Napoli non è una borgata. E’ una citt  antichissima e conserva in s tutto quanto l’Occidente ha prodotto, quello che è partito da lei e a lei ritorna. Qui a Napoli si trova di tutto. C’è la grande tradizione e l’up to date. Dal San Carlo a Pino Daniele, ai Bennato e ai neomelodici. Teatro di tutti i tipi, oggetti di tutti i tipi, libri di tutti i tipi, tanti che le tipografie quasi non ce la fanno a stamparli tutti. E gente di ogni risma. E’ un movimento continuo. E la politica? No, quella è sempre ferma, sempre uguale, sempre quella.
Addirittura, sono arrivate ora, a Napoli, dall’Occidente più antico, anche le fate irlandesi. Le potevate trovare, domenica scorsa, a Vic’ Street (via Martucci 44) in carne e ossa. Erano proprio le Fate, quelle irlandesi, s’intende, quelle che un tempo vissero nel mito celtico della verdirlanda, insieme alle sirene, parenti della sirena Partenope, agli gnomi, ai folletti e al leprechaun, il folletto-ciabattino, l’unico della brigata che lavora, che solo qualche volta beve vino, e, forse perch non vi è abituato, diventa ebbro e va barcollando. Tutti gli altri, invece, insieme alle fate, amano la bella vita, il cibo, il vino, il ballo, fare l’amore e divertirsi. Come, lo si sa, era (uso l’imperfetto, purtroppo) anche nella tradizione delle nostre parti. Qui, in questa tipica “taverna napoletana”, la serata domenicale ha un’atmosfera celtica.
Molto napoletana è la taverna, spiritosissima, incominciando dal nome. Ha tavolini, un bar, un palcoscenico, un balcone (finto), il dipinto di un vicolo stretto, a gradinate, ma allegro, lindo, con i panni stesi, chiari come pezzi di luce (vien voglia di conoscere l’autore, un artista certo bravo e certo sconosciuto), una porta con su la scritta “Ricevitoria del Lotto” che chiude un vano che certo riceve altro dal Lotto, perch è il vano di una toletta, e infine, alla ricerca di uno spazio più vasto, una parete interamente coperta da uno specchio.
Celtici sono i personaggi, druidi, crociati, un mago Merlino, un re, che però ha posato la sua corona su un tavolo accanto a un bicchiere di aranciata, e le fate, vestite in lungo, spesso una coroncina di fiori cinge loro la fronte. Celtica la musica d’inizio, una musica dolce, delicata, che viene da un’arpa, celtica, s’intende, e da flauti di varia misura, suonati da Daniele e Davide, due fratelli quasi gemelli, ventitr e ventiquattro anni, bravissimi musici e vegetariani ad oltranza, si chiamano vegani, tanto da poter bere solo le bevande naturali e da non poter provare i cibi, celtici, che in abbondanza vengono serviti. C’è una purea di patate celtica, una pasticcio a base di carne e verdure, celtico, naturalmente, da innaffiare con una bevanda, celtica pure lei, salcicce celtico-napoletane, birra che, se non è Guiness, le somiglia e vino rosso celtico- napoletano. Il tutto si conclude con una soffice torta e una crostata di mele, buonissime, preparate da nonne e mamme napoletanissime. Tutto bene.

Ma non basta. A Napoli c’è anche l’Oriente, si pensi ai re Magi del nostro presepio che ricordano cortei di Maharajah nella capitale.
E allora, alla taverna d’o Vic’ Street, c’è anche una danzatrice orientale. La danzatrice è tecnicamente molto brava, ha una corona di candele accese in testa e fa ondulare il morbido ventre proprio come un’onda.

Poi la festa diventa più festosa.
Quando entra in scena un personaggio dotato di swing alla Carosone, che canta e suona. Irrompe la musica napoletana.E, da spettatori, i convenuti diventano protagonisti e tutti ballano o suonano tamburelli e tutti scherzano, ridono o sorridono beati.

Infine c’è l’India. Un’India celtica. C’è la meditazione. Vengono preparati, naviganti sull’acqua di una catinella, dei lumini accesi.
Viene poi bruciato dell’incenso. E’ una meditazione sui miti celtici ma di stile indù, ci si accovaccia sul tappeto, un po’ difficile per chi ha la gonna lunga e stretta.

Guida la meditazione l’anfitrione della serata, una fata irlandese dal nome napoletano, Francesca Barrella, che, quasi per farsi perdonare di essere cos bella, fisico, lineamenti, dentatura perfetti, occhi brillanti e capigliatura abbondante, è gentile e amorevole con tutti.
Domenica è il primo febbraio, il giorno di Santa Brigida, ovvero Brigitte (451-525), da non confonderla con la santa Brigida svedese, che è del quattordicesimo secolo. La santa irlandese continuò la cristianizzazione dell’Irlanda iniziata da san Patrizio, fondò monasteri ma conservò nel cristianesimo irlandese lo spiritualismo degli antichi miti locali. Miti che si collegano alla sacra energia femminile personificata nella santa che in Irlanda è ancora celebrata secondo antichi riti. Anche la cerimonia domenicale al Vic’ Street, celebrata secondo antichi riti, è coinvolgente. Francesca ne è la sacerdotessa. Si tratta della celebrazione di una sorta di femminismo particolare, che crede in una forza psichica femminile potente, istintiva, materna e creatrice, che, nutrendosi dello studio di miti antichi e dell            6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJe arti, comprende, meglio della pura razionalit , il mistero del mondo. Esistono, in proposito, anche dei libri cult.

“Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Ests (ed. Frassinelli-pag.572), il racconto di una raccolta di miti che cerca di liberare la donna dalle paure, le incertezze e gli stereotipi che la affliggono.
E’ stato pubblicato nel 1992, quasi a far da apripista a un nuovo libro, pubblicato appena l’anno scorso, “Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana” di Adriana Dragoni, (ed. T. Pironti- 120 illustrazioni- pag. 260), il racconto della scoperta della prospettiva napoletana. Questo libro scopre una visione del mondo più ampia della stretta razionalit  tradizionalmente mascolina, e quindi scopre anche, nel contempo- come ha detto la consigliera di Parit  Luisa Festa- “la logica segreta dell’intuito femminile”. Napoli, infatti, proverbialmente è femmina.

Nella foto, un momento della serata

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