slaccia il sandalo (dalla casa del Centenario, I sec. d.C.).
C’è anche un focus sull’infanzia rappresentata in epoca romana: nella grande vetrina centrale della sala 78, da non perdere la statua marmorea del piccolo pescatore dormiente (da Pompei, Casa della Seconda Fontana Piccola, I sec. d.C.); ancora, costituivano ornamento delle bocche di fontana la scultura di fanciullo con una lepre (da Pompei, Casa del Camillo, I sec. d.C.) e, dalla stessa domus, il bambino con il mantello (nebride) ricolmo di frutti e il fanciullo spaventato da un rospo. Commovente e tenera la statua marmorea del bimbo che accarezza una colomba (da area vesuviana, metà del I sec. d. C.) che chiude questa sezione della mostra.
Dalla realtà al mito: un rilievo con la storia di Telefo (da Ercolano, casa del rilievo di Telefo, metà del I sec. a.C.); la statua bronzea di un Dioscuro (da Ercolano, databile addirittura al 400 a.C.); il bronzo dell’Amazzone a cavallo (da Ercolano, prima metà del I sec. d.C.); la statua marmorea di Apollo (da Pompei, prima metà del I sec. d.C.).
Non manca uno spaccato della storia dei regni ellenistici grazie, per esempio, alle statue bronzee di Alessandro a cavallo e di cavallo rampante, reperti provenienti da Ercolano e databili agli inizi del I sec. d.C.
Inoltre, lo sguardo dei visitatori potrà soffermarsi sulle suppellettili che caratterizzavano le case dei cittadini vesuviani: fra gli arredi, un braciere su tripode decorato con Sfingi (bronzo, da Ercolano, inizi del I sec. d.C.) e un Sileno ebbro con funzione di sostegno per vasi o piatti da portata (bronzo, da Pompei, casa di Popidio Prisco, I sec. d.C.).