Dodici donne abusate non bastano a mettere in galera un violentatore seriale. Scadono i termini di custodia cautelare ed il finto regista – Claudio Marini – è a piede libero. Il cinquantenne di Frosinone adottava sempre la stessa “tecnica”: finto regista e copione sempre uguale. Molestava e poi spariva.
Mentre nelle aule della giustizia si consuma un rituale stanco, lontano dalla realtà, dove a prevalere sono i cavilli, le assenze e quegli stanchi quanto inutili orpelli difensivi. Una recita che permette di non essere puniti, che non consente a un soggetto fuorilegge di “riparare” al male prodotto.
Eppure le garanzie difensive rappresentano la base giuridica per far sì che un processo abbia i requisiti della civiltà. In questo sistema giudiziario malato diventano, al contrario, elemento di ostacolo alla giustizia stessa.
Tempi enormi, carenza di personale e architettura fatiscente, aprono incredibili falle, al punto da far diventare forte l’inquisito e debole la vittima. Nel caso di specie delle 12 violenze sessuali ad altrettante donne, accertate, dimostrate, con prove schiaccianti, perché la magistratura non permette all’imputato di essere trattenuto in galera?
Questo “finto” regista rimarrà a piede libero per tutta la durata del processo, e teoricamente potrebbe adoperarsi per nuove violenze. Mentre le dodici ragazze dovranno, a proprie spese, iniziare un percorso psicologico per riaversi alla società.
Molto spesso si mette in discussione l’indipendenza della magistratura, la politicizzazione delle nomine in capo agli uffici giudiziari, la lottizzazione politica del Consiglio Superiore della Magistratura, il correntismo sfrenato, ma quasi mai si racconta la lungaggine dei processi, l’odissea delle udienze, i cavilli burocratici che alla fine portano solo a perdere tempo.
Ovvero a quello scorrere quotidiano di una non-giustizia che allontana il cittadino dalle regole e dai comportamenti virtuosi.
La giustizia civile e penale in Italia, a novembre del 2022, risulta essere la seguente: 3 anni per i procedimenti in primo grado, 2 anni per i procedimenti in appello e 1 anno per i procedimenti in Cassazione (Fonte: Ministro della Giustizia).
Sempre secondo il Ministero della Giustizia, il 62% dei processi penali non arriva in aula, ovvero si prescrive prima ancora di arrivare in un’aula giudiziaria. Ma va anche detto che in Italia si contano poco più di 10 giudici per ogni 100 mila abitanti, con un processo telematico lontano da venire.
Con questi numeri è impossibile “riparare” un torto, ristabilire una condizione di “equilibrio” tra chi danneggia e chi subisce. E le ripercussioni economiche e sociali ne risentono pesantemente. La mancata giustizia danneggia famiglie e imprese, lascia nell’incertezza gli operatori economici, lacera il tessuto sociale e i rapporti di comunità, mutila la libera e civile convivenza.
Insomma, a chi fa bene una giustizia che non giudica? Nel caso di specie ad un presunto malfattore che diventa ancora più forte di quello che effettivamente è, perché si sente impunito.
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