Venticinque anni e un cognome, Bellomunno, che a Napoli evoca una sola cosa onoranze funebri. Ma Isotta è un’artista e alla facile ironia, che spesso questa attivit suscita, ha preferito sostituire la riflessione, l’esplorazione. Per lei la morte non è un tabù, ma un’esperienza da sviscerare e rappresentare, provocatoriamente, ma non troppo. Domani partir dalla Rotonda Diaz a bordo di una barabarca e solcando le onde arriver fino al Castel dell’Ovo.
Una bara speciale, con una chiglia che le consenta di navigare e due remi da governare la performance non è semplice, è impegnativa, e la distanza non è breve. L’artista stessa ha lavorato sul legno per dar vita alla struttura, grazie all’aiuto tecnico e progettuale dell’Ingegnere Antonio Palumbo. Anche lui porta un cognome celebre, legato all’industria cantieristica napoletana.
“Quello di Isotta è un viaggio che prosegue con fatica, con la forza e la resistenza di due remi che affondano, spingono con impegno la massa per poi risalire e poi calarsi ancora, affondare, resistere, sopravvivere a una nuova emersione dalle acque che sono lotta e sostegno allo stesso tempo. I remi della fatica, dunque, ma anche della scelta afferma l’autrice del testo critico Anna Lucia Cagnazzi La cultura mediterranea si distingue per la volont innata di stare nelle proprie origini, nel proprio humus, nella propria letteratura. Cos questo viaggio è l’ennesima trasgressione di un tabù (la designificazione della morte o, meglio, dell’icona della morte) ed è una prova tanto individuale, intima, quanto tesa alla collettivit di una terra in cui i morti non muoiono mai e la vita si svolge per strada, tra le pubbliche vie e non è mai del tutto privata”.
Il percorso, il transito, il viaggio ogni cultura ha cercato di dare alla morte un senso non-definitivo, nei secoli ci siamo raccontati che si tratta solo di un passaggio, che conduce l’individuo verso qualcosa di più vero. La morte non come fine ma come fase. Non a caso l’approdo della bara/barca è il castello, al disotto del quale sarebbe celato un uovo, simbolo di nascita e, in questo caso, di rinascita.
“La traversata in mare si sviluppa come un percorso di vita, con l’ingresso nelle acque partenopee, che rappresentano proprio il liquido amniotico del grembo materno, in cui risiede il legame indissolubile tra le pulsioni di Eros e Thanatos. La scelta di creare una bara a remi’ non è casuale avrei potuto decidere di entrare all’interno della bar(c)a e lasciarmi trasportare dalle correnti. Invece ogni dettaglio ha un suo preciso significato spiega l’artistagli stessi remi, per esempio, rappresentano la fatica, la lotta, la sopravvivenza. Io decido di remare e faticare per arrivare dove voglio. Questo non vuole essere solo un messaggio di espressione privata, ma assume il carattere di un vero e proprio viaggio propiziatorio per Napoli”.
La performance si realizzer sabato 21 settembre alle 12.45, salvo rinvio per condizioni meteo-marine avverse.
In foto, l’annuncio della performance