SECONDA PUNTATA
Gabriella carnale, come la donna della porta accanto. Di lei hanno scritto bellissime parole, come queste. «È già evidente, seppur in forma ancora rustica, il gioco di contrasti che avrebbe reso celebre l’artista: le strofe sono tese, con le corde di chitarra a trillare freneticamente, generando un’atmosfera di incertezza e sospensione, mentre i ritornelli sono liberatori e densi di passione. Questi sbalzi d’umore e timbro non sono che i primi esempi di uno stile di canto con pochi eguali nel mondo, e praticamente nessuno in Italia. Negli anni a venire sarebbero stati portati al parossismo e deformati in maschere grottesche».
L’artista riuscì a dare sentimento e passione, per esempio, a un brano come Le mantellate, scritto da Giorgio Strehler e Fiorenzo Carpi, interpretato da Ornella Vanoni. Proprio attraverso la sua carnalità, esprimendo appieno la sua potenza, come evidenzia qualche critico musicale, con uno «spartano ma suggestivo arrangiamento per chitarra e organo elettrico, la voce incredibile che procede depressa, si innalza lentamente, poi sembra scemare in un sussurro e all’improvviso impenna, arrochendosi e ruggendo».
Il testo la ispira in maniera particolare: Le mantellate so’ delle sore, ma a Roma so’ soltanto celle scure. Ma Cristo nun ce sta drento a ‘ste mura, mo’ che parlate a fa’, mo’ che parlate a fa’, qua drento ce sta solo infamità.
Aveva una grande sensibilità per alcuni temi, e in particolare, per la reclusione. Per le donne che venivano profanate nel loro essere e per le donne abbandonate nelle mure dei viali che costeggiano Regina Coeli. Ma anche per i diritti: era un’anima che urlava le sue verità, denunciando il tutto con lo strumento più bello del mondo…. La sua intensa voce.
Molti non ricordano Gabriella Ferri (soprattutto le nuove generazioni), ma tanti la omaggiano, come la poliedrica artista napoletana Antonella Morea che le ha dedicato un emozionante spettacolo, “Io la canto così”. Lei stessa ci spiega al telefono il perché di questa scelta: «Anni settanta. Il periodo post 68 dove noi donne eravamo agguerrite volevamo la parità dei diritti, lottavamo per un mondo equo –adesso si dice- le quote rosa- (ride). Erano i tempi di Rosa Balestrieri, Maria Carta, la nostrana Concetta Barra, Gabriella Ferri era il mio idolo,l’amavo,io adolescente,capelli biondi, mi truccavo come lei, vestivo come lei e cantavo i suoi brani accompagnata solo dalla chitarra. Mi chiamavano la Gabriella Ferri napoletana. Cosi nasce uno speciale spettacolo dedicato a una delle più grandi interpreti del panorama musicale italiano. Il tutto nasce da una idea di Fabio Cocifoglia, che mi propose questo progetto, io entusiasta gli dissi che mi invitava a nozze, cosi scegliemmo i brani e a quattro mani scrivemmo dopo oculate ricerche la sceneggiatura. Tutte le canzoni di Gabriella mi fanno emozionare, ma quelle che preferisco sono Sempre, Er Zelletta, e la straordinaria Il valzer della toppa. Lo spettacolo lo propongo da qualche anno da anni e mi ha dato tante soddisfazioni. E’ un modo per dire che Gabriella ha lasciato una sua impronta importante nel mio e nel cuore di tutti».
Ringraziamo la signora Morea per le belle frasi appassionanti, sperando di rivederla presto in scena con questo omaggio. E a proposito del brano Il valzer della toppa ricordiamo che fu scritte da Per Paolo Pasolini e la musica composta da di Piero Umiliani. La prima a interpretarla, Laura Betti. Ne riproponiamo un accenno ai nostri lettori: Me sò presa la toppa/ e mò so felice!/Me possi cecamme/me sento tornata a esse/un fiore/de verginità!/Verginità! Verginità!/Me sento tutta verginità!/Che sarà!/Che sarà!/Che sarà!
