“Sir William e Lady Hamilton”: fino al 2 marzo 2025, le Gallerie d’Italia di Napoli presentano una mostra dedicata all’ambasciatore inglese e alla moglie nel regno borbonico. con una selezione di opere d’arte della seconda metà del Settecento. Dopo il primo articolo sul progetto espositivo, di seguito il secondo.
Johann Wolfgang Goethe, durante il suo soggiorno napoletano del 1787, il 16 marzo, riferisce: Il cavalier Hamilton, che risiede qui come ambasciatore inglese, dopo essere stato a lungo un appassionato d’arte e aver ampiamente studiato la natura, ha trovato ora le massime gioie della natura e dell’arte sommate in una bella fanciulla: una giovane inglese sui vent’anni, molto avvenente e ben fatta, che tiene presso di sé. L’ha abbigliata alla greca, con un costume che la veste mirabilmente; ella poi si scioglie la chioma e, servendosi d’un paio di scialli, continua a mutar pose, gesti, espressioni, ecc. tanto che alla fine par davvero di sognare… L’anziano cavaliere le regge il lume ed è in costante adorazione davanti alla sua persona. Trova in lei tutte le immagini dell’antichità, i bei profili delle monete siciliane … Ci siamo già godute due di queste serate, e stamattina Tischbein farà il ritratto della bella[1].
Ma chi era Emma Hamilton, la seconda moglie di Hamilton? Londra l’ha ricordata in una mostra nel 2017 al National Maritime Museum raccontando la storia romantica e brutale di una donna eccezionale e complessa[2]. Ma soprattutto come ha fatto una ragazza del popolo, orfana di un fabbro analfabeta, che parla solo il dialetto del Cheshire, a diventare un simbolo d’Inghilterra?
La futura Lady Hamilton nasce a Ness vicino a Neston, Chesire, Inghilterra[3] nel 1765; il suo nome di battesimo è Amy Lion[4], figlia di Henry Lion, un fabbro che muore quando ha appena due mesi. Viene cresciuta dalla madre in condizioni di estrema povertà e non riceve alcuna istruzione regolare fino all’età di diciassette anni[5].
Quando ha solo dieci anni lei e la madre, Mary Kidd, vendono carbone e dormono dove capita, finché la fame non le spinge a Londra, città pestilenziale, feroce, dove la gente si sfianca con il lavoro e col gin[6]. In effetti nel 1777 è la madre la prima a trasferirsi a Londra mentre Amy resta nel Cheshire e continua a vivere con la nonna Sarah Kidd; per alleviare le difficoltà economiche di quest’ultima inizia a lavorare, all’età di 12 anni, come domestica a Hawarden[7] nella casa di Honoratus Leigh Thomas, un chirurgo che lavorava a Chester. Pochi mesi dopo è di nuovo disoccupata e nell’autunno del 1777 si sposta a Londra.
La situazione sociale nella capitale britannica è ben descritta da Daniel Defoe, autore di Moll Flanders[8], storia di una di quelle che ce l’hanno fatta. A metà del ‘700 racconta Defoe il mondo della prostituzione, riguarda sempre più̀ giovani fanciulle: Molte vagano dal bordello al servizio e dal servizio di nuovo al bordello: nulla è più̀ comune di trovare queste creature una settimana impiegate presso una buona famiglia, quella dopo in un bordello.
A Londra Inizia a lavorare per la famiglia Budd a Chatham Place, a recitare al teatro Drury Lane a Covent Garden e a svolgere l’attività di domestica per attrici, tra cui Mary Robinson[9]. Amy è una splendida ragazza: precoce, intelligente e piuttosto spregiudicata. All’età di quindici anni ha raggiunto già la maturità, anche sessuale, e inizia a lavorare come modella e ballerina presso la Goddess of Health per James Graham. Si tratta di un medico ciarlatano scozzese, che influenzato dalla teoria del medico tedesco Mesmer, per 5 scellini fa entrare le coppie nel Tempio e stendere sul letto di Apollo, un’alcova che garantisce la procreazione; a corroborarli le danze senza veli di Amy.
