Con un Zio Vanja guadagnato alla contemporaneit da una ipercinesi di corpi e gesti, modi di vivere e di sentire, si chiude il trittico su Čechov, uno dei focus, gi preannunciati al Napoli Teatro Festival 2014. Dopo la rilettura del giovane argentino Marcelo Savagnone, regista e interprete, abbattutasi come un ciclone sulla materia drammaturgica, e quella del lituano Rimas Tuminas, il grande classico viene riproposto in veste nuova (foto). O per meglio dire, spogliato, prima ancora che dai costumi d’epoca, da stratificazioni interpretative e metodi di recitazione (Stanislskij o Brecht, quale il problema?) accumulatesi negli anni e restituito alla essenziale, umanissima, universale nudit dei sentimenti.
Il merito della rilettura trova le sue premesse nell’agile traduzione di Luigi Lunari e va ascritto alla perfetta intesa tra Armando Pirozzi, responsabile della consulenza drammaturgica e a Pierpaolo Sepe. Si potrebbe obbiettare che qualsiasi rappresentazione non può non avere un metodo e una tecnica interpretativa di riferimento. Vero. Quella di Pierpaolo Sepe investe sull’attore, sulla sua capacit di passare dall’approfondimento psicologico e la ricerca di affinit tra il suo mondo interiore e quello del personaggio, tipica di Stanislaskij, al “trapianto” della sua personalit al personaggio!Operazione audace, di grande impatto innovativo.
Una felice restituzione. Un’ intensa, sorprendente trasfusione di dinamismo e vitalit , alla quale con sensibile afflato e comunione di sentire si sono adeguati le scene di Carmine Guarino, i costumi di Gianluca Falaschi e il disegno luci di Cesare Accetta. La macchina teatrale completamente a vista.
Superfici trasparenti e semi specchianti. Pochi elementi scenici sedie e piani orizzontali che fanno indifferentemente da letto e da tavolo. Gli arredi che diventano segnali, Le scene tradizionali, indicatore spazio-temporale non eliminate ma ridotte a una citazione pannelli dal riquadro metallico alleggeriti da un piano trasparente. Andando su e giù segnano i vari spazi della quotidianit che ospitano l’azione drammatica. Luci di taglio e un panorama a vista traducono in chiave visuale l’essenzialit del disegno di regia. Costumi-verit , resi tali dall’uso durante le prove. Una seconda pelle che riveste la quotidianit . Intrigante il commento sonoro e musicale un procedere ritmico di trenotraduzione sonora della triste immobilismo quotidiano ed esistenziale.
Zio Vanja, ovvero iltracollo dei valori ottocenteschi legati alla Russia rurale, alla propriet , alla ro-ba, alla fedelt delusa di parenti e famigli che gravitano attorno a un aristocratico latifondista. Diverse rappresentazioni del mondo, modelliantitetici di comportamento sintetizzati ed effica-cemente concentrati nella coppia forse più conflittuale del teatro cechoviano l’estraneo nobile acca-demico in pensione, il professor Serebrijakov, proprietario della tenuta e Vanja il generoso e rassegnato amministratore della tenuta, colpevole di aver mal riposto la sua fiducia. Entrambi fatalmente ancorati al passato.
Sullo sfondo di temi ancora una volta presentiil giardino, una tenuta sul punto di essere venduta, il carosello di amori finiti, mancati, non corrisposti; le delusioni cocenti e le varie reazioni dei singoli personaggi dinanzi alle ingiurie della vita. Sonja, la figlia di primo letto di Serebrjakov che ama, non corrisposta il dottor Atrov. Elena la giovanissima e bella seconda moglie di Serebrjakov, concupita da Atrov e amata da Vanja che avrebbe potuto innamorarsi di lei quando era ancora libera e ora irraggiungibile.
Eterno rimpianto. Elena e la figliastra che si ritrovano quando la matrigna confessa di essersi agli inizi innamorata del padre e di non averlo sposato per interesse. La frustrazione di Vanja che associa le speranze distrutte della giovinezza e il fallimento della propria vita all’amore non ricambiato di Elena…Paradosso il vecchio proprietario, egoista mediocre disincantato vuole vendere. Vanja il giovane-vecchio l’amministratore, intristito e deluso, si sente tradito per essersisacrificato inutilmente per la conservazione della “roba”.
L’audace progetto di rimodellamento della “materia” drammaturgica da parte di Sepe sarebbe ri-masto tale se non avesse avuto la risposta pienamente convinta ed entusiasta di una squadra superlativa che ha fatta pienamente sua l’intenzione di regia Paolo Serra/ Serebrjakov, Gaia Aprea/sua moglie, un’elena sensibile e tormentata, Federica Sandrini/Sonja, Giacinto Palmarini/ un dolente Zio Vania, Andrea Renzi/ un Atrov medico, sanguigno e magmatico, Diego Sepe l’ex proprietario, Fulvia Carotenuto/la vecchia bambinaia.
Si replica fino al 19 aprile
Per saperne di più
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