Impossibile non citare la struggente Sempre ( testo Mario Castellacci, musica Franco Pisano): Anche tu così presente- sempre/così solo nella mia mente – sempre/tu che sempre mi amerai – sempre/tu che giuri e giuro anch’io – sempre/anche tu amore mio – sempre/così certo e così bello./Anche tu diventerai/come un vecchio ritornello/che nessuno canta più/come un vecchio ritornello/che nessuno canta più.
Ci piacerebbe riportare tutti i testi delle canzoni scritte e interpretate da Gabriella, ma vi consigliamo di ascoltare la sua possente, particolare voce attraverso cd che si trovano in commercio a poco prezzo , oppure su you tube…. Vi emozionerete. E se interecettate una nuova data dello spettacolo di Antonella Morea, andate a vederlo, perché è una delle poche voci rimaste che può ridarle vita.
Ma riprendiamo il filo del nostro ricordo. A Gabriella affibbiavano nomignoli come La bella e triste signora, La testaccina: lei era amata e considerata una delle più straordinarie, graffianti, rabbiose voci. Dal suo pubblico, ma anche da personaggi come Renzo Arbore (con cui ebbe una storia d’amore) o Maurizio Costanzo che la volle spesso nei suoi format televisivi come lo stesso Gianni Minà, mentre Pino Strabioli, oltre a un’accorata intervista televisiva, ha scritto un libro che ripercorre la vita dell’artista.
Gabriella Ferri sempre (Iacobelli edizioni). E’ come leggere un album pieno di emozionanti emozioni, autorizzato dalla famiglia. Nel libro ci sono immagini selezionate da Seva jr, figlio di Gabriella, e dal marito, Seva Borzak. Mentre Strabioli scrive con il cuore. Tutti volevano intervistarla, anche solo conoscerla, ascoltare le sue perle di saggezza popolare, anche artisti famosi volevano duettare con lei. Perché lei aveva una dimensione internazionale, oltre a doti non comuni. Negli Stati Uniti porta Folkitalia (in compagnia di Caterina Bueno, Otello Profazio e Matteo Salvatore).
Finita la tournée statunitense, torna a Roma , debutta al Bagaglino, nella compagnia di Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci. Dopo questa esperienza, incide un 45 giri per la Rca, arriva la sua unica partecipazione a Sanremo, poi riprende a recitare al Bagaglino, pubblica il suo secondo album- sempre con la Rca.
Naviga tra alti e bassi, con scelte di nicchia, sempre di gran classe, come la scatenata Aristornelli antichi, o la bella Buttana di ti mà di Rosa Balestrieri. Inizialmente Gabriella non è un prodotto commerciale: il folk, gli stornelli, il suo modo di fare musica settoriale sono per palati fini, ma presto il grande pubblico imparerà a conoscere e riconoscerne il talento, specialmente quando propone brani come la mitica Rosamunda, o l’arcinota Tanto pe’ cantà di Ettore Petrolini.
E che dire di La Pansè e di Chitarra romana, brani cui Gabriella dava una sua personale e particolare interpretazione. Le sue corde vocali erano strumenti struggenti, anche quando cantava canzoni leggere e allegre.
Non solo folk, ma anche musica latina. Così Gabriella sceglie Ti regalo gli occhi miei, in versione spagnola che diventa Te regalo yo mis ojos: lanciata sul mercato sudamericano, diventa un successo in Argentina, Venezuela e Cile dove supera il milione di copie vendute. Il brano spopola, spingendo la cantante a intraprendere un tour in quei paesi dove verrà accolta come una star.
Gabriella propone spesso cover riarrangiate accolte con grande entusiamo dal pubblico. E dsopo l’ultima tournée sarà più presente in televisione e ci regalerà ancora emozioni incredibili e passionali come solo lei sapeva. Amatissima dal grande pubblico che finalmente l’apprezza totalmente, anche per la sua capacità di contaminarsi musicalmente, per il suo anticonformismo, per la sua semplicità nel proporsi.