È in questo luogo che conosce Harry Fetherstonhaugh, un aristocratico che la assume per diversi mesi come hostess e intrattenitrice per un lungo addio al celibato e le propone di danzare in esclusiva per lui e i suoi amici nella sua tenuta di campagna di Up Park.
In questo periodo fa amicizia con l’onorevole Charles Francis Greville, figlio della sorella di William Hamilton: la contessa di Warwick Elizabeth. Quando la ragazza rimane incinta e viene abbandonata dal suo protettore, Sir Harry Fetherstonhaugh, è Greville a prenderla con sé come amante e, per un breve periodo, è legata a lei da un amore passionale; all’epoca i nobili si sposano, di solito attorno ai ventisei anni, e una mantenuta può̀ far comodo.
Charles mette tutto in chiaro con un contratto: il nascituro, in realtà si tratterà di una bimba, deve sparire, ma lui contribuirà a mantenerla[10] mentre Emma deve trasferirsi in città con lui e diventare rispettabile. Su richiesta di Greville, cambia il suo nome in Mrs Emma Hart, veste abiti dai colori tenui, impara a pronunciare in modo più elegante, eliminando il suo orribile accento e studia musica, canto e buone maniere[11].
Dalla relazione con Greville ha avuto tre figli[12], mai riconosciuti; Emma con questo legame, oltre a ricevere un’istruzione adeguata, comincia a frequentare l’alta società londinese del tempo. Ravvisando l’opportunità di fare soldi, con una percentuale sulle vendite, Greville la manda a posare per il suo amico, il pittore George Romney, che è alla ricerca di una nuova modella e musa[13].
Da questo momento Emma diviene il soggetto di molti dei ritratti più famosi di Romney, e presto diventa anche la più grande celebrità di Londra[14], ma inizia anche l’ossessione di Romney per lei, che dura tutta la vita: la disegna nuda, vestita e in molte pose da utilizzare, in seguito e creare dipinti in sua assenza. Grazie alla popolarità del lavoro di Romney e in particolare della sua giovane modella, dall’aspetto sorprendente, Emma diviene molto nota nei circoli della società, con il nome di Emma Hart.
È spiritosa, intelligente, impara in fretta, elegante e, come attestano i suoi dipinti, estremamente bella. Romney è affascinato dal suo aspetto e dalla sua capacità di adattarsi agli ideali dell’epoca prefigurando i suoi successivi atteggiamenti[15]. Forse anche per le spese imposte dalla relazione con Emma, nel 1784, Greville si trova in una precaria situazione finanziaria, ed è costretto a vendere una parte delle sue collezioni.
L’unica soluzione per uscire dalle ristrettezze, è sposare un’ereditiera, ma la presenza di Emma è un serio ostacolo. Nella primavera del 1786, dopo uno scambio epistolare, Greville la manda a Napoli, dallo zio William Hamilton, per una breve vacanza.
Lo zio, che ha conosciuto Emma a Londra e ne è rimasto affascinato libera il nipote, suo erede presunto, da una relazione ormai inopportuna e il nipote dal rischio che da un secondo matrimonio dello zio possa nascere un potenziale erede. Inaspettatamente nel 1791, fra l’incredulità di molti, l’anziano Hamilton sposa proprio Emma, che cinque anni prima l’aveva presa in casa come amante.
In Inghilterra Lady Hamilton è ricordata soprattutto per essere stata l’amante amatissima di un eroe nazionale come l’ammiraglio Horatio Nelson in Italia, invece, gode della luce riflessa del marito che, per i suoi interessi antiquari e scientifico-naturalistici, appare un fascinoso esponente dell’Europa dei Lumi.
