Ha l’aria sbarazzina. Forse per quei jeans un po’ sbrindellati, la maglietta azzurra, le scarpette da ginnastica rosa shocking e i capelli corti, colorati dalle sfumature dell’arcobaleno. Siede su quei gradini che portano giù nella piccola platea. Il suo sguardo fissa il palcoscenico vuoto. Ma da dietro le quinte avanza una sagoma. Non riesce subito a distinguere se sia maschile o femminile. Ha il passo strascicato e porta con s una sedia su cui alla fine si accomoda, proprio al centro della scena. Ecco, malgrado le luci tenui, adesso può osservarla è un giovanotto magro, vestito di nero, calvo, con un’aria triste.
La ragazza è un po’ contrariata. «Ma chi sei? Perch vieni a disturbarmi? Ero qui per rilassarmi un po’, visto che la realt non mi d tregua. E tu piombi all’improvviso, tra i miei pensieri».
Risponde, sgarbato «Sei tu l’intrusa, qui, io sono a casa mia. Io sono il teatro, senza et , n tempo. Diviso tra chi sentenzia la mia morte e chi invoca la mia giovinezza. Perseguitato da tutti quelli che mi hanno amato, rinnegato, odiato, e poi sempre riabbracciato. Non propongo niente di vero, ma nemmeno di falso. Gli attori sono l’umanit che si d ruoli differenti, è tutto qui ».
Sbuffa, infastidita. «Dici sciocchezze. Tu non hai nulla di umano, lo so bene io che sono la vita e conosco sentimenti, umori, capricci, lati chiari e oscuri di tutti. Non m’inganni, con me non ce la fai».
La guarda con aria di superiorit . «Ancora una volta ti mostri insulsa. per questo che donne, uomini, e anche i bambini, cercano un senso ai loro giorni proprio da me, rifugiandosi in scena. Qualcuno ha detto che con il teatro non si scherza, aggiungendo che lo scherzo è dell’adulto, il gioco è infantile quindi, l’onnipotenza bambina gioca, non scherza. Io penso, invece, di rappresentare la follia dove non c’è posto per la mediocrit , ma per i gesti immediati, per la partecipazione emotiva, per quello che è al di fuori della comunicazione quotidiana. In conclusione, incarno l’attimo puro che travalica la volont ».
Non sembra per nulla turbata, lei, da questo accenno di appassionato monologo. «Sei solo una copia – e neanche tanto bella- di me. Sei illogico, fatto di parole, istanti e creature di cartone…».
Lui prende il sopravvento. «Non ti concedo l’ultima battuta. Quella è mia. Non mi sento la consolazione di chicchessia. Non recito la parte dell’indulgente, non voglio proteggere nessuno, non mi adeguo al potere. Vivo e vivrò oltre la consuetudine e la noia». E si alza con calma lasciando il palco vuoto e la vita sola a meditare.
*Quel palco dove camminava Massimo (Troisi)
*Dedichiamo il nuovo numero del nostro magazine al Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano, in quel sottoscala dove Massimo Troisi cominciò a fare teatro. Un palco che rimase senza protagonisti dopo l’irresistibile ascesa di Troisi nel mondo del cinema. A ridargli anima fu, alla fine degli anni ottanta, Vincenzo, insieme a Ernesto e Marco Borrelli . Oggi è ancora un luogo di sperimentazione e formazione professionale allo spettacolo riconosciuto dalla Regione Campania. Sopravvive da un trentennio e migliora grazie a una serie di progetti importanti, tra questi "O’ Curto", festival di corti teatrali in collaborazione con lo ZTN che l’anno scorso ha visto professionisti dello spettacolo provenire da tutta Italia. Di questa libert artistica parlano i protagonisti oltre il direttore artistico, Vincenzo Borrelli , Cristina Ammendola, Emanuele Alcidi, Marina Billwiller, Simone Somma, Maurizio Tieri.
Per saperne di più
www.centroteatrospazio.net
Nella foto, Vincenzo Borrelli in scena