Da Renato Aiello giornalista pubblicista fotografo freelance, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Qualcuno si meraviglia ancora di fronte alla possibilità di una fotografa donna, mi raccontò tempo fa un’amica di Napoli, anche lei appassionata e occupata in questo settore. Sembra assurdo, visti i tempi e i risultati dell’emancipazione femminile, e soprattutto alla luce di grandi professioniste che hanno fatto la Storia di questa arte, da Diane Arbus a Dorothea Lange, senza dimenticare Francesca Woodman.
A sfatare ancor di più questo bizzarro stupore maschile davanti al successo di una donna impegnata nella fotografia, e che si spera sia circoscritto a questa città, ci penserà Viviana Rasulo a breve. Alla prestigiosa SVA – School of Visual Art di New York di 136 West 21st, Room 418, infatti, martedì 19 settembre, giorno in cui Napoli festeggia San Gennaro, la fotografa partenopea Rasulo presenterà il suo ultimo lavoro Living fabric.
La conferenza che vede coinvolta, insieme alla fotografa, anche la curatrice Chiara Reale, giornalista e firma di Racna Magazine, è inserita nell’ambito del NY Photo Salon, ciclo di incontri aperti al pubblico in cui si presentano i più interessanti progetti fotografici del mondo, analizzandone il processo creativo, la realizzazione e le possibilità editoriali.
Un progetto molto intimo quello proposto alla SVA dalla Rasulo: differentemente dai suoi trascorsi ambiti di interesse, sempre proiettati verso il sociale e verso il “mondo esterno”, in questa occasione l’artista rivolge l’obiettivo della macchina fotografica verso se stessa.
«Le fotografie del progetto Living Fabric di Viviana costruiscono un tessuto emozionale, in cui l’artista emerge secondo un rapporto figura-sfondo – spiega la Chiara Reale nelle note da curatore – I ricordi per immagine si ricombinano secondo una linea temporale non definibile: la bambina è spalla a spalla con la donna, le ferite dell’infanzia si riaprono in quelle della maturità. Le fotografie hanno così un’indefinibilità temporale ma una netta riconoscibilità spaziale. Le stanze di antiche case napoletane, vuote o con piccole cose, sono sempre abitate dalla fotografa, come un guscio in cui muoversi per ritrovarsi, al riparo dal mondo».
Appuntamento, quindi, alla Grande Mela per i pochi italiani e napoletani fortunati di passaggio lì, o per lavoro o per vacanza o per studio a “Nuova York”, nell’attesa di vederne la mostra anche nella Nuova Polis, la nostra Neapolis che viaggia quasi sullo stesso parallelo della grande metropoli americana, per una volta anche nel segno dello spirito creativo e artistico.
Renato Aiello