Nella terza sessione della mostra: Emma Hamilton. Metamorfosi di una donna leggendaria[16] viene presentata l’immagine, creata e alimentata da celebri pittori, di una figura femminile intraprendente, molto abile e di grande fascino e, dopo averla scelta come musa ispiratrice, fatta diventare la più raffigurata del secolo.
Una recente indagine ha documentato che George Romney, uno dei grandi protagonisti del ritratto moderno, che ha intrecciato con lei una lunghissima relazione, patrocinata prima da Charles Greville e poi da Sir William Hamilton, ha realizzato ben centoquattordici ritratti di Emma Hamilton. In diversi dipinti e bozzetti è stata ritratta in diverse pose e acconciature in abiti contemporanei ma a determinare la sua fama sono le opere in cui appare nelle sembianze di personaggi della mitologia greca come Calipso, Circe, Medea o nelle vesti di una Sibilla o in quelle religiose di una Maddalena o Santa Cecilia. La sua straordinaria espressività le consente di interpretare i particolari stati d’animo dei personaggi come l’assenza, la sensibilità o la preghiera.
Di Romney sono presenti diversi quadri nella mostra. In Emma Hart come Circe la protagonista, che per la prima volta interpreta un personaggio della letteratura epica, è ripresa, con una veste all’antica, mentre incede con passo sicuro verso l’osservatore. Nella mano destra ha una lunga asta puntata a terra, forse il bastone per condurre i maiali nel porcile o un magico tirso, un bastone rituale attribuito al dio greco Dioniso e ai seguaci del suo culto, mentre la mano sinistra, protesa sopra la testa, sembra lanciare un incantesimo o invocare gli spiriti.
Alla composizione slanciata e verticale, che con una visione ribassata enfatizza la monumentalità della giovane, si contrappone il movimento sinuoso e ondulatorio delle pieghe della veste, la diagonale della bacchetta e l’andamento delle rocce. Da una parte del dipinto si vede la baia con una nave ormeggiata mentre dall’altra parte dall’oscurità emergono i cani dalle fauci spalancate aggiunti da William Long, pittore dilettante e amico dell’autore, che acquista il dipinto dopo la morte di Romney. Tratto dal X libro dell’Odissea di Omero racconta di come Circe, che dimora in un palazzo circondato da un bosco e abitato da festose bestie selvatiche, trasforma i compagni d Ulisse in porci e come Ulisse riesce a fargli ridare forma umana.
Nell’Odissea Circe non è una maga, un termine sconosciuto ai tempi di Omero[17] ma solo una dea terribile, che trasforma arbitrariamente gli uomini in animali. Il quadro tenta di sottolineare le doti seduttive di Emma-Circe ma anche la capacità di Greville di tenerla a bada. L’opera, che non è stata mai terminata dal pittore, resta nelle disponibilità di Romney, prima dell’acquisto di Long; è con i passaggi di proprietà successivi che arriva nel 1981 alla collezione Rothschild.
Nel dipinto Emma Hart come filatrice la protagonista è ripresa vicina ad un arcolaio: ancora una volta dimostra di essere in grado di interpretare ruoli diversi assumendo movenze ed espressioni dalle quali lasciava di volta in volta trasparire malcelata innocenza o casta malizia[18].
La collaborazione con Romney risulta vantaggiosa per entrambi perché per il pittore richiama una folla di clienti desiderosi di imbattersi nella modella durante le sedute e ad Emma di approcciare un mondo di artisti, letterati e mecenati. La sua sicurezza davanti al cavalletto si trasferisce una volta giunta a Napoli nella realizzazione delle attitudes: non più immagini dipinte, ma interpretazioni dal vivo di personaggi che vengono immortalati nelle tele di Romney e di altri colleghi pittori che l’hanno ritratta.
Il dipinto realizzato un anno prima del trasferimento a Napoli sembra richiamare a figure mitologiche come quella di Aracne[19], giovane bella e particolarmente capace nell’arte del tessere e ricamare; tanto abile da riuscire a vincere la sfida con Atena sugli amori adulterini di Zeus e che per punizione la trasforma in ragno. L’identificazione Aracne-Emma sembra far riferimento alla condizione di amante di alto bordo della modella.
