«Il loro successo è dipeso dalla coltivazione di una sorellanza scientifica di fisiche che avevano vissuto le stesse traversie ed erano state tutte costrette a fuggire dal nazismo. Queste scienziate hanno trasmesso ai loro studenti non solo l’amore per la fisica, ma anche la consapevolezza di quanto sia necessario sostenersi a vicenda. Una lezione particolarmente significativa per le studentesse che cercavano di ritagliarsi uno spazio in un settore ancora a predominanza maschile».
Aboca pubblica, dopo “Le ragazze in camice bianco. Come le prime donne medico hanno rivoluzionato la medicina”, un secondo libro di Olivia Campbell dedicato alle pioniere nel mondo della scienza e del lavoro. Hedwig Kohn, Lise Meitner, Hertha Sponer e Hildegard Stücklen sono “Le ragazze della scienza. Come quattro donne sono fuggite dalla Germania nazista e hanno fatto la storia della fisica” protagoniste, di origini ebraiche o di sentimento anti nazista, di un libro che ricostruisce la vergogna del genere umano quando si affacciò – e scivolò – nell’abisso di due guerre mondiali e documenta, con oggettività, la selva di ostacoli frapposti tra le donne e la comunità scientifica e tra queste e il mercato del lavoro.
«A detta della storica Margaret W. Rossiter, tale osservazione vale anche per l’America: ”Le donne più eccezionali ricoprivano ruoli modesti e venivano riconosciute con grande ritardo, ad esempio nei necrologi, e dopo interi decenni rispetto ai traguardi raggiunti”».
Dopo l’apertura alle donne nel periodo della Repubblica di Weimar si tornò a Kinder, Küche, Kirche (bambini, cucina, chiesa) o “Il posto della donna è a casa” chiedendo loro, all’indomani del primo conflitto mondiale, di ritornare al focolare abbandonando il lavoro ricoperto nella sostituzione degli uomini al fronte.
La Germania nel periodo tra le due guerre fu teatro di grandi scoperte scientifiche nel campo della fisica e della chimica grazie al lavoro di una comunità accademica che scambiava idee, intuizioni, teorie e ricerche e questa non era formata esclusivamente da uomini.
Le donne dovettero faticare e armarsi di pazienza– sai che novità… – per poter essere ammesse a frequentare i corsi universitari, conseguire un dottorato, l’abilitazione all’insegnamento e veder riconosciuto il proprio talento.
La situazione precipitò con l’ascesa del nazismo che vietò agli ebrei, le donne e a tutti i soggetti ritenuti non degni di lavorare riducendoli alla fame prima e conducendoli verso i campi di prigionia e sterminio poi. Campbell argomenta, ricostruendo il periodo storico con ampio corredo documentale il coraggio, la determinazione e il talento di quattro scienziate che, grazie alla rete di relazioni internazionali messe in movimento e – soprattutto – al mutuo sostegno riuscirono a scampare alla morte.
Scappare dalla Germania – e dai paesi da questa occupati – era difficilissimo e per ottenere un visto gli scienziati/e dovevano dimostrare di aver ricevuto una proposta di incarico da università e centri di ricerca stranieri pronti a corrispondere uno stipendio che li rendesse autosufficienti.
Per gli uomini fu più facile perché poterono dimostrare di avere una cattedra da anni e aver pubblicato articoli in riviste internazionalmente accreditate mentre per le donne – il cui accesso al dottorato e alle cattedre era fortemente osteggiato – non lo fu altrettanto per mancanza di curriculum: «Molte università si rifiutavano di ingaggiare le donne anche dopo il conseguimento dell’abilitazione, soprattutto nei dipartimenti di matematica e scienze, per il solo fatto che erano donne. E se venivano assunte come docenti, era solo in via provvisoria o a singhiozzo. Spesso le donne venivano assunte come personale non retribuito, e se ricevevano uno stipendio, be’, era inferiore a quello degli uomini. […] Nel 1933, delle 10.595 donne munite di dottorato in Germania solo 56 avevano conseguito l’abilitazione, e appena 27 si erano spinte oltre la semplice docenza acquisendo uno status paragonabile a quello di professore associato. Due – proprio così: due- erano diventate professoresse ordinarie (e Lise era una di loro)».
