“Avevo paura. Tanta angoscia dentro di me..Terrore di sbagliare. Sentivo nella mia testa sempre la tua voce “Non sei capace di fare niente”. Adesso vorresti dirmi che non è vero. Hai ragione, tu non parlavi, ma io leggevo nei tuoi occhi il disprezzo per il mio modo di essere impacciato, timido, inefficiente. Tu guadagnavi più di me e io mi sentivo un fallito, anche se mi rassicuravi “Va bene cos, non ti preoccupare. Guardati intorno, vedrai che qualcosa cambier …” Ogni tentativo che facevo non andava in porto. Progettavo, disegnavo, proponevo. Non mi sentivo n un artista, n un architetto, ma un vuoto a perdere. Tutte le idee considerate da me fantastiche venivano demolite da un rifiuto che mi faceva a pezzi. Tornavo a casa e tu non c’eri. Eri troppo occupata nel tuo studio di avvocato. Mi telefonavi sul cellulare verso sera con le solite frasi “Dove sei ? Sei rientrato? Ho preparato tutto. Devi solo cenare”.
Ti odiavo, io avevo girato senza meta per tutta la giornata perch non potevo starmene tappato tra quattro pareti e tu lo sapevi bene. Disoccupato da due anni , nemmeno la scuola mi cercava più. Detestavo quella tua aria apparentemente tranquilla, nei pochi momenti in cui riuscivamo a incontrarci. Ti volevo vedere morta… E quando ho affondato il coltello di notte nella tua gola, ho avvertito un senso di sollievo. Anche adesso, dietro le sbarre, non riesco a pentirmi di quello che ho fatto. Potevi essere migliore”.
Dieci anni dopo, era stato scarcerato. Buona condotta, forse perch riusciva a scaricare i suoi pensieri in piccolo quaderno nero che avevo bruciato prima di essere liberato. Camminava disorientato nella citt ancora addormentata. Non aveva nessuno, n parenti, n amici. Si rifugiò in un caffè gi aperto. “Cappuccino e brioche” aveva detto senza nemmeno guardare in viso chi era dietro il bancone del bar. Adesso poteva spendere soldi suoi per fare colazione. In cella aveva guadagnato qualcosa. I suoi disegni erano stati venduti in una manifestazione di beneficenza. C’era chi gliene aveva richiesti altri, probabilmente per buonismo, piet , compassione… E prima di uscire il direttore gli aveva infilato un biglietto in tasca ecco il numero di un negozio di design. Cercano arredatori. Al proprietario ho parlato di te”. L’aveva preso senza molta convinzione. Non era riuscito a essere scortese con lui.
“Buono, eh. ? Pensa che questo è l’ultimo che bevi… I tuoi occhi. Sono come i suoi. Erano maligni, tagliente, sinistri. Uguali ai suoi Avrebbe la tua et adesso… Se io non lo avessi avvelenato quel giorno, come ho fatto adesso con te . Un veleno insapore, ma fulminante. Spacca il cuore, lo arresta, non lascia tracce. Mi guardi smarrito… Lo odiavo, per quelle sua aria da padrone che mi impediva di vivere… E per quelle sue mani sporche che mi afferravano dio notte sotto le coperte quando dormivo nella mia camera. Arrivava in punta di piedi per non farsi sentire da mia madre.… Quando nessuno lo vedeva, s’infilava nel mio letto e mi tappava la bocca. Ero paralizzata dallo spavento…. Ti manca il respiro, è vero? Devi pagare anche tu…”
Era crollato a terra. La ragazza urlò, qualcuno accorse, dopo aver chiamato la polizia. Arrivò una volante dopo una decina di minuti. Un uomo e una donna in uniforme entrarono e l’interrogarono. Poche domande, normale routine.
La ragazza s’inginocchiò davanti al corpo e si fece il segno della croce “Poveraccio. Una persona gentile. Somigliava tanto al mio pap ” .
*La sera del 25 maggio 2011 il teatro Sannazaro di Napoli, salotto di via Chiaia- reso celebre dall’indimenticabile Luisa Conte con la sua compagnia (dal 1971 fino alla sua scomparsa dell’attrice nel 1994)- si affolla di donne e uomini per lo spettacolo “Libere” di Cristina Comencini diretto da Carlotta Cerquetti, con Antonella Stefanucci e Chiara Baffi. L’evento è organizzato dall’associazione napoletana”Tempo Libero” che ripropone il dialogo tra due generazioni differenti – una ragazza e una signora- ( andato in scena a Roma (con Lunetta Savino e Isabella Ragonese), richiesto- in replica- da tutta Italia. “Libere” diventa simbolo dell’indignazione delle italiane e degli italiani scesi in piazza il 13 febbraio per manifestare contro la rinnovata marginalit sociale e politica femminile, guidati dalla rete “Se non ora quando”, oltre i simboli di partito. Un movimento ancora vivo, che la scorsa estate si è ritrovato a Siena per ribadire la necessit di voltare pagina, traghettando il Paese verso un cambiamento reale. Il mondo di suk magazine ne ripercorre le tappe, dando la parola a chi lo ha interpretato, condiviso o solo osservato, da quell’immenso palcoscenico che è la vita.
A questo numero ha collaborato Francesca Panico
In copertina, scatto di Chiara Riccio, dal concorso "Fotografa il maggio" promosso da ilmondodisuk con l’Associazione Oltre il chiostro e l’Accademia di Belle arti di Napoli