Il sorriso. Quello di Amato Lamberti la signora cupa e accigliata che ha bussato ieri sera alla porta della sua vita non lo potr strappare ai familiari, agli amici, a tutti quelli che lo hanno conosciuto.
Da quando lavorava come assistente alla cattedra di sociologia dell’arte e della letteratura di Alberto Abruzzese, per gli studenti era un punto di riferimento. Esami di gruppo, negli anni settanta. Lui era l, a porre domande, con la serenit di chi voleva dialogare e non intimorire, le ragazze e i ragazzi di fronte a lui cominciavano a rilassarsi, sciogliendo la tensione nella fluidit del discorso, in una normalit che per lui era la regola. Logico, quindi, affidargli, nella prima giunta Bassolino, negli anni novanta, come assessore, proprio la delega alla normalit , la più difficile in una citt che corre da sempre pericolosamente sul filo dell’illecito, anche nella quotidianit . E in tutto il suo lavoro di sociologo il nodo centrale era quello offrire ai ragazzi esposti all’illegalit giorni normali, nutriti da formazione, cultura, istruzione.
Sorrideva Amato, anche da presidente della Provincia di Napoli. I problemi li affrontava senza alzare mai la voce. In un’intervista di qualche anno fa al quotidiano locale “Napolipiù”, aveva raccontato come avesse trovato il modo di risolvere il problema spazzatura con una differenziata in anticipo sui tempi, separando il secco dall’umido e riciclando i rifiuti secondo tecnologie possibili gi dieci anni fa. Ma la burocrazia aveva mandato a monte tutti suoi sforzi di organizzazione. Senza mai spegnere la sua tranquillit .
Parlando con la giornalista che raccoglieva le sue dichiarazioni, si diceva disposto a correre alle amministrative come candidato sindaco partenopeo per realizzare quell’idea di normalit in una citt che amava, pur non essendoci nato, e che avrebbe voluto veder rifiorire. Perciò cercava di “curarla”, persino con piccoli gesti. Ogni mattina, venendo da Salerno dove abitava, per raggiungere la sede dell’Universit Federico II dove insegnava, portava in auto un sacchetto di sabbia per riempire un’enorme buca in via Marina che metteva a repentaglio la sicurezza di automobilisti, motociclisti e pedoni.
Con malinconia aveva ricordato quella telefonata di Giancarlo Siani, assassinato nel settembre del 1985, e suo collaboratore dell’Osservatorio della camorra della Fondazione Colasanto che aveva creato e diretto poco prima di morire, il cronista del Mattino gli aveva dato un appuntamento che non avrebbe mai potuto rispettare. E interrogativi irrisolti su quella morte, mentre veniva intervistato, gli affollavano i pensieri. Ma in chi lo ascoltava, ha lasciato la speranza della tenacia. Quella speranza, adesso, colma il vuoto della sua assenza.
Nella foto, Amato Lamberti
L’addio ad Amato oggi pomeriggio, ore 17, a Salerno nella chiesa dei Salesiani, in via Francesco La Francesca