Una napoletana nel padiglione della Repubblica dominicana a Venezia. La Biennale, dall’11 maggio al 24 novembre, ospita l’opera “Genesis” di Annalaura di Luggo nel Palazzo Albrizzi-Capello a Cannaregio.
Le opere esposte nella sezione latina riflettono su un tema peculiarmente caribeño e attuale: la natura e la biodiversità. In questo contesto, ben si inserisce Genesis, che nasce dal confronto, dal desiderio di superare i confini, di tracciare un percorso che si esalta nel colore.
Una geometria astrale che appartiene alla materia dei sogni, che viene dal passato lontano per proiettarsi nel futuro. Un tracciato di biodiversità inteso come differenza, come scoperta e pertanto come emozione di fronte alla vita.
Spiega Francesco Gallo Mazzeo nel catalogo che accompagna il lavoro e la partecipazione dell’artista alla Biennale: «l’Opera è somma di piccoli gesti, uno dopo l’altro, che tolgono da un fantasma e aggiungono un corpo, togliendo e mettendo, in modo che la luce possa magnificare se stessa facendo radiare l’invisibile, reso visibile. La Natura è bellissima metafora, è cubo, icosaedro, tetraedro, ottaedro, è polimorfa, per l’aedo e il cantore, per il pastore soterio e nomade, per l’augure che fonda città, ma è porta aperta a bufere, intemperanze, a scorribande e nequizie: dobbiamo per questo ascoltarla, accarezzarla, essa che è natura madre, “adottarla”, farla nostra figlia, crescere insieme».
Di Luggo è impegnata in ricerche che lasciano il segno nello spettatore, coinvolgendolo umanamente. Come l’installazione multimediale proposta a piazza dei Martiri, salotto partenopeo di Chiaia, tra il 2017 e il 2018: Blind Vision – un viaggio di luce in onore di chi non la vede. Quindici light box concentrate su iridi di persone cieche o ipovedenti. Racconto nell’oscurità: voci di donne, uomini e ragazzi che hanno perso la vista. Brani di una vita difficile da percorrere senza la possibilità di una luce che rischiari il cammino della quotidianità.