La scelta di un’ambientazione rustica evoca le umili origini e il riscatto, grazie al suo amante Greville, rappresentato da una veste candida e dai capelli raccolti dopo anni di disordine, rimandano ad una nuova purezza. La gabbia di vimini vuota posta in alto a sinistra e la posizione delle dita sembrano rappresentare una velata allusione al desiderio sessuale.
A Napoli Emma ha ispirato dipinti, come Emma come Sibilla, a Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, che rimane affascinato, come l’amico Goethe, dalle sue esibizioni sceniche, le cosiddette attitudes, dove le eleganti movenze rievocano le figure degli antichi vasi. La Hart, rappresentata con il busto leggermente ruotato a sinistra ha gli occhi puntati in alto, come a sottolineare un rapporto diretto con la divinità.
Emma, che è avvolta in un manto che le copre il capo e nasconde il corpo, con morbidi boccoli che fanno fatica a restare sotto il manto, è ripresa mentre poggia la mano sul libro dei responsi oracolari. In Oreste e Ifigenia viene rappresentato il momento in cui Ifigenia riconosce il fratello davanti all’altare mentre le Erinni[20], che nella mitologia romana sono chiamate Furie e che hanno perseguitato Oreste stanno per allontanarsi.
L’opera è tratta dalla tragedia di Euripide Ifigenia in Tauride o Ifigenia fra i Tauri che ha avuto la sua prima rappresentazione tra il 414 e il 409 a.C. Il mito sottolinea come un presunto sacrificio scateni un’infinita serie di morti: Clitennestra uccide il marito Agamennone per vendicare la figlia Ifigenia[21] che si pensava fosse stata immolata dallo stesso come vittima sacrificale e a sua volta la donna e il suo amante Egisto vengono uccisi dall’altro figlio Oreste per vendicare il padre. E qui subentra l’aspetto divino: Oreste è perseguitato dalle Erinni e non trova pace; interviene Apollo che incarica il giovane di rubare una statua sacra ad Artemide e di portarla ad Atene per liberarsi per sempre da ogni tormento. Ifigenia è il ritratto bene riuscito di Miss Hart ma anche una delle Furie mostra una somiglianza con lei. Le Erinni o Furie, ritratte con sguardo torvo e con i capelli lunghi e aggrovigliati, rappresentano per gli antichi le forze primitive superiori all’autorità degli dei olimpici preposte al castigo dei criminali contro la famiglia.
Oreste, in piedi al centro della composizione con un’espressione che rivela il tormento interiore, viene afferrato per un braccio da Ifigenia, che ha una postura tipica delle attitudini ed i capelli che sfuggono al velo che la identifica come sacerdotessa. Emma in Inghilterra, con le sue pose e le sue espressioni facciali, ha interpretato per i pittori una divinità, un personaggio storico un figura mitologica o biblica. A Napoli non si tratta più di diventare qualcuno in un dipinto ma di infondere la vita ai vari personaggi, in una performance dal vivo; anche se ci può essere stato un contributo d Hamilton, in quanto conoscitore dell’antico, è lei a scegliere le pose, i costumi e le acconciature.
In due lavori dell’artista Pier Antonio Novelli del 1790 sono riportate Le attitudes di Lady Hamilton. La loro riproduzione attraverso incisioni le rende famose, facendone una fonte da cui attingere anche per la recitazione e la danza contemporanea.
La quarta sezione della mostra La passione e il gusto dell’antico tra archeologia e manifatture è l’ambito in cui Hamilton ha dimostrato maggiore competenza e capacità, in particolare nella selezione dei vasi greci dipinti in cui è stato il più grande collezionista di tutti i tempi. In soli due anni riesce a radunarne 730 acquistati al mercato antiquario ed in alcune raccolte allora presenti a Napoli.
