Un progetto che prevede una mostra ed un catalogo farà parlare di nuovo di Giuseppe Pecoraro, l’artista di Grumo Nevano morto prematuramente nel 1994.
“A Sud dell’Anima” è il titolo del catalogo e della prima retrospettiva ad anni dalla sua scomparsa, curata da chi scrive e dalla sorella del pittore, Gisella Pecoraro, negli spazi del Palazzo ducale Sanchez de Luna di Sant’Arpino (Caserta) dal 6 al 20 novembre prossimo.
Sarà possibile rivedere i suoi quadri liberati dalla polvere, anche quella metaforica, che è scesa nel tempo sulle sue tele, appannandone la vividezza e lo splendido nitore. Rivederlo e risentirlo, veemente e appassionato, quando parlava d’arte. E recuperare così, con la riscoperta, il tempo passato, quello perduto. Il tempo in cui la sua arte è rimasta come accantonata, sospesa, “dormiente” così che poco alla volta il ricordo di lui si è andato impallidendo.
A cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta dello scorso secolo Giuseppe Pecoraro raggiunge ed affina quella cifra stilistica che caratterizzerà tutta la sua opera. La geometria prende il sopravvento: la realtà è frazionata, spezzettata.
Tutto è geometrico: sia le luci che le ombre. Così i volti dei suoi personaggi che si dividono in segmenti precisi, accurati, come dovuti all’opera di un orafo o di un fine miniaturista.
In questo suo “geometrismo pittorico” il colore è avaro, proprio per ottenere questi frammenti precisi messi ad incastro. Steso accuratamente e con parsimonia sulla tela, il colore produce una leggera velatura che lascia intravedere il segno della matita sottostante con cui ha abbozzato la figura.
Ed è a partire da questi anni che entra prepotente nella sua opera l’attenzione per il Sud. Giuseppe Pecoraro nei volti dei contadini, degli anziani, delle donne vecchie prima del tempo, dei poveri, dei giovani che paiono senza speranza, capta e rappresenta il loro dolore, le loro ansie e le fa proprie. Il Sud che rappresenta è in perpetua attesa che qualcosa cambi, che la speranza si traduca in frutti.
Oggi, la sua ventennale produzione artistica rivela chiaramente due precise e distinte poetiche. Gli anni Settanta sono quelli dei corpi negati. È lo stesso artista a far uso di questa espressione. Perché nella rappresentazione, effettivamente, i suoi personaggi non hanno un corpo. Il volto, oppure le mani o i piedi spuntano soli dal nero assoluto.
A proposito della sua opera Ritorno del 1976, scriveva in alcuni appunti: «Discorso pittura. Corpi negati. Estrinsecare l’intrinseco. Evidenziare. Il corpo si integra con lo sfondo, tutto è focalizzato sulle mani, così la mano aggredisce il sacco; quasi affonda nel sacco, sacco pesante.»
Giuseppe Pecoraro non abbandonerà mai il Sud. Al suo disagio, al suo sconforto e alla sua rabbia repressa dedicherà nel 1976 quella che sarà la mostra personale più articolata e sofferta. Certamente la più importante, e la dedica al Mezzogiorno d’Italia. Omaggio al Sud si chiama, infatti, ed è il suo commosso tributo alla sua terra.
La mostra è accompagnata da uno scritto che riporta una successione di parole: «Mare / monti / aria / luce / sole / natura / poesia / innocenza / bellezza / amore / odio / disoccupazione». Una sintesi, dunque, di alcune caratteristiche del Meridione. Staccata, più sotto e con un carattere più grande, come fosse il risultato di un’addizione, aggiunge la parola fame.
Agli inizi degli anni ’80, poi, la tavolozza di Giuseppe Pecoraro comincia ad illuminarsi. In luogo degli azzurri che, morendo, finiscono nel nero e delle svariate sfumature calde dell’ocra, riservate però soltanto ai volti, alle mani e ai piedi dei suoi personaggi, inizia l’esplosione dei gialli, dei rossi, dei viola che illuminano le sue opere.
