Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo di seguito il testo scritto da Jean-Noël Schifano per la mostra “Vico” dell’artista napoletano Lello Esposito, curata dallo scrittore ed editore francese, cittadino onorario di Napoli.
L’esposizione s’inaugura venerdì 11 maggio, alle 18,30, nell’albergo di via Ponte di Tappia 25 : così l’hotel Renaissance Naples Hotel Mediterraneo reinterpreta i corsi e ricorsi storici del filosofo cui è dedicata la kermesse partenopea il Maggio dei Monumenti per i 350 anni dalla sua nascita.
“La natura de’ popoli prima è cruda, dipoi severa, quindi begnina, appresso dilicata, finalmente dissoluta… Tutte le storie barbare hanno favolosi principi.” E si ricomincia da capo… In breve, e pro memoria vichiana, i cicli:
Epoca prima : Senso – Infanzia degli indidui – Primitivi, barbarie delle Nazioni – Segni ieroglifi per le lingue – Teocrazia per i governi – Dei per i miti – Niente arti, salvo le illustrazioni dei Giganti.
Epoca seconda : Fantasia – Adolescenza – Prime forme di civiltà – Paragoni e metafore per le lingue – Aristocratico governo – Eroi per i miti – Poesia spontanea per le arti – Omero, Dante (ricorso).
Epoca terza : Ragione – Maturità – Civiltà raggiante – Lingue volgari – Governi ugualitarii – Uomini per i miti – Poesia d’arte e filosofia – Scienzati, filosofi, poeti moderni.
E si ricomincia da capo… Sospesi che siamo, dalla notte dei tempi, nei corsi e i ricorsi, nel punto centrale della spirale vichiana, come nell’occhio del ciclone storico, dove s’immobilizza la Storia.
Vico (1668-2018), 350 anni dalla nascita, e sempre nel cuore dell’universalità napoletana. Solo un artista napoletano, dalla linfa creatrice napoletana – più si è napoletani, più si è universali – poteva tentare di rappresentare, con i segni più profondi e durevoli di Napoli, il turbinio incessante della storia umana che, nell’ammirazione costante degli storici e dei filosofi, ci ha intellettualmente rappresentato Giambattista Vico nella Scienza Nuova, libro scritto e pubblicato sotto il governo più ammirevole che abbia conosciuto Napoli fino ai nostri giorni, quello di Carlo III.
Una scommessa per un artista, i corsi e i ricorsi da fare vedere, da fare toccare in una mostra unica, in una istallazione polifonica, con un solo colpo d’occhio… Lello Esposito poteva misurarsi a Giambattista Vico, lo sapevo seguendo da più di trent’anni il suo creare con la creta, con il bronzo, con i colori sulle tele l’anima carnale di Napoli.
Bisognava fare eco nei secoli, scegliere un’anno che ripercuote la Storia di Partenope, trovare la voce di Vico che parte da Omero, come Napoli parte dal canto delle Sirene venute da Rodi, dalla fondazione rodiana della Città.
Ab ovo, all’origine, Palaiopolis, la Napoli antica prima di Neapolis, quella che va fisicamente dal castel dell’Ovo a tutta la collina di Pizzofalcone, da Megaride al Chiatamone, dalle immense grotte che respirano i primi soffi vitali della Città… Hélios, il Sole, Rodon, la Rosa, Partenope, il culto vietato della Sirena in tutta la Grecia salvo a Rodi.
Divino, eroico, umano : gli anni saranno contemporanei, e porteranno in sè, da un secolo all’altro, i corsi e i ricorsi nell’Ovo multiplo sospeso dell’artista. Leggere le cifra nelle lettere e le lettere nelle cifra, i sogni e la tumulella, prima della psicanalisi, Napoli interpreta, dal basso al palazzo, tutte le nostre notturne e diurne storie, timori, gioie, speranze. E queste date che ballano intorno all’Ovo di Lello Esposito, fanno parlare il morto gigante mai morto, Giambattista Vico. 47. In un batter d’occhio, nella luminosa magia creatrice dell’artista.
1247: Stupor Mundi
1347: Angioini, Carlo I d’Angiò
1447: Aragonesi, Alfonso d’Aragona
1547: 16 luglio, Santissima Inquisizione cacciata eroicamente dalla Città. Rifiuto di tutte le inquisizioni unico al mondo.
