“Oggi Jennifer ha un corpo pesante, schiacciato dall’et oltre che dalla sua ambiguit . Un corpo vecchio, un corpo ai margini del tempo. Il maniaco che si aggira per il quartiere di questa mente desolata non è che lo spettro-spauracchio di questa sorte inesorabile che precipita su tutti noi al calar della sera”, scrive Pierpaolo Sepe nelle note di regia al nuovo adattamento del più frequentato tra i testi di Annibale Ruccello, “Le cinque rose di Jennifer”, al Teatro San Ferdinando di Napoli fino a domenica 4 marzo.
Una commedia amara che nella sua farsa grottesca si rivela più autentica della vita stessa. E quando, ormai, gli slanci della verde et sopravvivono a stento in un deformante apparato, retto da menzogne e illusioni nient’affatto consolatorie, resta solo una solitudine gridata, che tutto travolge e divora. Quasi a voler contendere la scena ai due attori protagonisti, Benedetto Casillo (Jennifer) e Franco Javarone (Anna) che con misura e ironia recitano il dramma di due esistenze parallelamente in attesa che, prima o poi, arrivi a ciascuno il suo Godot.
I pensieri, le movenze e i rituali sono di donna ma, complice una fisicit memore di una gradevolezza passata, il maschile emerge, sfumando i contorni e rendendo sempre più evanescente l’identit sessuale. In una scenografia scarna campeggia in primo piano un vaso di rose, testimone muto di una morte annunciata.
In foto, Casillo interpreta Jennifer
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