La ristorazione come seconda opportunità. Da questo principio parte Ciro Di Maio (foto), titolare di origini napoletane della pizzeria “San Ciro” di Brescia che per due mesi insegnerà 2 volte la settimana i segreti di impasti e cottura ai detenuti nel carcere Canton Mombello della città dove si è trasferito.
Di Maio, nato 1990 a Frattamaggiore, nel 2015, dopo aver lasciato gli studi all’Alberghiero, per trovare qualche nuova opportunità decide di andare in Lombardia dove mette su la propria attività.
Il nome del locale è da quello dei nonni, sia materno che paterno, di Ciro. Figure importanti nella sua vita, come quella del padre, che per rimediare al suo passato ha dedicato il suo tempo al volontariato e ad aiutare i giovani ad uscire dalla droga collaborando con una comunità per salvare i tossicodipendenti.
Dalle difficoltà iniziali al sogno lavorativo realizzato: Ciro oggi si considera un privilegiato e, dopo aver superato le difficoltà connesse alla pandemia e ai successivi rincari delle materie prime, ha deciso di donare a chi è meno fortunato la possibilità di trovarsi un lavoro. La pizza come forma di rinascita. Il lavoro come via di fuga dalla criminalità.
Iniziato il 28 febbraio il suo progetto è stato ideato in collaborazione con con Luisa Ravagnani, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia, e sostenuto dalla direttrice del carcere, Francesca Paola Lucrezi.
Spiega il giovane pizzaiolo: «Un ragazzo che finisce in carcere, magari per reati minori, poi ha una difficoltà enorme nel reinserirsi nel mondo lavorativo. Lo so per esperienza personale, ho visto molti amici finire male. Per questo ho deciso di impegnarmi in prima persona per aiutarli. In questo momento storico, tra l’altro, c’è una richiesta sempre maggiore di pizzaioli e di persone che si vogliano impegnare nell’ambiente della ristorazione. Abbiamo pensato di proporre un corso di questo tipo proprio per garantire in modo quasi automatico l’assunzione alle persone che lo seguiranno».
Sette sono gli allievi detenuti, tutti accusati di reati minori e dunque pronti a scontare un (breve) periodo di detenzione in carcere. In tutto, quaranta ore di un corso professionale che userà le strutture del carcere (come il forno elettrico) e sarà supportato da “San Ciro”, almeno per la gestione dei primi impasti.
L’obiettivo di Ciro è quello di creare una sorta di consorzio di pizzaioli che, come lui, vogliano dare una possibilità a chi ha sbagliato e contemporaneamente ricoprire quei ruoli che sono ancora vacanti. E lancia un appello ai colleghi che lavorano nella ristorazione: «Vorrei fondare un’associazione di persone che vogliano aiutare gli ex detenuti a reinserirsi con una nuova professionalità. In questo periodo nel quale mancano lavoratori è un modello positivo per tutti».
Neapolitan Ciro Di Maio teaches the art of pizza making in the Brescia prison. And he offers a job opportunity to inmates
Catering as a second opportunity. Ciro Di Maio, the Neapolitan-born owner of the “San Ciro” pizzeria in Brescia, starts from this principle, and for two months he will teach twice a week the secrets of dough and cooking to inmates in the prison and Canton Mombello in the city where he moved.
Di Maio, born 1990 in Frattamaggiore, in 2015, after leaving his studies at the Alberghiero, to find some new opportunities he decided to go to Lombardy where he set up his own business.
The name of the restaurant comes from Ciro’s maternal and paternal grandparents. Important figures in his life, like that of his father, who to make up for his past devoted his time to volunteering and helping young people to get off drugs by working with a community for rescuing drug addicts.
From initial difficulties to a fulfilled working dream: Ciro today considers himself privileged and, after overcoming the difficulties related to the pandemic and the subsequent price increases of raw materials, has decided to give those less fortunate a chance to find a job. Pizza as a form of rebirth. Work as an escape from crime.
Started on February 28, his project was conceived in collaboration with Luisa Ravagnani, guarantor of the rights of persons deprived of their liberty of the City of Brescia, and supported by the director of the prison, Francesca Paola Lucrezi.
Explains the young pizza maker, “A young man who ends up in prison, perhaps for minor offenses, then has an enormous difficulty in reintegrating into the working world. I know this from personal experience, I have seen many friends end up badly. That’s why I decided to get personally involved in helping them. At this moment in history, by the way, there is an increasing demand for pizza makers and people who want to get involved in the restaurant business. We thought of offering such a course precisely to almost automatically guarantee employment for the people who will take it.”
Seven are the detained trainees, all of whom have been charged with misdemeanors and thus are ready to serve a (short) prison term. In all, forty hours of a professional course that will use prison facilities (such as the electric oven) and will be supported by “St. Cyrus,” at least for the handling of the first doughs.
Ciro’s goal is to create a sort of consortium of pizza makers who, like him, want to give those who have erred a chance while simultaneously filling those roles that are still vacant. And he launches an appeal to colleagues who work in the restaurant industry: “I would like to found an association of people who want to help ex-convicts reintegrate with a new professionalism. In this time when there is a shortage of workers, it is a positive model for everyone.”