Gina e Ferdinando due storie diverse e due fatti di sangue collegati tra loro. Una maestra e un giornalista socialista sono i protagonisti del libro “Delitti incrociati” (Edizioni Mephite, pagg. 173, euro 12), scritto da Cecilia Valentino e ambientato a Montella, paese situato nel cuore dell’Alta Irpinia, in quelle aspre montagne che furono teatro del brigantaggio postunitario. Il tragico destino dei due giovani viene determinato dal contesto sociale e culturale che li circonda un paese “espressione di un’antica civilt  agro-pastorale, in cui l’asprezza del territorio contribuiva al carattere schivo e chiuso degli abitanti”.
Negli anni che precedono l’avvento del fascismo, anche a Montella le differenze sociali sono determinanti e la giovane Gina Ceccacci, appartenente a una famiglia povera, non passa inosservata con il suo carattere schietto e solare, la sua voglia di vivere e il piacere di essere corteggiata dagli uomini. La mentalit  chiusa dei paesani non perdona alla maestra un comportamento considerato eccessivamente disinvolto, finch scoppia lo scandalo che precede la tragedia Gina ha una relazione con l’avvocato Sarni, un professionista appartenente a una delle famiglie più in vista del paese, ritenuto dai colleghi “un uomo senza scrupoli e senza dignit , capace di qualsiasi azione indecorosa, superficiale e immorale”.
Le voci si fanno sempre più incontrollate, il pettegolezzo diventa insistente e il cinismo dell’avvocato, disposto a tutto pur di liberarsi della giovane amante, spinge all’esasperazione la moglie Antonietta, divorata dalla gelosia e dalla vergogna per quanto sta accadendo. Se Gina fosse stata una donna di pari condizione sociale, la reazione della moglie tradita non sarebbe stata cos violenta e vendicativa. Ma ciò che Antonietta non può tollerare è che una ragazza di modeste origini, una “maestrina” come verr  poi definita con disprezzo durante il processo, possa aver attentato alla serenit  della propria vita coniugale e familiare.
Il delitto che ne consegue, a opera di uno dei figli di Antonietta istigato dalla madre, suscita una grande impressione in tutta la provincia di Avellino e immediatamente scatta l’omert  a difesa dei colpevoli, che riescono per lungo tempo a nascondersi alla legge. L’unico a sfidare i notabili del luogo con una campagna di stampa coraggiosa e tesa alla ricerca della verit  è Ferdinando Cianciulli, fondatore e direttore de “Il grido”, organo della Federazione socialista irpina. E Ferdinando pagher  con la vita la sua scelta di difendere il ricordo e l’onore della giovane maestra assassinata, dimostrando una forza d’animo fuori dal comune, poich, come scrive Cecilia Valentino, “nella piccola Montella egli era un isolato, ritenuto da alcuni paesani addirittura un esaltato e un visionario”.

L’autrice ricostruisce i fatti con un’attenta analisi del materiale d’archivio,
privilegiando la componente umana dei protagonisti rispetto a una descrizione distaccata delle vicende processuali. Tutti i personaggi vengono colti nella loro essenza più profonda, consentendo al lettore di apprezzare le diverse sfumature dei caratteri e di comprendere pienamente il clima che si respirava all’epoca nel paese teatro della storia.
Montella diventa quasi un archetipo dell’Italia paesana e retrograda di inizio ventennio, con l’ostilit  verso chi non si allineava al sentire comune e rifiutava di omologarsi ad una concezione arcaica del rapporto uomo-donna. Gina e Ferdinando non si conobbero mai e dedicarono la propria esistenza a finalit  diverse, ma entrambi espressero pienamente alcune delle idee fondative del nostro vivere civile.

luned 21 ottobre 2013

In homepage, la copertina del libro

VALENTINO HO RACCONTATO DUE PROCESSI

Cecilia Valentino, docente di italiano e storia, è stata negli anni 1980-2000 presidente del CIDI (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti). Ha collaborato fin dalla fondazione con il Centro di ricerca “Guido Dorso” di Avellino. Ha pubblicato vari saggi storici.
Per la realizzazione del libro lei ha fatto un lungo lavoro di ricerca d’archivio. Quali fonti ha consultato nella ricostruzione storica delle vicende giudiziarie dei processi e della realt  sociale di Montella?
“Questo mio lavoro, come i precedenti, nasce dalla ricerca archivistica, in particolare per scrivere quest’ultimo libro ho consultato la fonte giudiziaria, affascinante ma anche molto delicata da maneggiare e da interpretare al di l  dell’arido linguaggio giuridico, ho cercato di cogliere i sentimenti e il vissuto dei protagonisti della drammatica vicenda. Mi sono servita delle carte, relative ai due processi, custodite in sette voluminosi faldoni presso l’Archivio di Stato di Avellino (Corte d’Assise, Avellino,processo Ceccacci Cianciulli, fasc.4031,bb.402-408). Per le altre fonti, soprattutto giornalistiche, ho consultato le ricca emeroteca presso la Biblioteca Provinciale “G. e S. Capone ” di Avellino; per saggi e studi di storia locale ho consultato            6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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Negli archivi c’è la vita vera, non credo sia retorico affermare che in essi si conserva il codice genetico di un Paese. Lasciare gli archivi nell’abbandono per mancanza di risorse economiche, come sta avvenendo in questi nostri tempi di crisi, significa azzerare la memoria storica e avviarsi verso tempi bui”.