Quando muore il padre, Vittoriom Gabriella non accetta il lutto e cade in depressione. Ritorna in tv, incide un disco… ma il suo piglio teatrale, musicale, vocale e clownesco sembra essere appannato da una tristezza che lei non metabolizzerà mai più.
Si trasferisce in America, ritorna in Italia, incide un bellissimo singolo dal titolo Er zelletta, riappare a “Biberon” cantando la sigla, quella sarà la sua ultima partecipazione. Ritornerà in seguito per brevi interviste, regalandoci ancora qualche sua canzone.
Gabriella resterà sempre… nella nostra mente, ci allieteranno i suoi suoni e le visioni di quando cantava Io cerco la titina, Pe’ lungotevere, Tutti al mare con il suo ritornello Tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare– ma anche brani di musica latina come La paloma, habanera composta dall’autore spagnolo Sebastián Iradier, Cielito lindo, La cucaracha…
Che bello ricordarla, non basterebbero fiumi d’inchiostro per descriverla… Non ci resta che salutarla, a modo nostro, con il verso di una celebre canzone napoletana: Addio uocchie e voce c’arraggiunate, staje sempre jnte o core nuosto.
(2.fine)
PRIMA PUNTATA
“Gracias a la vida” è la canzone folk dedicata al popolo cileno, oppresso dalla dittatura fascista di Augusto Pinochet. Grazie alla vita che mi ha dato tanto/Mi ha dato il cuore che agita la sua cornice/Quando guardo il frutto del cervello umano/Quando guardo al bene così lontano dal male/Quando guardo profondamente nei tuoi occhi chiari/Grazie alla vita che mi ha dato tanto/Mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto/Così io distinguo la felicità dal rimpianto/I due materiali che formano il mio canto/E la vostra canzone che è il mio stesso canto/E la canzone di tutti che è il mio proprio.
Simboliche parole, composte e cantate da Violeta Parra, icona della cultura popolare sudamericana, musicista, cantante, cantautrice, poetessa dimenticata, paladina dei diritti, ma anche, pittrice, scultrice, intellettuale cilena, morta suicida, vittima dell’amore nel 1967.
Parole emblematiche, interpretate da un’altra icona della cultura popolare, Gabriella Ferri. Cadendo dal balcone della sua abitazione il 3 di aprile 2004 e la famiglia prende le distanze dalla tesi di un presunto suicidio. A lei dedicheremo questo nostro nuovo itinerario tra gli indimenticabili.
Come tutte le grandi, amava e interpretava Napoli, sul piccolo schermo cantava “Dove sta Zazà” : lei vestita da clown nell’omonimo programma tramesso per quattro settimane il sabato, in prima serata.
Il programma viene realizzato a colori, con una scenografia di Tullio Zitkowsky, ma i telespettatori dell’epoca lo videro in bianco e nero, dato che i televisori in grado di ricevere il segnale televisivo a colori in Italia arrivarono solo alla fine del 1976.
Va in onda sul programma nazionale (l’odierna Rai 1) e spopola dando una sua interpretazione della famosa canzone napoletana, ma anche di “Ciccio formaggio”. Gabriella vi imprime la propria personalità, usando l’inconfondibile voce, suoni di mille strumenti, urla di anima. Con ammiccamenti ironici canta anche la celebre “A cammesella” in coppia con Enrico Montesano.
In seguito tutte le sue versioni del bel canto napoletano sono state speciali, come quella di Malefemmina (lei dichiarava spesso Vorrei essere Totò). Oppure di: ‘A tazza ‘e cafè, Reginella, O surdato ‘nnammurato, ‘O Sole mio, Marechiaro, Comme facette mammeta, ‘A casciaforte, per il modo innovativo di proporle.