Tale prassi ha significato per molte – troppe persone – l’impossibilità di salvarsi. Per l’ideologia nazista le donne dovevano stare lontane dal mondo del lavoro e dalla sfera pubblica, il loro era un ruolo domestico, vigeva il divieto di candidatura a ruoli elettivi negli atenei perché essi sarebbero stati in contrasto con la loro “delicata costituzione”. Nulla di nuovo, un apparato ideologico ampiamente conosciuto già in epoche precedenti, da Aristotele in poi con grande e convinto supporto del cattolicesimo disponiamo di un’ampia letteratura sulla teoria secondo cui le donne sarebbero fisicamente e moralmente inferiori, inadatte, manchevoli e – qualora ciò non fosse stato sufficiente a giustificarne la sottomissione- subdole tentatrici che inducendo al peccato corrompevano gli uomini attraverso la depravazione dei piaceri carnali.
Tra gli interrogativi che solleva l’autrice ve ne uno che riguarda il mancato progresso e le scoperte non fatte per la stoltezza del genere umano che preferisce dedicarsi alla distruzione in luogo dell’armonico sviluppo del sapere da condividere tra i popoli: quanto talento sprecato, quanto sapere inesplorato, quanti passi in avanti sono stati resi impossibili? Non lo sapremo mai. Un altro quesito sollevato tra le pagine è comune e rintracciabile in diversi scritti di autori e autrici da diversi secoli a questa parte: cosa e quanto di più potrebbero fare le donne se libere di coltivare il proprio intelletto, studiare e dedicarsi allo scibile umano in egual misura degli uomini?
Quel che sappiamo, grazie alle ricerche dell’autrice, è come il valore delle quattro scienziate fuggite dalla Germania abbia trovato il modo di esprimersi anche attraversando le più cupe vicende della storia del Novecento. L’autrice dimostra come la vera fragilità delle donne non sia quella contrabbandata da certa parte della filosofia e dal cattolicesimo come minorità naturale ma, piuttosto, quella imposta da un mercato del lavoro che – ancora oggi – attraverso l’odioso differenziale salariale e i percorsi di carriera segmentati e precari, perché piegati ai carichi di cura familiari, rende le donne più povere degli uomini.
Le scienziate avevano stipendi più bassi, quando arrivavano a conquistarli, disponevano di minori risorse economiche a disposizione per mettersi in salvo e ricevevano offerte di lavoro dall’estero con salari inferiori rispetto ai colleghi di pari esperienza.
Il lavoro di Campbell è interessante perché offre chiavi di lettura interdisciplinari attraverso l’economia, la scienza e l’antropologia. Quest’ultima indaga il percorso di costruzione identitaria delle protagoniste costrette a fuggire dalla propria cultura verso quella di un altro luogo diverso per usi, costumi, codici linguistici, clima, paesaggio, relazioni e cibo. Un tema di grande attualità, un tema che attraversa l’Europa, il Nord America e l’Africa da diversi secoli.
La frattura psicologica, il trauma e la barriera linguistica si sommano nel testo a un altro elemento, un aspetto strisciante che mina i sentimenti e trova voce in una delle protagoniste, Hildegard Stücklen, quando trovandosi a occupare una posizione di gran lunga inferiore alle sue competenze ed esperienze, in un Paese che accogliendola le aveva permesso di sopravvivere, si lacera per un senso di ingratitudine: «Volere di più sembrava qualcosa di sfrontato.
Tuttavia, le donne accademiche erano particolarmente abituate a dover compiere sforzi maggiori per arrivare dove volevano, o almeno avvicinarsi. Era una linea sottile quella da percorrere, in equilibrio tra l’apparire riconoscenti e, contemporaneamente, affermare con sicurezza di essere capaci di fare molto di più, se solo ne avessero avuto l’opportunità».
Lise Meitner, come un’altra scienziata ebrea, fu defraudata dei suoi meriti ed esclusa dalla vittoria di un premio Nobel che andò a colleghi uomini che non ne riconobbero il valore, nel caso di Meitner si trattò del Nobel per la chimica assegnato in seguito alla scoperta della fissione nucleare andato al collega Otto Hahn nel 1944 mentre per Rosalind Franklin fu il Nobel per la medicina andato nel 1962 a James Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins, Rosalind Franklin fotografò il DNA con il metodo della cristallografia ai raggi X e senza le sue ricerche e scoperte i colleghi non avrebbero potuto proseguire il loro lavoro.