L’ambasciatore li acquista non per il loro interesse erudito e documentario ma per la loro bellezza e le cede al British Museum di Londra col proposito di favorire la diffusione del buon gusto attraverso le straordinarie testimonianze dell’antichità. A questo scopo intraprende la pubblicazione di quattro volumi che, dopo il rifiuto di Winckelmann, affida al barone d’Hancarville che si adopera per scrivere i testi e seguire la squadra di incisori e acquerellisti incaricati di realizzare le tavole a colori. La pubblicazione influenza fortemente le arti contemporanee e, come commenta Winckelmann, rappresenta per gli artigiani che lavorano ceramiche e porcellane, e per coloro che fabbricano vasi in argento, in rame in vetro e in marmo di trovare più di duecento forme in maggioranza nuove[22].
L’opera che apre la sezione è un dipinto di Johan Zaffany La biblioteca di CharlesTownley, n. 7 di Park Street, Westminster, 1781-1783. Il dipinto, realizzato a Londra dopo un lungo soggiorno in Italia, rappresenta un’immagine iconica dello spirito del Grand Tour e della passione antiquaria dei collezionisti inglesi nella prima metà del Settecento. È ambientato in uno spazio allo stesso tempo reale ed ideale con i protagonisti molto vicini allo spirito dell’ambasciatore Hamilton. Il committente CharlesTownley, seduto e assorto nella lettura di un libro, ha alle spalle un busto di Omero e tutt’intorno una straordinaria raccolta di pezzi antichi costituita da statue, bassorilievi, vasi, gemme e medaglie, ma anche disegni e libri da lui acquistati durante il suo soggiorno in Italia tra il 1767 e il 1774. Ai suoi piedi Kam, il cane da slitta che posa come la sfinge posta a destra in primo piano.
Al centro della composizione il barone d’Hancarville, profondo conoscitore dell’antichità, sembra illustrare gli oggetti antichi che è chiamato catalogare. Dietro di lui a sinistra Charles Francis Greville, nipote di Hamilton, raffigurato dietro la ninfa Clizia forse per alludere alla relazione da poco intrapresa con Emma Hart. Di fronte e di profilo Thomas Asle, uno studioso di antichi manoscritti.
Tra le opere, riunite nella rappresentazione in un’unica sala ma in realtà distribuite in diversi ambienti dell’edificio, riconosciamo il Discobolo, ritrovato a Villa Adriana nel 1790 ed esportato, non senza controversie, da Thomas Jenkins nel 1793. Tra le altre antichità possiamo riconoscere la Ninfa con la conchiglia, con l’esemplare più famoso, appartenuto alla collezione Borghese, oggi al Louvre, un Fauno, la Venere collocata su una base circolare con figure a rilievo ritrovata a Ostia da Gavin Hamilton ed esportata clandestinamente in due pezzi, un Vaso marmoreo biansato[23] decorato con la scena di un baccanale, celebrazioni in onore di Bacco, ritrovato sempre da Hamilton nel 1774 a Monte Cagnolo[24].
Forse proviene da Capua e fa parte della collezione del British Museum il cratere a colonnette[25] a figure nere detto Cratere della Caccia, catalogato come appartenente al periodo Tardo Corizio 575-550 a. C. Sul lato A riporta cinque uomini barbuti e nudi che attaccano un cinghiale aiutati da due cani bianchi; i nomi dei cacciatori sono dipinti in alfabeto corinzio arcaico. Sul lato B tre uomini vestiti di un corto chitone, con una lancia in mano sono intenti a cavalcare. Il pittore ha saputo tradurre tanto nella scena della caccia quanto in quello della cavalcata l’energia e l’audacia collettiva tipiche delle imprese eroiche[26].
Sempre del British Museum e attribuito al pittore di Baltimora il Cratere a volute apulo a figure rosse detto Vaso Hamilton del 330-310 a C. proveniente dall’area di Bari in Puglia.