Romana del rione Testaccio, Gabriella nasce il 18 settembre 1942. Suo padre, Vittorio, è un ambulante con velleità artistiche. E trasmette alla figlia gran parte del repertorio tradizionale romano. Ha comportamenti tirannici e la allontana proprio per questo, involontariamente. Irrequieta, diversa dalla classica ragazza di quartiere popolare, lascia la casa paterna. Ma è un distacco periodico, fatto di lunghi silenzi e riavvicinamenti. Vittorio scrive per lei il testo che presenta a Sanremo, Se tu ragazzo mio, brano che mescola rhythm and blues, folk e arrangiamenti barocchi. Lo canta in coppia con un giovane Stevie Wonder, ma viene eliminata al primo turno e a Sanremo non tornerà più.
Il disco, comunque, è un successo. E la canzone viene reinterpretata da molti altri artisti. Com’è bella Gabriella quando si presenta sul palco dell’Ariston, statuaria in minigonna, capelli corti, uno spettacolo vederla e ascoltarla.
Come coniglietti delle fiabe saltelliamo nella vita di Gabriella senza datare i suoi percorsi perché lei non è la storia, ma il mito. Quando non è ancora famosa, si esibisce nei piccoli spazi, ma il suo nome gira negli ambienti della cultura musicale. Persino Anna Magnani vuole conoscerla, e va ad ascoltarla.
Gabriella, avvertita della sua presenza nel pubblico, emozionata e tremante inizia la sua performance.La Magnani è in prima fila, indossa un cappottino con collo di pelliccia. E, dopo l’esibizione, le fa i complimenti con parole calde, cortesi.. e romanesche.
Come si forma la più abbagliante stella che il folk italiano abbia mai generato? Dopo aver tagliato il cordone ombelicale con il papà, va a lavorare come commessa in un negozio di Piazza del Popolo. Sono i giorni in cui si sviluppa una bella amicizia con la figlia del regista Giuseppe de Santis, Luisa. Le due entrano subito in sintonia e, vista la passione che coltivano entrambe per il repertorio popolare, si ritrovano a cantare brani in romanesco.
Luisa propone di trasferirsi a Milano e, sfrutta le conoscenze del padre Giuseppe, uno dei nomi di punta del neorealismo. Così si aprono le porte dei salotti intellettuali, conoscono Enzo Jannacci, colpito dalla loro bravura, riesce a farle esibire all’Intra’s Derby Club.
Arriva subito il primo contratto: le due attirano l’attenzione del discografico Walter Guertler, che entusiasta le mette sotto contratto per la Jolly, poi Mike Bongiorno le chiama a partecipare alla trasmissione “La fiera dei sogni”, dove cantano La società dei magnaccioni. E’ il primo approccio di Gabriella con il pubblico televisivo.
Luisa de Santis trova stressante il lavoro di musicista e dopo un paio di anni il duo si scioglie, ma il rapporto non si rompe.
Gabriella, decisa, testarda e innamorata del proprio mestiere, continua. Non solo musica, ma anche teatro, televisione a altro, un lavoro fine e raffinato di ricerca musicale, dal valore quasi antropologico.
Un cervello creativo: è una delle prime donne in Italia a firmare i propri brani, che affianca poi ai grandi classici della tradizione popolare e non. Grazie alla sua caparbietà incide il suo album di debutto, Gabriella Ferri.
Belle canzoni, come la conosciutissima Barcarolo romano ma anche Er carrettiere a vino, L’eco der core, in più cinque brani registrati insieme a Luisa prima della separazione, e una copertina innovativa che anticipa quella di Blue di Joni Mitchell.
Tutti si innamorano di Gabriella. Nell’immaginario collettivo, potrebbe essere la donna della porta accanto, quella che ti prepara le puntarelle (punte di cicoria) oppure la signora napoletana che ti prepara il caffè con la macchinetta che stringe in mezzo ai seni. Insomma, non una star ma una bella femmina di quartiere…
(1.continua)
In foto, una giovane Gabriella Ferri