1647: 16 luglio, Masaniello o il rifiuto popolare del Potere
1747: Carlo III
1847: Ferdinando II
1947: ritorno, a scapito del Vaticano, del Tesoro di San Gennaro a Napoli.
Otto anni che percorrono otto secoli, e che fanno, nella memoria universale, un percorso universale. La Storia è fissa, sotto le onde, spesso crudeli, dei secoli. La civiltà napoletana che ripercorre ad ogni passo i suoi quasi tremila anni di esistenza, ha insegnato tutto a Giambattista Vico che leggeva anche nei muri di via San Biagio dei Librai i secoli stratificati e sempre vivi, i corsi e i ricorsi nel passaggio dal basso troglodito al palazzo scolpito dentro e fuori della terza capitale europea da dove partivano le Lumières e l’umanesimo, per l’Europa meravigliata (Voltaire, Goethe, Rousseau, Michelet) e l’America nascente (Benjamin Franklin). Napoli, a ben percorrere circolarmente la sua sempre giovane tremillenaria vita, è il solo punto fijo storico della Terra. Questa è la sua forza, la sua esemplare e perenne esistenza, la sua crescita lungo i secoli, fino ai nostri tempi, attraverso mille metamorfosi.
Caduto malamente sulla testa all’età della ragione, a 7 anni, nella libreria di suo padre, al 31 della via San Biagio dei Librai, così come egli stesso lo racconta nella sua Autobiografia, rimasto cinque ore senza più muoversi in fondo alla scala interna discesa in un solo volo fino al suolo, tenne di seguito la parte destra del cranio appiattita dall’urto violento – la movente e dura realtà non si lasciava distrarre da una utopica costruzione umana dove tutti i piani sarebbero sullo stesso piano… In greco “utopia” vuol dire “in nessun luogo” : l’utopia non si addice alla tanto presente e radicata civiltà napoletana. È contro-natura napoletana, come il tempo del futuro nella lingua contemporanea di Giambattista Basile, contro-cultura nelle sue nascite e rinascite mediterranee e europee.
Ce lo dice Giambattista Vico. Ce lo mostra Lello Esposito, anche nei propri corsi e ricorsi artistici.
Per Vico, la sua “scienza” è nata dove ha cozzata la sua testa : sulle pietre laviche di Napoli, e l’osservazione, dal liquido al duro, della loro stratificazione nella Città… Ecco cosa mi è sempre venuto in mente alla lettura dell’opera di pietra e e dell’opera di carta: senza Napoli, non avrebbe potuto inventare la sua luminosa teoria dei corsi e dei ricorsi… Senza lo spirito napoletano, senza la civiltà napoletana nel cuore della quale è vissuto, niente Scienza nuova… Lo stesso per l’artista Lello Esposito, che si trova in una perfetta armonia con il suo concittadino Giambattista Vico, attraverso i secoli, mettendoci il viso sulla maschera. E vince oggi una sfida : plasmare e fare sentire la voce partenopea e universale di Vico negli echi delle sue creazioni.
Sempre Ab ovo, sempre, per un solare, secolare carpe diem.
LA MOSTRA
Vico. Ovvero la sua voce”scolpita” da Lello Esposito e “raccolta” da Jean-Noël Schifano, venerdì 11 maggio (vernissage ore 18.30, la serata rientra nel circuito di appuntamenti di Wine & The CitY, ingresso libero). Fino all’11 giugno, l’esposizione è visibile al Renaissance Naples Hotel Mediterraneo in via Ponte di Tappia 25.
All’opening saranno presenti l’assessore alla cultura e al turismo del Comune di Napoli Nino Daniele, il console generale di Francia a Napoli Jean-Paule Seytre, Jean-Noël Schifano e Lello Esposito.
Partner dell’evento, la Fondazione Giambattista Vico di Napoli (interverrà il presidente Luigi Pepe) che parteciperà all’inaugurazione con l’esibizione di Marco e Salvatore Traverso (mandolino e viola), Carla Senese (mandolino) e Riccardo Del Prete (chitarra).
In foto, particolare dell’installazione “polifonica” in esposizione al Mediterraneo
Per saperne di più
www.mediterraneonapoli.com