Una ricca decorazione ricopre tutte le parti tranne le anse e il piede. Sul lato A è rappresentata una scena di omaggio funebre, collocata all’interno di un tempietto ionico, il naiskos. Il giovane guerriero nudo accompagnato dal suo cavallo, indossa una clamide (mantello) porpora, ha una lancia nella mano sinistra e ghirlanda nella destra; sempre sulla destra è appesa la sua corazza. Quattro personaggi, due uomini e due donne, ai lati del naiskos portano offerte: armi vasi specchio bende rami e ghirlande Nel lato B la parte centrale è occupata da una stele cinta di bende con ai lati due giovani uomini e due donne che portano offerte.
Sono le stesse decorazioni che ritroviamo nel volume di Pierre-François Hugues d’HancarvilleAntiquités Etrusques, greques et romaines tirées du Cabinet de M. Hamilton, envoyé extraordinaire de S. M. Britannique en cour de Naples un’impresa editoriale che riesce a provocare grande clamore tra gli studiosi e i cultori d’arte. Le illustrazioni presenti nel volume hanno ispirato la fortunata produzione di josiah Wedgwood che nel 1766 fonda in Inghilterra uno stabilimento chiamato Etruria che ha come motto Artes Etruriae Renascantur (Perché le arti dell’Etruria rinascano).
Il vaso in mostra, Ercole nel giardino delle Esperidi, vede l’eroe riuscire nel furto delle tre mele d’oro della pianta custodita al centro del giardino dal drago Ladone e dalle Esperidi. L’opera, tratta dalla celebre Hydria del Pittore di Meidias risalente al 420-440 a.C., è stata smaltata da William Hopkins Craft nel 1769 e portato a perfezione dal grande modellatore John Flaxman nel 1787.
Eseguito tra il 40-30 a. C. il Vaso Portland è uno degli oggetti più ammirati al mondo. Rinvenuto nel XVI secolo nel mausoleo dell’imperatore Alessandro Severo è citato per la prima volta nella Collezione del cardinale Francesco Maria Del Monte. Comperato dalla famiglia Barberini, che lo conserva per un secolo, passa ad un mercante scozzese prima di essere acquistato nel 1782 da Sir William Hamilton che nel 1784 lo porta a Londra per presentarlo alla Society of Antiquaries. Relativamente alla copia presente in mostra e realizzata dalla Manifattura Etruria, il presidente della Royal Academy, Joshua Reynolds, nel 1790 certifica il vaso di Portland come un’imitazione corretta e fedele sia per quanto riguarda l’effetto generale che per i dettagli più minuti delle parti.
Sotto il regno di Carlo III di Borbone, promotore delle campagne di scavo di Ercolano, Pompei e Stabia si istituiscono del laboratori reali finalizzati alla fabbricazione di arazzi, lavori in pietre dure e porcellane. In quest’ultimo settore, grazie alla guida di Domenico Venuti si propone di far diventare la manifattura un centro propulsore del nuovo gusto e far conoscere ai propri disegnatori gli originali antichi da cui ricavare forme e decorazioni.
Proviene dalla Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte l’opera modellata da Filippo Tagliolini Ercole che uccide il centauro Nesso del 1790-1795. Il biscuit riproduce in formato ridotto l’opera oggi nella Loggia dei Lanzi di Firenze realizzata da Giambologna tra il 1576 e il 1589 per Francesco I dei Medici. La forza plastica espressa dalle poderose torsioni dei personaggi sottolinea lo scontro mortale tra Ercole, simbolo delle supreme virtù civiche e il centauro Nesso reo di aver rapito e tentato di violentare Deianira, la moglie dell’eroe durante la traversata del fiume Eveno. La lotta tra il bene e il male, nell’esemplare eseguito su modello di Tagliolini ha una muscolatura meno accentuata dei personaggi rispetto alla scultura in marmo per la difficoltà di realizzare una così articolata composizione in biscuit. (2.continua)
Real Fabrica di Porcellana di Napoli, Filippo Tagliolino modellatore, Ercole che uccide il centauro Nasso 1790-1795, biscuit altezza 47 cm
Napoli Collezione privata (particolare)
NOTE
[1] https://it.wikisource.org/wiki/Ricordi_di_viaggio_in_Italia_nel_1786-87/Parte_II/Napoli pag. 232
[2] La mostra Emma Hamilton: Seduction and Celebrity al National Maritime Museum, London dal 03/11/2016 al 17/04/2017.