È l’opera ’O ghiuorno ra festa del 1981 che introduce una nuova poetica. Giuseppe Pecoraro definisce questa piccola tela una “pietra miliare”: «Il fondo – scrive in uno dei suoi appunti – si distacca dalla figura. Nonostante gli abiti siano della festa, rimane un contadino ed è fiero di esserlo. Coscienza di ciò che si è va messa in evidenza. Il fondo – aggiunge – non si integra con la figura, ma la figura si staglia sullo sfondo. Potrei dire che questo quadro segna il passaggio dalla pittura dei corpi negati alla pittura dei corpi ritrovati, espressi in particolari dell’abbigliamento».
Ed è a partire da questa tela, infatti, che l’artista comincia a dare un corpo ai suoi personaggi, mediante la ricerca dei vestiti che – avrà modo di notare – è segno della personalità del soggetto ritratto.
La malattia che ha segnato tutta la vita di Giuseppe Pecoraro, manifestata già in tenera età, è stata implacabile. Talvolta, questa sua sofferenza è entrata come un’ombra a velare di pessimismo la sua opera. Soltanto il suo carattere forte e combattivo riusciva a tenerla lontana.
Ma le difficoltà erano reali. Gli diventerà impossibile camminare, e l’indebolimento dei muscoli del braccio non gli consentiva di tenere fermo il pennello, tanto che deve sorreggere il polso con l’altra mano. Non può, per questa sofferenza, disegnare più con quelle linee precise, ottenute con matita sottile, la trama dell’opera.
Quando un ictus, negli ultimi anni della sua vita, gli bloccherà del tutto il braccio, il maestro che non vuole rinunciare alla sua arte, proverà a disegnare con la mano sinistra.
Nel suo buen retiro di Roccamonfina porterà, in luogo di sottili matite, pennarelli dalla punta doppia, così che le linee fossero più libere, impetuose e certamente non più perfettamente ordinate.
In questi suoi soggiorni estivi prende gli ultimi appunti ritraendo abitanti della cittadina. Sono i suoi contadini di sempre, sono i volti del suo Sud. I ritratti sono ottenuti, adesso, con schizzi veloci e fulminei. Materiale per quadri futuri, come aveva fatto tante altre volte. Adesso però gli resta poco tempo per metterli sulla tela.
Mette mano ancora a due tele in cui le geometrie sono meno complicate e minute. Riesce appena ad ultimarne una con grandi riquadri, lasciandone un’altra incompiuta. La sua mano non riesce più ad essere ferma e precisa: nei due dipinti, infatti, sono presenti grosse sbavature di colore. È una lotta impari, e l’artista non ha ancora accettato l’idea di arrendersi. Combatte, come ha sempre fatto nella vita, contro la malattia.
C’è da inchinarsi con rispetto davanti a queste pennellate incerte di colore, e chi lo ha conosciuto in vita, apprezzando l’uomo e l’artista, resta ammirato per come abbia cercato di contrapporre gli accesi gialli ed i rossi smaglianti al nero della sua fine, come avrebbe fatto un giocatore di scacchi muovendo i pezzi della sua ultima partita.
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Nella foto in copertina, Lavandaie – 1974
IL CATALOGO
Il catalogo “Giuseppe Pecoraro – A Sud dell’Anima”, curato da Gisella Pecoraro e da Giovanni Ruggiero, ripercorre la breve parabola artistica del pittore, dai primi lavori, ancora dodicenne, alla sua ultima opera del 1994.
La veste grafica si deve a Giovanna Donnarumma e a Gennaro Ippolito di “Lineadarte – Officina Creativa” di Napoli che hanno collaborato e condiviso il progetto. Il volume di 100 pagine sarà offerto a 10 euro. L’intero ricavato sarà devoluto alla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Arzano che da anni si prodiga a favore delle persone affette da questa malattia.
Ho un giuseppe pecoraro tela di circa mt 2,00 per 1.20,lo vorrei vendere,mi può contattare?