Romanzo/ “Nina, il fragile nastro di un’antica canzone” di Rita Maria La Boria: amicizie e amori che tornano, congelati in una stanza del tempo

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Ecco “Nina, il fragile nastro di un’antica canzone”, il primo romanzo di Rita Maria La Boria, edito da I Libri di Icaro. La storia parte dagli anni novanta e arriva fino ai giorni nostri.
Nina vive una vita “appiattita dietro la porta” a osservare due genitori che non si amano ma che non hanno la forza di lasciarsi. Sullo sfondo la voglia di fuggire lontano, la prima assegnazione scolastica, l’amicizia con Sara e l’amore profondo per Nick, dirigente scolastico.
Passano anni e Nina rincontra Nick. Tra difficoltà e ricordi evanescenti, la storia riprende da dove si era interrotta, svelando a poco a poco segreti e dubbi provenienti dal passato.
Uno degli elementi più funzionanti del testo, è senz’altro la ricostruzione paesaggistica. L’autrice, infatti, racconta magistralmente la bellezza di Piazza Libertà e Piazzale del Castello a Udine, fino a raggiungere la fontana del Carrara e le statue di Ercole e Caco. La sua è una ricostruzione magica, capace di accompagnare il lettore presso un viaggio paesaggistico senza pari.
Nina è un personaggio a tutto tondo, capace di sbottonarsi dal primo all’ultimo capitolo, regalando al lettore ogni parte di sé. Attraverso l’uso frequente di flashback, sarà ben facile ricostruire pezzi di vita ormai andati. Il lettore, di fatti, conoscerà una Nina adolescente, spettatrice passiva di una condizione familiare piuttosto complessa, per poi rivederla più cresciuta, pronta ad accettare la prima assegnazione scolastica. Seguirà l’amore folle per Nick, rimasto sospeso per una moltitudine di fattori, e l’amicizia con Sara, l’amica di sempre.
I personaggi di Rita Maria La Boria sono come scavati da dentro, e permettono al lettore di fidelizzare in maniera stabile ed empatica con ognuno di loro. Nina è una donna desiderosa di libertà, pronta a scappare dinanzi alle brutture della vita, non per vigliaccheria, ma per l’incessante voglia di vivere libera le proprie emozioni. È diligente ma passionale nel suo modo di vivere, è responsabile ma anche folle. È una donna capace di ridere delle piccole cose, ma al tempo stesso con profondi segreti nell’animo.
Attraverso il personaggio di Nina Bernardis, infatti, il lettore potrà affrontare argomenti di grande spessore, come la violenza sessuale di gruppo, e il ritrovamento di un fratello nato “fuori dalla relazione coniugale”. Argomenti ben eviscerati, che l’autrice racconta sopra una soundtrack del tutto cantautoriale. Saranno Gino Paoli, De André, Fossati e molti altri, gli autori a dare man forte a situazioni di grande spessore emotivo.
In un mondo fatto di ossessioni e morbosità, le stesse che vive Giorgio, il notaio di famiglia, sarà proprio l’amore puro a restituire voce e corpo a un romanzo che si tinge di rosso e nero, a seconda del capitolo. Una contrapposizione continua tra amore e odio, bene e male, luci ed ombre. Un contrasto cromatico che ben sposa le numerose tematiche che l’autrice pagina dopo pagina regala ai suoi lettori.
Il tempo sembra non essere mai passato: nel romanzo di La Boria, infatti, amicizie e amori, sembrano come essere stati congelati in una stanza del tempo. I rapporti si riprendono da dove erano stati messi in attesa. I sentimenti consolidati nel tempo, si sciolgono come neve al sole, rendendo indietro la forma perfetta dell’amore.
Il vuoto, il silenzio, la vergogna, la malvagità, il sotterfugio, capitolo dopo capitolo, lasciano spazio alla serenità di una donna ormai cinquantenne che si sente per la prima volta nel posto in cui sognava di essere. Braccia innamorate, braccia amicali, occhi nuovi ma mai sconosciuti. Questo, il mondo che l’autrice ha riscostruito pagina dopo pagina, abbandonando per un attimo la poesia, e respirando a pieni polmoni una prosa avvolgente.
Uno stile, quello di Rita Maria La Boria, che non annoia e non svilisce. Un romanzo sincero che tende la mano a grandi tematiche tristemente contemporanee. Una storia d’amore, ma un amore vero, capace di aspettare il momento buono, per restituire indietro i dolci frutti del suo sentire. (Miriana Kuntz)
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