Attenzione, questo è un pianeta ossessionato dal sesso. Con il mirino puntato sulla donna. Non è solo questione da paesi islamici. Da Sanctorum (candidato repubblicano alle presidenziali Usa, antiabortista e omofobo) a Berlusconi, galoppa una paranoia sessuale fondamentalista pericolosissima, un pernicioso conservatorismo globale. Parla con il cuore la blogger/giornalista egiziana, con domicilio newyorkese, Mona Eltahawy, che ha concluso in Italia il suo giro per diffondere il grido di un’opposizione a oltranza contro una mentalit ottusa e conservatrice, dopo la rivoluzione che ha portato gli egiziani (e lei tra loro) in piazza Tahir, il 25 gennaio 2011, sfidando e subendo la violenza dei guardiani del “regime Mubarak”.
L’ORRORE DELL’OPPRESSIONE
In un’aula affollata di studenti dell’Universit l’Orientale di Napoli, a Palazzo Mediterraneo, scorre la seconda appassionata conversazione (la prima l’ha affrontata all’istituto italiano per gli studi filosofici per la kermesse L’arte della felicit incentrata quest’anno sulla verit ) promossa dal consolato statunitense a Napoli. E’ proprio il console per la stampa e la cultura, James Rodriguez, a introdurla, sottolineando l’interesse e la delicatezza del tema al centro del dibattito, “New media e free speech”(Nuovi media e libert di parola) che affida alle donne un ruolo in prima linea. «E’ importante che ci siano qui tante donne. Ma è un argomento di estrema importanza anche per me che ho tre figlie». Sorride lasciando il microfono in mani femminili. Tra Giuliana Cacciapuoti (se non ora quando), Marina De Chiara (centro archivio delle donne) e Tiziana Terranova (dottorato in studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono), Mona afferra l’anima del pubblico e ne stimola le domande, partendo dalla propria esperienza. Facendo emergere la ferocia del passato che non vuole morire e la speranza per gli anni che verranno.
La marcia delle donne egiziane comincia prima che il vento nuovo della libert soffi sul Maghreb. L’oscura idea che il loro corpo appartenga a tutti è squarciata dal lampo delle attiviste che fanno circolare sui canali indipendenti satellitari l’orrore dell’assalto sessuale collettivo al Cairo nell’ottobre 2006, durante la festa musulmana, filmato con i loro telefonini. E’ un pugno in faccia all’uomo e alla sua dittatura di maschio. «In quel momento- sottolinea- fu chiaro che esistevano due realt , quella dell’uomo e della donna . E che fatti cos scioccanti potevano avvenire ogni giorno».
LA LINGUA DEI DIRITTI
Il vero inizio del cambiamento, nella protesta di piazza Tahir. C’erano uomini e donne che denunciavano una dittatura abituata a brutalizzare tutti e intonavano la lingua dei diritti per ciascun individuo. Ora, invece, è in atto la seconda rivoluzione, quella della mente che deve porre alla ribalta il problema di genere, la differenza, la trasformazione morale e sociale (con uguali opportunit di lavoro).
Ottimista, Mona. Prender nuove forme, la rivoluzione, e camminer ancora sulla strada d’Internet, purch le denunce siano autentiche (anche se anonime) e non false, come il caso della lesbica siriana (arrestata a Damasco) su facebook, rivelatosi un “fake”.
L’APPOGGIO DELL’OCCIDENTE AI DITTATORI
Accorata, coglie al volo l’amarezza della studentessa Lara Al, rappresentante della “primavera tunisina”, intervenuta nel dibattito per sottolineare come resistenti siano ancora gli stereotipi occidentali che disegnano l’universo musulmano popolato da uomini violente e donne velate (quindi, sottomesse) e una rivoluzione generata dalle forze politiche straniere, non nata dalla sofferenza e dalla capacit di autonomia delle persone, decise a voltare pagina.
«E’ una rivoluzione- ribadisce Mona- che appartiene al mondo intero, nata dal coraggio di chi è andato in strada superando anche il veto delle proprie famiglie conservatrici, preoccupate per il rischio cui si esponevano i loro figli. Per abbattere i luoghi comuni occorre divulgare quello che è successo e succede. La sfida dei prossimi cinque anni va in questa direzione ridefinire il concetto di stabilit per gli alleati dell’Occidente che non devono rapportarsi a un dittatore, ma a una comunit intera». A un popolo capace di far saltare gli equilibri internazionali.
Nella foto di homepage, Mona mostra la maglietta di "Se non ora quando" (che le è stata appena regalata) come simbolo della lotta di tutte le donne del mondo per difendere la propria dignit