Un furto di di sogni, che erano nel fondo del suo cuore. E’ quello che denuncia Francesca Boitani (interpretata da Fabrizia Sacchi) al brigadiere che siede alla scrivania di fronte (cui dà volto Gianni Ferreri) nel pluripremiato corto del 1999 Piccole cose di valore non quantificabili di Paolo Genovese e Luca Miniero proposto stamattina nell’Auditorium della regione Campania al centro direzionale di Napoli per richiamare l’attenzione del pubblico accreditato al convegno “Crimini contro le donne. Politiche, leggi e buone prassi” (titolo preso in prestito dal libro del magistrato Fabio Roia, presente alla discussione organizzata dall’associazione Mai più violenze, guidata da Virginia Ciaravolo) sull’empatia di chi raccoglie testimonianze delle vittime di violenza.
Il brigadiere, alla fine del dialogo che avviene per metafore, da lui definito sibillino nel rapporto dattiloscritto, riassume, in una sintesi da brivido, il dolore della giovane donna depredata della dolcezza dell’amore da un padre che commette atti carnali su di lei a scopo di libido da oltre dieci anni, cioè da quando era adolescente.
Una sferzata di emozioni sintetizzata in immagini e offerta alla platea composta da poliziotti, assistenti sociali, giornalisti (il dibattito è stato organizzato in collaborazione con l’Ordine della Campania per i crediti formativi) e altri addetti ai lavori coinvolti nella lotta contro gli abusi per illustrare l’azione dei carabinieri in aiuto delle donne maltrattate. In tutta Italia e, quindi anche a Napoli, a Capodimonte, è stato attuato il progetto “Una stanza tutta per sé” dove poter farsi ascoltare in un contesto accogliente, superando la vergogna e i sensi di colpa. Un progetto poco conosciuto che meriterebbe un’operazione di maggiore comunicazione proprio nel’ambito di chi assiste le donne maltrattate.
Tra gli interventi di oggi, anche quello di Barbara De Rossi, conduttrice in prima serata su Retequattro del programma Il terzo indizio che ricostruisce casi di cronaca: l’attrice ha messo in luce non solo il bisogno di gentilezza delle donne ma anche l’urgenza per molte di avere un lavoro che le renda finalmente indipendenti.
A ciascuno la sua parte, in una rete necessaria di sinergie dove non ci sia solo la risposta giudiziaria giusta (con certezza della pena) ma anche la possibilità di far funzionare le (buone) leggi che già esistono per arginare i maltrattamenti ed evitarne le conseguenze, tutelando tante vite femminili in pericolo.
Lo ha sottolineato tra gli altri, Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia e attuale assessore regionale a sicurezza e legalità, riferendosi alla n.34 della regione Campania che risale al primo dicembre 2017. Ovvero Interventi per favorire l’autonomia personale, sociale ed economica delle donne vittime di violenza di genere e dei loro figli e azioni di recupero rivolte agli uomini autori della violenza. Parole che devono diventare fatti. Auspicati già dalla Convenzione di Instanbul del Consiglio d’Europa firmata l’11 maggio 2011. Un trattato firmato da 32 Paesi per proteggere le vittime e impedire che i colpevoli restino impuniti.
Per una metamorfosi totale, è indispensabile partire dalla scuola, dalla formazione, dall’educazione al coesistere nella differenza. E cambiare radicalmente mentalità in una (effettiva) parità di genere.