Fa caldo, nella sala al primo piano dell’ Institut Français di Napoli (il Grenoble in via Cripi 86). E’ a causa della ressa. Si accalca, per guardare le Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi, la mostra delle opere di due artiste, la napoletana Maria Pia Daidone e la francese Tatiana Chafcouloff ( aperta fino al 3 giugno).
E’ il giorno dell’inaugurazione, che Il mondo di Suk ha già annunciato. Il direttore dell’Istituto, il console Jean-Paul Seytre, ha parlato, esprimendo i suoi apprezzamenti per questo evento, che stabilisce un fertile incontro tra due culture.
Ma la gente si trattiene ancora, non solo a chiacchierare tra amici, esondando fuori, sul pianerottolo, ma per guardare, domandare, capire. Perché l’argomento è certo vivo e interessante. E chi più di due donne artiste può comprendere i sotterranei misteri che vivono in queste due città?
Le artiste rispondono alle domande. Di Tatiana è in mostra un delicato disegno della cattedrale di Notre Dame, che è in tre versioni: la prima esprime l’anima del luogo, la seconda la materia e la terza lo spirito – dice la didascalia.
Ma che differenza c’è tra l’anima e lo spirito? domando all’autrice. E dalla sua risposta mi sembra di capire che, per lei, l’anima contenga difetti e tormenti, dai quali lo spirito, bruciandoli, la libera. E l’anima vola verso l’alto.
In un’altra opera di Tatiana c’è la forma di un grande triangolo, sul quale sono disegnati, con segno leggero, alberi frondosi. In cima c’è una forma ovale, simbolo, mi dice Tatiana, di quella Statua della Libertà, che, nel formato gigante dei suoi 46 metri, i francesi, nel 1886, donarono a New York.
Il triangolo rappresenta un’isola. Nel disegno, sotto l’isola, una serie di archi sostengono un ponte. E’ un ponte sulla Senna, il fiume – spiega l’autrice- che è la fortuna e il male di Parigi. Notiamo anche la scultura di un pellicano. E’ macchiato di sangue. Un tempo, si facevano, alle divinità, sacrifici di animali. Il pellicano macchiato di sangue indica il sacrificio ed è simbolo dell’amore genitoriale che si sacrifica per i figli – ci dice l’artista francese (che di figli ne ha tre, tutte donne).
Diverso è lo stile di Maria Pia Daidone, più caldo, anche nel colore del materiale usato, che è spesso il legno, a tratti reso lucente da piccole lamine d’argento e d’oro. Più immediatamente comprensibili, almeno per noi napoletani, i simboli delle sue opere. Sono scatoli, valigie, borse.
C’è la valigia de “La Memoria di San Lorenzo”, quella “di San Pantaleone” e quella de “le Anime del Purgatorio”. E di queste viene reso lo spirito e ritorna il ricordo di quelle edicole, ce ne erano tante un tempo a Napoli, delle anime sofferenti purganti tra le fiamme.
Accanto a questa opera, c’è una serie di scatole sistemate in file orizzontali. Ogni fila contiene otto scatole, perché il numero otto è simbolo di eternità. Alcune scatole sono aperte e contengono dei lumini. L’opera significa chiaramente la ricerca del lume eterno fatta dal settecentesco, misterioso alchimista, mago e scienziato Principe di Sansevero. Infatti accanto c’è un libro antico e sulla copertina si legge “Lettere del Signor D. Raimondo di Sangro Principe di Sansevero sopra alcune scoperte chimiche indirizzate al Signor Cavaliere Giovanni Girardi Fiorentino” a cura di Augusto Crocco. Luigi Regina Editore in Napoli.
Ma c’è anche un altro mago venerato a Napoli ed è Virgilio. E Maria Pia mette in mostra una serie di opere nel segno di Virgilio. Con queste ci sono al Grenoble altri lavori dell’artista napoletana. Non posso citarli tutti. Annoierei.
Ma non posso fare a meno di notare tre sculture in cartapesta, immagini zoomorfe, tra cui un diavolo blu, bello nella sua orripilante bruttezza. Né posso fare a meno di citare un’opera, la sola fatta in collaborazione dalle due artiste. E’ accanto all’ingresso della sala. Vi è una grossa macchia rossa di sangue, che si apre in due rivoli, vi è una pietra, simbolo di quella sulla quale poggiò il capo San Gennaro per essere decapitato, e c’è un pendolo, simbolo del martirio di Saint–Denis (Dionigi), che sembra sia stato di Parigi il primo vescovo, cioè colui al quale venne affidato il compito di sorvegliare (episcopeo, da cui vescovo) il primo gruppo di cristiani. Come san Gennaro, anche San Dionigi fu decapitato.
Il pubblico questa sera ha sancito il successo di questa mostra. Merito anche del curatore Maurizio Vitiello, che si è prodigato per la realizzazione di questo evento con impegno e credo di non sbagliare aggiungendo: con amore. L’estesa presentazione scritta dal curatore mira a rendere la suggestione delle opere, che descrive attentamente.
Mi piace riportarne le ultime frasi:-“Parigi è come un oceano. Gettateci una sonda e non ne conoscerete mai la profondità” (Honoré de Balzac). Quando Cocteau arriva a Napoli, nel 1917, scrive a Picasso per invitarlo a raggiungerlo, ma il pittore risponde: “Sto bene a Roma, e poi qui c’è il Papa”, immediata la replica all’amico pittore: “Si, è vero, a Roma c’ è il Papa ma a Napoli c’è Dio”. Scorrono Napoli e Parigi nelle vene del mondo.