Le disobbedienti/ Scellerate. Storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo: Antonella Finucci racconta il territorio attraverso voci femminili

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«La geografia è destino»: l’incipit è chiaro, Antonella Finucci in “Scellerate. Storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo” appena pubblicato da Radici edizioni, scrive di identità e territorio: «L’identità è, allora, autodefinizione tanto rispetto a noi stessi quanto rispetto al mondo e ai luoghi».
L’autrice racconta il paesaggio attraverso la storia di donne che con questo hanno vissuto in sintonia affrontando molti dei temi che, suscitando il mio interesse, propongo spesso ne #ledisobbedienti, il suo libro ne raccoglie diversi presentandoli in una successione che mi conforta nel pensiero che il cambiamento culturale al quale la mia generazione- e quelle precedenti – con pugnace passione si dedicano abbia gettato semi che germogliano perché coltivati da quelle venute dopo, giovani donne che si interrogano sull’oblio a cui chi le ha precedute è stata consegnata all’interno di società ispirate al patriarcato, sul modo in cui troppe tra loro sono state messe a tacere quando portatrici di pensiero scomodo e in contrasto con l’ordine costituito – recluse in spazi religiosi o murate in casa, internate in manicomio o arse sul rogo – sulla diversità di sensibilità tra uomini e donne intesa come ricchezza che da questa nasce e genera la necessità di ripensare lo spazio urbano come qualsiasi altro spazio progettato a sola misura d’uomo, raccogliendo il testimone anche nelle battaglie e nel lavoro avviato nelle commissioni comunali sulla toponomastica femminile per l’intitolazione di strade, vie, rotonde, giardini e luoghi anche alle donne.
Ecco, dopo aver colto questo nella scrittura di Finucci ho tratto un profondo respiro intriso di speranza e gratitudine e mi sono, con piacere, dedicata a un secondo piano di lettura soffermandomi sulle scelte di restanza, andanza e spartenza, sul potere delle storie raccolte, elaborate e tramandate  – fin dalla notte dei tempi – da donne che costruiscono il patrimonio culturale collettivo di una comunità… le scellerate, donne che «non compirebbero mai nessun delitto e abominio, quindi, ma che considerano finalmente abominevole e delittuoso uccidere se stesse, vivendo meno intensamente per non ferire qualcun altro», mi hanno accompagnata nel racconto di luoghi che rappresentano l’origine e il sostrato sul quale si fondano le radici di ognuno, quel racconto che l’autrice, con uno stile personale che prende un po’ dalla saggistica, un po’ dalla narrativa e un altro po’ dall’autobiografia presenta con penna lieve.
Mi sono immersa in storie che racchiudono aspetti e discipline diverse legate allo studio del paesaggio e del territorio. Storia, geografia, geologia, demo etno antropologia, paleontologia, biologia, archeologia, botanica e sociologia che, tutte insieme, concorrono a creare un itinerario di lettura per il territorio abruzzese. Se non avessi letto le note biografiche dell’autrice avrei scommesso su un percorso universitario in scienze politiche, tanto desiderio di multidisciplinarietà mi accomuna ed entusiasma, le letture monotematiche non fanno per me.
In alcuni tratti emerge profonda una Natura intesa alla maniera del Romanticismo: indomabile, trascendente e travolgente in altre essa è panorama punteggiato dalla presenza umana ma mai, veramente, addomesticata e così è l’autrice, seppure il suo scrivere possa apparire, prima facie, come di persona che placida attraversa il ricordo e i paesi marsicani a chi ponga attenzione non sfugge il guizzo – quel che lei definisce  scintilla- di un’intelligenza vivace e dinamica alla ricerca di connessioni e molteplicità di chiavi di lettura in cui cercare risposte.
L’Abruzzo e chi ne è figlio/a viene presentato come luogo aspro, selvatico, schivo e autentico dove la montagna forgia il carattere di persone che sanno aprirsi con chi a quella terra amata si accosta con rispetto e amore.
Il viaggio proposto a chi legge è solo un assaggio del lavoro di scavo intrapreso, è il distillato di un’esperienza di ricerca identitaria che da individuale diventa collettiva catturando il respiro di più personalità che, nel corso del tempo, hanno contribuito a plasmare il territorio abruzzese e la storia di chi scrive.
Finucci conferma la scelta della scrittura, da parte delle donne, come strumento di costruzione e definizione identitaria singolare creatrice di testimonianza di un patrimonio intangibile che del racconto fa pietra angolare. L’attenzione e l’interesse per le parole è più volte ribadito, esse sono il modo in cui nominando le cose le legittimiamo conferendo loro visibilità ed esistenza, questo è il motivo per il quale credo fermamente nell’uso di una lingua, scritta e parlata, in cui la declinazione femminile diventi normalità condivisa e non casus belli che porti a schierarsi su fronti contrapposti.
Le parole dichiarano chi siamo, cosa pensiamo e quali siano le nostre idee. Sono certa che a questo esordio seguiranno altri testi e prefiguro nuove sperimentazioni in cui Finucci mischierà discipline, interessi, piani di lettura, curiosità ed esperienze. Le scellerate sono un gran bel gruppo di donne che meritano di esser conosciute, donne che del proprio lavoro fanno una passione, che esprimono convinzioni senza timore e che della tenacia e determinazione hanno fatto scelta di vita: pastore, scrittrici, geologhe, ribelli e brigantesse. Donne che, anche se fisicamente non si muovono dal paese in cui sono nate, vanno, vengono e ritornano con i loro pensieri cambiando le cose.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Antonella Finucci
Scellerate. Storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo
Radici edizioni
pagine 294
euro 17

L’AUTRICE
Antonella Finucci, laurea in Lettere e master in Editoria, giornalismo e management culturale, è docente e giornalista. Ha collaborato come addetta stampa per Einaudi Editore, è stata redattrice per LT Multimedia, direttrice responsabile del trimestrale «Autismo & Co.» e speaker radiofonica nella trasmissione Ticket to ride di Radio L’Aquila 1. Scellerate è il suo primo libro.

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