Un ulteriore spunto interessante è fornito dalla differenza dei modelli di apprendimento universitari europei e americani in cui le scienziate si imbatterono, una barriera culturale con cui dovettero misurarsi tutte e tutti gli accademici in fuga, toccò anche ad Hannah Arendt. È un aspetto del quale, avendolo vissuto di persona, comprendo le implicazioni che riguardano la messa in discussione di un sistema educativo e relazionale prima che andragogico, i codici di comportamento che regolano lo spazio sociale accademico europeo differiscono profondamente da quelli statunitensi, nel primo rispettiamo una distanza nella quale i ruoli di docente e discente sono attraversati da asimmetria mentre, nel secondo, il presupposto è la simmetria.
Lo stile narrativo dell’autrice riesce a essere fluido e coinvolgente quanto quello di un romanzo anche nella sua esposizione di dati e statistiche, la sua ricostruzione è rigorosa ma mai noiosa e, in nessun caso, indulge al sentimentalismo. Quanto alla parità nel mondo accademico dopo cento anni a guidare l’Università degli Studi di Milano è un donna, Marina Marzia Brambilla, che si aggiunge alle colleghe degli altri atenei italiani impegnate nell’introduzione di misure volte a diffondere una cultura nella quale le differenze di genere siano solo fonte di arricchimento in virtù di punti di vista e percorsi differenti e non più ostacolo.
La storia di quattro donne, raccontata da una quinta, per testimoniare scomode verità: le donne sono discriminate da lungo, lunghissimo, tempo e questa stolta – quanto iniqua – scelta non solo è contro il rispetto dei diritti umani ma penalizza l’intero genere umano.
Testo utile da citare e consigliare a quanti sostengono che la parità tra uomini e donne sia argomento obsoleto e meno urgente rispetto a “ben altro”, Olivia Campbell si conferma rigorosa nella ricerca e appassionata nella scrittura. Aspettiamo fiduciose il prossimo libro.
© Riproduzione riservata

IL LIBRO

Olivia Campbell
Le ragazze della scienza. Come quattro donne sono fuggite dalla Germania nazista e hanno fatto la storia della fisica
Aboca
Traduzione di Simone Aglan-Buttazzi e Valeria Lucia Gili
Pagine 429
euro 20
L’AUTRICE
Olivia Campbell è una giornalista che si è occupata a lungo delle tematiche riguardanti le donne e la medicina. Suoi articoli sono apparsi sul “Guardian”, “Washington Post”, “New York Magazine”. Le ragazze in camice bianco. Come le prime donne medico hanno rivoluzionato la storia della medicina (Aboca, 2023) è il suo primo libro, un bestseller internazionale amatissimo negli Stati Uniti, selezionato da “Forbes” tra i dodici saggi del 2021 da non perdere e rimasto per diverse settimane nella top 15 dei libri più venduti di saggistica.
Della stessa autrice tra #ledisobbedienti:
https://www.ilmondodisuk.com/134892-2/

Sul tema donne e scienza tra #ledisobbedienti:
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-rosalind-franklin-la-scienziata-inglese-che-fotografo-il-dna/
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-lady-montagu-scrittrice-e-poeta-inglese-una-biografia-romanzata-di-chiara-ferraris-svela-la-donna-che-sperimento-il-vaccino-contro-il-vaiolo/
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-mulieres-salernitanae-limpegno-di-donne-mediche-che-curarono-imperatori-e-papi-dal-ix-al-xiii-secolo/
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-erika-maderna-alla-scoperta-delle-medichesse-quelle-donne-arse-sul-rogo-per-le-loro-conoscenze/
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-ada-lovelace-figlia-di-lord-byron-incantatrice-di-numeri-che-indico-la-strada-verso-il-computer/
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-nastassja-cipriani-e-edwige-pezzulli-raccontano-la-difficile-vita-delle-scienziate-un-un-mondo-dominato-da-pregiudizi/
sul tema accademiche ebree in fuga dall’Europa tra #ledisobbedienti:
https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-hannah-arendt-pensatrice-e-poeta-che-non-si-lascio-sconfiggere-dalla-paura-il-suo-ritratto-in-una-biografia-romanzata-di-hildegard-e-keller/

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.