L’intelligenza artificiale è un tema che, sempre più, permea le nostre vite. Sarà, per il genere umano, un vantaggio? Costituisce un pericolo? La sua progressiva avanzata polverizzerà posti di lavoro creando disoccupazione e povertà? Che significato ha in termini, oltre che meramente economici, etici, ontologici e filosofici?
Il rapporto tra l’Uomo e le macchine non è cosa che riguardi la fantascienza ma la nostra vita quotidiana, esso è progredito tenendo il passo dell’evoluzione tecnologica dalla creazione della macchina di calcolo che sarebbe diventata il computer come oggi lo conosciamo – o meglio – crediamo di conoscere. Quanto ne sappiamo di intelligenza artificiale?
In “Il settimo regno”, in uscita nei prossimi giorni, Antonio Soviero pungola le nostre coscienze sollevando spunti di riflessione partendo dall’osservazione della realtà cui fa da contrappunto il pensiero di statisti, filosofi/e, matematici, teologi, scienziati e scrittori.
Il pensiero di fondo del libro è dichiarato nel secondo capitolo attraverso la citazione della prima legge di Melvin Kranzberg: “la tecnologia non è né buona né cattiva; ma non è neppure neutrale”. Riflettiamo, dunque, sul presupposto che la tecnologia in sé – come la globalizzazione, la ricerca scientifica, e molti altri fenomeni che riguardano l’Umanità – non è di per sé buona o cattiva ma si connota per l’uso e l’applicazione che gli esseri umani decidono di farne, quindi, non la si può definire neutrale.
Il punto nodale è proprio questo: l’assenza di neutralità, questione che rimanda dalla sfera della ricerca tecnologica a quella etica e ontologica. Chi crea gli algoritmi in base a quali parametri opera le scelte? Come funziona il sistema di auto programmazione dell’intelligenza artificiale?
Diversi studiosi/e e osservatori/trici della materia illustrano come e quanto il perpetuarsi di stereotipi che approfondiscono e creano discriminanti siano un dato di fatto. L’inclusività, così come il pensiero laterale, fa della differenza un valore mentre, al contrario, l’intelligenza artificiale opera in base al concetto di omologazione, ma rispetto a quali modelli?
L’autore guarda al passato, al presente e al futuro ricordando che l’accelerazione dell’evoluzione tecnologica ha comportato un cambiamento di paradigma esistenziale in cui il pensiero critico, di ognuno, è stato superato da quello analitico, di pochi, funzionale a una programmazione di ogni singolo settore della vita che ci rende “vigilati”. L’iperconessione, l’avvento dell’informazione superficiale in luogo della lettura consapevole arricchita dalla competenza e lo sviluppo del pensiero che metabolizza ed elabora comportano una massificazione che sottrae spazi di esercizio democratico.
Sperequazione nell’accesso alle risorse, mancanza di pensiero critico, contrazione degli spazi democratici sono le derive negative che accompagnano l’evoluzione del modello sociale nel quale l’intelligenza artificiale guadagna spazi sempre più estesi. Il dilemma filosofico investe ogni ambito dello scibile umano e qualsiasi aspetto biologico. Pensiamo all’arte, sempre più va affermandosi la necessità di normare la genesi di un’opera dichiarando se questa sia frutto del talento e dell’ingegno di una persona o dell’intelligenza artificiale sollevando un interrogativo che mette in crisi l’essenza stessa dell’essere umano sia che si aderisca al pensiero cartesiano, cogito ergo sum, sia che si propenda per un approccio religioso nel quale il soffio vitale e la genesi del mondo sia ricondotta a un Essere Supremo.
Ma, scrive Soviero, il quesito si fa ancora più spinoso quando si consideri che le caratteristiche del paradigma dell’intelligenza artificiale sfuggono alla nostra comprensione perché costituite da un percorso cognitivo a noi alieno. Il modo di selezionare e processare le informazioni -e la quantità di queste- differisce profondamente tra la nostra intelligenza e quella artificiale e non è possibile, banalmente, sostenere che mentre l’Uomo mantiene la supremazia in campo qualitativo e creativo alla macchina sia congeniale l’esclusivo ambito quantitativo. No, purtroppo è più complicato di così.
Anche l’intelligenza artificiale compie scelte di tipo qualitativo, ed è sul modo in cui queste vengono fatte che si appunta l’attenzione dell’autore quando si sofferma sulla scia di dati che, navigando in rete e usando i social media, lasciamo alimentando un processo di profilazione in cui finiamo per essere, non soltanto controllati, ma anche “accompagnati” nelle scelte, diverse scelte, non esclusivamente quelle di consumo.
L’autore si pone, nei confronti del lettore, come chi voglia avviare un dibattito, suggerire spunti, invitare al dialogo senza avere risposte da suggerire ma, a ben leggere tra le righe, alcune indicazioni emergono e raccontano – come sempre avviene – di chi scrive.
La relazione, il confronto, la condivisione di idee, progetti e attività è una delle forme di antidoto che Soviero identifica come possibile argine all’avanzata dei rischi connessi al dilagare dell’intelligenza artificiale. Emerge l’adesione alla logica aristotelica, avallata da antropologi, sociologici e archeologici, per la quale gli uomini sono animali sociali ed è in virtù di tale caratteristica che l’evoluzione della specie è avvenuta poiché gli esseri umani hanno abbandonato il solipsismo per fondare delle comunità.
E come si organizza la vita di una comunità? Articolando delle scelte in uno spazio comune- politico – investiti da un ruolo di rappresentanza accompagnato dall’assunzione di responsabilità nei confronti del bene comune, quel bene che tutela i più deboli, non a caso: “Il prezzo della grandezza è la responsabilità” è la citazione di Winston Churchill che leggiamo in epigrafe.
Il timore della deriva totalitaristica, il rischio di un nuovo abisso lastricato dalla banalità del male con cui Hannah Arendt mise a nudo la scomoda verità che tante ingiurie, ostracismo e ostilità le costò e l’avvento di una società in cui l’Uomo non solo non sia più centrale ma, peggio, sia ridotto a unità omologata priva di pensiero critico autonomo sono gli spettri che popolano le pagine di una riflessione con cui l’autore vuol scuotere le coscienze e invitare al dialogo. Soviero auspica, sollecitando un’urgenza, che in molti ci si domandi non CHI SIAMO ma se non si stia correndo il rischio di vanificare l’interrogativo che vedremo sostituito dal più drammatico: NOI SIAMO?
IL LIBRO
Antonio Soviero,
Il settimo regno,
Youcanprint
Pagine 100
euro 9.99
L’AUTORE
Classe 1988, Antonio Soviero vive a Visciano, in provincia di Napoli, dove, nel gennaio di quest’anno, ha dato vita all’associazione culturale Ipazia che guida in maniera molto attiva: ne fa parte un gruppo di giovani impegnate/i nella diffusione di una coscienza critica che possa far sviluppare un pensiero libero.