[3] Walter Sydney Sichel, Memoirs of Emma, Lady Hamilton, the Friend of Lord Nelson and the Court of Naples: With a Special Introduction and Illustrations, New York, P. F. Collier & Son, 1910
[4] Lindsay L. Brook (a cura di), Studies in genealogy and family history in tribute to Charles Evans on the occasion of his eightieth birthday, Salt Lake City, Association for the Promotion of Scholarship in Genealogy, 1989.
[5] Sichel opera citata (c. 1910), pp. 22-24.
[6] Pia Bianchi Storia di Emma Hamilton, la donna che rapì il cuore dell’eroico ammiraglio Nelson ELLE Magazine 12/06/2017
[7] https://www.historytoday.com/archive/emma-lady-hamilton-dies-calais
[8] Daniel Defoe, autore di Moll Flanders prima pubblicazione 1722. Pubblicato in Italia nel 2017 dalla Feltrinelli Editore
[9] Kate Williams England’s Mistress: The Infamous Life of Emma Hamilton Editore Arrow Data pubblicazione 7 giugno 2007
[10] La bimba che prende il nome di Emma Carew viene allevata da sua nonna nel Galles. Da giovane, Emma Carew riceveva frequenti visite da parte della madre, la quale in seguito rifiutò di vederla.
[11] Paul Chack, Marins à la bataille. Le XIXème siècle et l’Indochine, Parigi, Ed. du Gerfaut, 2001
[12] Erasmo Pistolesi, Real Museo Borbonico, descritto ed illustrato da Erasmo Pistolesi, vol. 1, Roma, Tip. Gismondi, 1836, pag. 45
[13] Kate Williams opera citata.
[14] Cavendish, Richard (1 January 2015). “Emma, Lady Hamilton dies in Calais”. History Today. Retrieved 28 March 2018
[15] Kate Williams opera citata
[16] Per questa parte della sezione si fa riferimento al testo di Fernando Mazzocca Catalogo della Mostra pagg. 134 -135
[17] È Erodoto ad introduce il termine nella lingua greca adattandolo da riti persiani… una sorta di incantesimo nel V secolo.
[18] Alessandro Malinverni Catalogo Mostra pag. 14.
[19] Ovidio narra la sua storia nel VI libro delle Metamorfosi, il personaggio, già citato nelle Georgiche virgiliane, pare sia d’origine greca.
[20] Le Erinni, dette anche Erinne o Erine, nella mitologia greca sono le personificazioni femminili della vendetta soprattutto nei confronti di chi colpisce la propria famiglia e i parenti.
[21] Ifigenia non viene immolata dal padre Agamennone come vittima sacrificale perché la dea Artemide, beneficiaria del sacrificio, la sostituisce con un cervo; porta poi la principessa in Tauride dove diviene sacerdotessa al tempio di Artemide.
[22] Per questa parte della sezione si fa riferimento al testo di Fernando Mazzocca Catalogo della Mostra pagg. 150 -151
[23] Nel linguaggio degli archeologi e storici dell’arte, di vaso antico, urna, e sim., munito di due anse o manici laterali.
[24] https://en.wikipedia.org/wiki/Townley_Vase
[25] Il cratere era un grande vaso utilizzato per mescolare vino e acqua nel simposio greco per abbassare il contenuto alcolico. Nel Cratere della Caccia le colonnette delle anse sono sostituite da una sezione a forma di volute.
[26] Martine Denoyelle Catalogo della Mostra pagg. 176-177