Le disobbedienti/ “Le lupe di Pompei”: Elodie Harper racconta quelle donne provenienti da province dell’impero, vendute al miglior offerente. Storie di amicizia e competizione

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Uscito da pochi giorni – e primo di una trilogia – “Le lupe di Pompei” scritto da Elodie Harper per Fazi editore è ambientato in un’antica Pompei, prima dell’eruzione del 79 d.C., in cui il lupanare era luogo frequentato da uomini che andavano in cerca di lupe, prostitute. Amara, Didone, Vittoria, Berenice e Cressa sono lupe, schiave di proprietà di un lenone, Felicio, di nome ma non di fatto, che ha attribuito loro questi nomi.
Un uomo, che cresciuto nella violenza e nel degrado, l’ha assunta come abito mentale e la esercita quale unica modalità di espressione. In lui non affiora compassione, affetto né lealtà.
L’autrice racconta le dinamiche di amicizia, solidarietà, competizione e complicità che si sviluppano all’interno del gruppo protagonista in uno scenario di sopravvivenza in cui ognuna è mossa dal proprio carattere: c’è chi combatte e non si rassegna, chi si arrende e chi si aggrappa a sentimenti contrastanti in cui convivono l’amore e il disprezzo. Sono accomunate dalla tristezza, il senso di impotenza e la rabbia per esser trattate non come persone ma alla stregua di merce e dal lacerante sentimento di una agognata libertà.
A Venere durante i Vinalia, la festività che si svolgeva nei mesi di aprile e agosto in onore della dea e di Giove per celebrare il raccolto delle vigne, chiedono di avere potere sui maschi perché consapevoli che questa sia l’unica strada da percorrere per sopravvivere, in un mondo di sopraffazione si rivolgono alla divinità nella speranza di poter cambiare i ruoli e sfuggire a una vita in balia di padroni.
Parlano lingue diverse perché vengono da luoghi differenti e si ritrovano nella stessa disperata condizione, arrivate a Pompei da province dell’impero e vendute al miglior offerente.
Il lupanare è luogo abbietto dove imperano violenza e ricatto ma in cui c’è posto anche per l’amicizia e il sodalizio tra donne. Amara, figlia di un medico venduta alla di lui morte, impara ben presto a comprendere che la schiavitù toglie qualsiasi valore alla vita umana e che nascondere i propri pensieri e sentimenti è un modo per proteggersi, intuisce che per salvarsi deve mettere in atto tutte le strategie possibili riuscendo a dominare il panico e la disperazione che l’assale prendendo esempio dal cinismo e l’assenza di scrupoli di chi dispone di potere di vita e di morte su di lei e le altre.
La vicinanza con le altre lupe la sostiene e l’aiuta a sperare e lottare. Nel testo ci si imbatte in una riga che contiene una grande verità in cui credo profondamente: «Le storie hanno un potere, che noi ci crediamo o no», ogni storia porta con sé un germe di eternità se questa verrà tramandata e raccontata e così accade per le persone che, se ricordate, non muoiono mai del tutto.
Il dolore che Amara prova per la morte di una di loro è reso più grave dal sapere che la sua esistenza scivola via senza importanza.
Harper vuole raccontare le donne rimaste anonime e dimenticate descrivendone la vita quotidiana fatta di piccoli riti, debolezze, speranze e progetti come quella di qualsiasi essere umano.
Per chi ha studiato lingue e letteratura classiche la conoscenza degli usi e i costumi dell’epoca rende più facile comprendere la suddivisione sociale, il sistema giuridico e i ruoli così come chi ha dimestichezza con i luoghi non avrà difficoltà a immaginare lo svolgersi della trama.
Avendo la fortuna di aver familiarità con entrambi, per percorso di studi e per esser nata sotto il Vesuvio, le descrizioni tra le pagine hanno richiamato alla mente luoghi noti e le tante letture fatte sui rapporti che intercorrevano tra schiavi, plebei e patrizi.
Il mondo romano aveva le sue regole, Pompei era una ricca cittadina crocevia di traffici e commerci sdraiata ai piedi di un vulcano in piena attività, era molto popolosa e le sue rovine sono ancora oggi testimonianza che svela particolari e dettagli di abitudini sepolte dalla cenere e i lapilli. A Pompei vissero anche donne imprenditrici, figure di spicco, poiché essa era una realtà economicamente fiorente e orientata al profitto e in questo contesto si muovono gli uomini cui Amara guarda per riscattarsi dalla condizione di schiava.
Tra i personaggi un ruolo chiave è affidato a Plinio il vecchio, comandante della flotta imperiale stanziata a Capo Miseno verso il litorale flegreo.
Isabella Zani, la traduttrice, ha espresso la stessa sensazione di familiarità commentando il suo lavoro in cui ha spiegato di essersi sentita come chi “riporta” sui lidi italiani una storia nata in lingua inglese ma da noi ambientata.
Amo i romanzi che raccontano del periodo romano, mi piacciono come quelli del periodo greco perché sono nata e vissuta in un territorio della Magna Grecia – la Campania- dove le vestigia di queste civiltà ci circondano e parlano tutti i giorni ricordandoci chi siamo e da dove veniamo. Una eredità importante foriera di un bagaglio identitario ricco e variegato.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Elodie Harper,
Le lupe di Pompei
Fazi editore
Pagine 440
euro 19

L’AUTRICE
Giornalista e scrittrice inglese, ha studiato Letteratura latina come parte del suo corso di laurea in Lettere all’Università di Oxford. I suoi racconti hanno vinto diversi premi, tra cui il Bazaar of Bad Dreams nel 2016, assegnato da Stephen King. Le lupe di Pompei, primo libro di una trilogia sulla vita delle donne nella Pompei antica, è il suo romanzo d’esordio: in corso di pubblicazione in sedici paesi, in Inghilterra ha avuto un successo clamoroso, raggiungendo i vertici delle classifiche di vendita e conquistando la critica, i librai e, soprattutto, i lettori

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