C’è un filone della musica partenopea che rifugge dai riflettori. Lontana dal neomelodico classico e dalle patinate eccedenze del neomelodico odierno, lontana anche dalla tradizione della musica napoletana, sebbene non smetta di guardare da lontano allo strascico di successo e immortalità di questa, non per ammirarlo ma per trasformarlo in sonorità inusuali o rinnovate.
Si tratta di una maniera di fare musica in cui la mediocrità è lasciata, consapevolmente, da parte. Non cercata perché non si cerca di raggiungere l’incontro con un ascoltatore tipo, ma di raggiungere una espressione artistica che sia anche pura espressione dell’individualità dell’artista.
Non si soddisfa un bisogno precedentemente creato, non si tende l’orecchio alla massa di suoni che si affastellano combattendo per l’ultimo millimetro di campo acustico lasciato vuoto.
Si tratta, insomma, di un modo di fare musica che fa cultura, non inseguendo ma lasciandosi inseguire, apripista per chi con garbo e curiosità vi si approssima riconoscendovi qualche forma di novità.
A questa musica appartengono i riconoscimenti importanti seppur non acclamati e le collaborazioni di rilievo passate sotto silenzio,e che spesso arricchiscono ben altre espressioni del panorama musicale ufficiale, salvo distaccarsene nelle forme più pure, non per snobismo, ma per naturale decorrere delle cose, nell’evoluzione e nella crescita della professionalità, lontana dalle etichette, dal marketing puro, dai suoni pervasivi a tutti i costi nel già precario equilibrio sonoro cui siamo sottoposti quotidianamente.
Qualcuno parlerebbe di nicchia artistica. Ma a ben vedere non ci soddisfa neppure questa definizione, dove nicchia definisce da sempre sia un modo di fare musica peculiare e circoscritto sia una scarsa qualità dell’arte in sé e di conseguenza scarsità di persone che possano apprezzarla.
La musica di cui parliamo, invece, è potenzialità pronta ad essere espressa e che emerge attraverso una gavetta artistica che eleva la qualità della musica prodotta su un podio avulso da classifiche e graduatorie, per rifinirla di unicità, in quella che potrebbe essere considerata dimensione musicale a parte, inaccessibile se non da ascoltatori.
Fabiana Martone si inserisce in questo filone musicale. Classe 1980 e venti anni di carriera, cinque pubblicazioni da solista (l’ultimo album, Memorandum, sarà in parte eseguito dal vivo venerdì 13 dicembre ad Area35mm, al Centro direzionale, prima del concerto previsto per il 25 gennaio a Galleria Toledo).
La sua è una formazione artistica che spazia dal canto al teatro con annesse tutte le sfumature dei due mondi, una presenza attoriale che non soffre vuoti di scena, con canoni unici, capaci di costituire una delle personalità musicali più interessanti del panorama
partenopeo, nazionale e internazionale.
Difatti la sua strada professionale è lastricata di lavori eccellenti. Dal progetto Nuova Napoli dei Nu Guinea, duo napoletano trapiantato a Berlino, che l’ha condotta sui palchi di mezza Europa e su quello con Jovanotti, all’Uanema Swing Orchestra, di cui è cantante; dalla fondazione di SesèMamà, alla frequentazione pluriennale con il maestro Lino Canavacciulo con cui ha curato la produzione di componimenti musicali per la Rai.
Fabiana Martone è stata tra i finalisti del Festival Musicultura nel 2018, ed è stata più volte sul palco di Napoli Teatro Festival.
Nel suo ultimo lavoro da solista, Memorandum, unisce la caleidoscopica esperienza accumulata nel suo percorso alla tradizione della musica napoletana, che in qualche modo appartiene alla sua vita privata, già da prima che divenisse cittadina acquisita. Perché Fabiana arriva alla metropoli umana che è Napoli dalla placida provincia beneventana, e questo miscuglio di mondi l’un l’altro estraneo, nei suoi lavori, si sente. Soprattutto in Memorandum.
