Occhi di ragazza, ingenui e pieni di speranza. Si affacciano sulla copertina del romanzo “Il mare della menzogna”, da poco in libreria con la sigla editoriale Dante & Descartes di Raimondo De Maio (pp. 185, euro 12). Incorniciato da qualche ciocca di capelli castani che sfugge dal copricapo, quello sguardo azzurro appartiene all’autrice, Elvira Santacroce, dipinta (nemmeno ventenne) da sua madre, Pia Calise, per un ritratto che ancora oggi occupa una delle pareti del’appartamento di Cava dei Tirreni. “Per il libro lo ha scelto uno dei miei cinque figli”, dice la signora che porta i suoi ottantaquattro anni con l’energia dell’inesauribile passione per la scrittura.Prima che il terremoto del 1980 le butti giù l’appartamento dove abita con il marito avvocato (come il pap di Elvira), Andrea Senatore e i suoi bambini (tre maschi e due femmine), quell’amore lo tiene gelosamente custodito nei cassetti. Persa la casa, supera la reticenza a mostrarsi come scrittrice e pubblica, nel 1982, racconti sotto il titolo “Questa notte” , dove immagini del sisma si mescolano ai ricordi della figura materna.
Varcata la trincea di discrezione scavata dal pudore, s’incammina verso la ricostruzione storica e nasce”1943″ con contributi firmati anche da altre persone. L’ondata dei ricordi la commuove. Prima di quella data il fragore delle bombe non è che eco indistinta. Con lo sbarco a Salerno, il passo militare si avvicina pericolosamente e Cava diventa campo di battaglia. Cos la vita percorre sentieri d’affanno e il padre, che non ha mai accettato il marchio di regime, viene denunciato ai tedeschi come antifascista. Per allontanarsi dal rischio della fine, la famiglia Santacroce è costretta a valicare le montagne e a rifugiarsi a Tramonti per restarvi per un bel po’. Ritrovando, al ritorno, il vuoto, al posto della sicura dimora del settecento condivisa con i nonni.
FIGLIA D’ARTISTA
Le parole scorrono in cerca del passato, sulle tracce del rimorso per non aver saputo comprendere quanto per la mamma sia stato doloroso sacrificare la dimensione artistica alla famiglia. E’ proprio lei da ragazzina a spingerla di nuovo verso i colori che Pia ha imparato a usare seguendo la lezione di due maestri napoletani, Paolo Vetri e Francesco Jerace. Orgogliosa di avere una mamma pittrice e di spiccare tra le altre compagne di classe. Ed è sua madre, invece, a intuire qual è il vero talento della figlia, dopo averle insegnato i segreti della pittura “Lascia perdere il disegno. La tua vera arte è scrivere”.
GIOCO E SOFFERENZA
Dipingere per Elvira Santacroce è un gioco espresso in tele colorate, tra figure e realt , concentrate soprattutto in una stanza, mentre le frasi si rincorrono con sofferenza sulla pagina. Gi da quando, appena sposata, con la laurea in giurisprudenza, affida alla penna la sua identit perraccontare ai figli tutto quello che ha vissuto prima della loro nascita, svelando una fetta di un mondo che non c’è più.
PROTAGONISTA, LA COPPIA
Ai lettori, con “Il mare della menzogna” propone una storia abbozzata qualche tempo fa, considerata compiuta in pochi fogli. E ripresa, più tardi, perch si accorge che i personaggi hanno ancora un percorso da compiere.
Protagonista, la coppia. Nei primi anni cinquanta, quando il viaggio di nozze, la seicento e un domicilio confortevole sono privilegi. Ma il sorriso della luna di miele si raggela appena varcata la soglia nell’avarizia dello sposo, professionista del foro che concede alla sua dolce met , tanto fiduciosa da consegnargli la sua dote sostanziosa prima del s, due carte da cento per comprare la cena, pane pastina mele mortadella.
MATRIMONIO DI NOIA
Nei pensieri di moglie che riempiono le 185 pagine, avanza la delusione per un’unione noiosa, dove la prepotenza è maschile e la sterilit femminile. Il bambino che dovrebbe nascere è un’assenza che diventa ossessione. Soprattutto perch avverte su di s la colpevolezza di un evento mancato. “Ogni anno di matrimonio, per lei un ammasso di centinaia di mesi e di migliaia di giorni stratificato su carne e ossa.
Ogni anno come un rullo compressore. Eppure a vederla non si sarebbe detto.
Era impallidita ma non smagrita…
Via l’ingenuit della fanciulla… E via l’amore cieco uscito da un romanzetto di Delly…”.
Le donne la invidiavano per figurina armonica…”.
RIBELLIONE
Quando tutta sembra scontato, la rassegnazione s’impenna in un imprevisto che rende ancora più insopportabile la convivenza, gi affondata nell’impossibile gravidanza un incidente stradale condanna lo sgradevole compagno alla semicecit su una sedia rotelle, rendendolo ancora più spiacevole e intollerabile. La figura del terzo s’insinua passeggera. Il primario chirurgo, che dopo aver dimesso il paziente dall’ospedale, lo va a trovare assiduamente, si ritaglia il ruolo dell’amante, concessogli per breve tempo dalla signora, forte e ostinata, abile a scegliersi la scena della ribellione finale. E il silenzio libera lo spazio dalle bugie.
Nelle foto (di Maria Volpe Prignano), Elvira Santacroce e alcune opere della scrittrice/artista