I pregiudizi, l’omert , l’arroganza del potere e il desiderio di vendetta accomunano le storie di Gina e Ferdinando…

“Gli atti del lungo processo raccontano storie di violenze, di gelosie, di sopraffazioni,di omert , ma anche storie di uomini come Ferdinando, che credeva nella giustizia, che lottò contro il potere, e storie di donne come Gina, giovane maestra insidiata e uccisa perch sola e povera,ma anche perch era una donna libera e indipendente”.

Il ruolo delle maestre è stato decisivo nella formazione delle giovani generazioni del secolo scorso. Raccontare la tragica storia di Gina è un po’ come riconoscere l’importanza delle donne come lei nella storia del nostro paese?

“Nel mio libro affronto un tema di attualit  oggi, in un momento di forte recrudescenza della violenza sulle donne, penso che sia importante parlare del lavoro delle maestre che, tra Ottocento e Novecento nei piccoli paesi del Nord e del Sud d’Italia, furono le protagoniste della lotta contro l’analfabetismo e spesso furono vittime di molestie e violenze. Un lavoro, quello delle maestre, spesso misconosciuto; in una societ  culturalmente arretrata la donna sola, non tutelata da una famiglia ricca e potente poteva facilmente essere oggetto delle molestie degli uomini del paese”.

.Tra le figure femminili del libro emerge con forza quella di Giovannina, che affronta con coraggio e dignit  il suo destino.

“Nel libro ricordo tante maestre, come Giovannina Morrone, la coraggiosa moglie di Ferdinando, perch penso che sia importante oggi ricordare la lunga lotta che le donne in generale e le maestre in particolare hanno condotto per affermare i propri diritti di persone e di cittadine. Giovannina era maestra e conosceva molto bene i disagi e le difficolt  delle donne lavoratrici. Bellissima è la storia d’amore di Ferdinando e Giovannina, che ho ricostruito attraverso varie testimonianze, come l’intervista alla nipote che vive a Montella.
Una forte tensione morale ed un’ appassionata ricerca della giustizia sociale furono gli ideali che rinsaldarono il rapporto d’amore di Giovannina e Ferdinando. Essi condivisero fin dal loro primo incontro questi ideali e con la loro vita ci dimostrano come un rapporto di coppia possa essere paritario, segnato da uno scambio reale e non dalla sottomissione”.
Lei scrive che oggi Montella è una cittadina dalla vivace vita culturale. Come vengono ricordate le storie di Gina e Ferdinando?
“Montella è oggi una bella cittadina, pulita e civile, con una vivace vita culturale. Alla presentazione del mio libro, avvenuta in una bella villa storica al centro del paese, c’è stata una folta presenza di cittadini, attenti e interessati. La memoria delle vicende di cui si parla nel libro è certamente ancora viva e forte, ma il tempo ha ammorbidito le vecchie passioni ed è subentrata la pacatezza del ricordo e la consapevolezza che viene dalla conoscenza della storia, con la S maiuscola”.

“Delitti incrociati” è un romanzo-saggio di contenuto storico, come i suoi precedenti lavori. Per lei che significato ha raccontare vicende storiche?

“Credo che sia fondamentale conoscere la storia di chi ci ha preceduto; noi, donne e uomini di oggi, dobbiamo valorizzarla e riconoscerci in essa. Nello specifico del mio libro, fare storia, soprattutto storia delle donne, ha significato ricostruire una storia vivente, che parta non solo dalle fonti documentarie ma anche dalla propria storia personale, dal proprio vissuto. Ho cercato sempre, in tutti i miei lavori e anche in quest’ultimo, di raccontare una storia fatta di testimonianze, documenti anagrafici, ricostruzione dei luoghi, perch per fare storia è importante ritrovare nel passato le proprie radici e ridare voce alle donne e agli uomini che ci hanno preceduto. Non è quindi un caso se all’inizio del capitolo dedicato a Gina ho riportato le parole di Hannah Arendt “Nessuno ha una vita degna di considerazione, di cui non si possa raccontare una storia".

In foto, l’autrice e la copertina

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