Le disobbedienti/ La vergine di Firenze: quella giovane orfana che diventò strumento per provare la virilità del principe Vincenzo Gonzaga (nel 1584)

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Talvolta è bene, prima di iniziare la lettura, sapere che i fatti narrati e i personaggi presentati non sono frutto dell’immaginazione ma di un sapiente racconto costruito su una verità storica indagata con certosina pazienza attraverso lo studio e l’approfondimento.
È questo il caso di La vergine di Firenze scritto da Katherine Mezzacappa e da poco pubblicato da Piemme con la traduzione di Gloria Pastorino. Leggere quanto accaduto nel 1584 per provare la virilità del principe Vincenzo Gonzaga, promesso sposo di Eleonora de’ Medici, induce a pensare che l’autrice si sia presa delle libertà dalle cronache del tempo esasperando, esagerando e infiorettando per necessità narrativa e di intreccio di trama romanzesca. Sarebbe lecito pensarlo ma – ahinoi- non è così che è andata.
Mezzacappa racconta, attraverso la protagonista, quanto avvenuto secoli addietro nelle civilissime e illuminate città di Firenze e Venezia dove una vergine fu scelta per perfezionare un contratto, un accordo matrimoniale.
Giulia non è nome di fantasia, così si chiamava la ragazza che fu presa in un orfanatrofio per dimostrare – e documentare – che le nozze con il principe sarebbero state feconde. Fin qui le indegne vicende storiche. Quel che, però, si trova tra le pagine è il talento di chi sa scrivere mostrando le creste imperfette dell’animo umano con passo fluido che cattura e avvince.
Mezzacappa restituisce voce a chi non l’ha avuta riscattandone la memoria attraverso la possibilità di raccontare la propria versione, le sensazioni vissute sulla propria pelle, le speranze, le paure, l’umiliazione e le gioie procurate dagli affetti familiari.
La Storia è il mosaico delle vicende personali di quelle vite comuni che compongono la micro storia dandole concretezza e spessore e quella di Giulia Albizzi non fa eccezione, i suoi pensieri e sentimenti accompagnano chi legge confermando le umane passioni che trascendono il tempo.
Nel Cinquecento si amava, sperava, gioiva e soffriva come lo si fa adesso e allora come ora questo avviene senza mai allontanarsi dalla pervicace idea, reiterata da Aristotele in poi – passando per l’infirmitas sexus del diritto romano e il mito platonico dell’androgino di Aristofane – che la donna sia inferiore all’uomo, un principio che il cattolicesimo perpetua per affermare la posizione ancillare della donna quale soggetto complementare.
«All’orfanatrofio dicevano che le bambine non dovevano saper leggere, che c’era tentazione e pericolo nell’istruzione. Dicevano che per una donna è inutile saper leggere, perché non potrà mai essere un uomo» cui si aggiunge l’immancabile corollario della donna come creatura tentatrice, subdola e peccaminosa «Non riusciva a vedere la propria colpa. No, era colpa mia, la figlia di Eva che aveva scatenato il male nel mondo: Il mio volto e il mio corpo l’avevano spinto a peccare… L’aveva detto lui stesso».
Temi, questi, ricorrenti in diversi dei testi presentati negli anni in questa rubrica nei quali scorre carsico il fiume della sottomissione femminile cui le disobbedienti si ribellano. Giulia non può ribellarsi ma, con sacrificio, lavora alla sua salvezza compiendo quel percorso sul quale spesso mi soffermo: imparare a leggere e scrivere per fare della scrittura atto salvifico di autodeterminazione e affermazione di soggettività identitaria.
Quelle che leggiamo sono le parole con cui la protagonista narra la sua vita dando un rivoluzionario punto di vista, il suo, quello di una donna comune la cui storia si intreccia con una figura femminile conosciuta attraverso un’altra storia di disobbedienza, Bianca Cappello, qui descritta da una diversa prospettiva che incuriosisce e fa pensare.
Il merito dell’autrice è  aver saputo sviluppare una storia fondata sul rigore della ricerca storica senza che questo inficiasse la scorrevolezza e la leggerezza del testo. Giulia cerca la madre che non ha conosciuto, il figlio che le hanno portato via e racconta come la sua vita sia stata decisa da uomini che, per raggiungere i propri scopi, l’hanno considerata mero strumento.
Dalla vergogna e l’umiliazione subita inizia il suo percorso di ricostruzione in cui scopre l’amore per un uomo diverso da quelli fino ad allora incontrati e la possibilità di una vita serena. Da questi fatti accaduti nel Cinquecento a oggi le donne hanno smesso di essere merce di scambio, con diverse sfumature, venduta e comprata?
 ©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Katherine Mezzacappa
La vergine di Firenze
Piemme
Traduzione di Gloria Pastorino
Pagine 376
euro 20

L’AUTRICE
Appassionata di storia rinascimentale, Katherine Mezzacappa èautrice di racconti he hanno vinto numerosi premi ha esordito con La vergine di Firenze frutto di un lungo lavoro di ricerca e documentazione.

Tra #ledisobbedienti Bianca Cappello:

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