L’album, 11 tracce, è stato messo assieme in due anni, con canzoni a scandire in ordine lineare i momenti di un’intera giornata in città, dalla mattina alla sera con relata dimensione onirica, in cui si inseguono tutte le dinamiche emotive del caso, tutti i microdrammi non celati che le vicissitudini da routine trascinano con sé nella peculiarità di Napoli.
Memorandum è mosso da un ottimismo lucido e disincantato, in cui però non viene meno la dinamica della difficoltà: l’angoscia, l’abbandono, i traumi, la sensazione luttuosa diventano fatti, semplici cose di cui prendere atto, fagocitati da un flusso di sentimenti positivi.
Le atmosfere sono quelle di uno sguardo innamorato e palpitante, preciso ma non cinico, realista ma non abbandonato allo sconforto. Memorandum accompagna con dolcezza e decisione, in un spaccato cittadino che si incanala nella cromatura cangiante della città. Da Geopolitica sentimentale a Sirena, passando per Sospesi a Corso Malta, l’esperienza di Memorandum si iscrive nell’esperienza di ognuno di noi, quando, maestri di quella proverbiale pucundria, approssimiamo emotivamente Napoli.
Un album unico nel suo genere, a partire dal supporto tecnico. Il cd classico è eliminato lasciando il posto a un art book con 11 opere d’arte disegnate da altrettanti artisti, tutti attivi nella scena culturale partenopea. Ogni disegnatore si è lasciato ispirare da un brano, rendendolo graficamente, e associando ad ogni canzone una immagine rappresentativa del loro percorso artistico e umano.
L’artbook, nella sua fisicità si presenta come una raccolta di 11 stampe 18×18, cui è associato un codice con cui acquistare on line i brani in alta qualità.
Un modo ecofriendly, nel momento di massima attenzione ambientale, per dare visibilità ad artisti tanto talentuosi quanto poco conosciuti e per porsi di traverso allo standard del diluvio di plastica che interessa l’industria musicale.
Tra gli 11 artisti, Dario Protobotto, che ha curato per Memorandum la rappresentazione di La Quadratura della Luna, e che venerdì 13 dicembre, inaugurerà la sua mostra personale organizzata da Area 35mm e Kaos48 di Fabrizio Scomparin.
Area 35mm è uno scampolo di cultura in pieno Centro direzionale, lontano dal centro storico non tanto per una questione di chilometri quanto per una tangibile e inesistente patina grigia che ricopre tutto quello che viene associato ad un luogo di uffici e lavoro. Un avamposto, insomma, in una zona dove la cultura arriva difficilmente.
E le opere di Protobotto, legate alla città almeno quanto Memorandum, sembrano particolarmente indicate a portare avanti insieme un discorso di amore e critica verso Napoli, colpevole a volte di lasciare indietro intere, sue, zone. Le opere di Protobotto sono retrospettiva sull’interiorità dell’autore e il suo vissuto nella città, soggetto preferenziale e metafora di solitudine non dissociata dal caos.
La geometria delle opere confligge con la natura caotica del vivere, con il significato delle cose, con l’assenza e il vuoto, in cui una luce sporadica segnala, rara, la presenza umana.
Per l’occasione Fabiana Martone, con il chitarrista Francesco Fabiani e il pianista Luigi Esposito, si esibirà in una sorta di opera musicata, una anteprima del concerto vero e proprio già fissato per il 25 gennaio a Galleria Toledo.
Un assaggio di un lavoro musicale e artistico che aiuta a conoscere Napoli, lontana da stereotipi, in un vissuto che insieme vero, speranzoso, armonioso, rassegnato e rasserenato.
Un modo di penetrare ulteriormente nel mistero che aleggia in ogni aspetto di questa nostra straordinaria metropoli umana.
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Nelle foto, in alto, Fabiana Martone e la copertina del suo lavoro discografico Memorandum. Al centro e in basso, Dario Protobotto e alcuni dei suoi lavori
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