Il 2020 del teatro San Carlo inizia sotto il segno dell’Opera intramontabile, con Tosca di Puccini.
Un tempismo perfetto per portare sul palco la diva delle dive, in momento in cui è massima la polemica sulla questione di genere nello spettacolo e lo è in particolare nella scena dello show business musicale, con tutte le discriminazioni annesse o connesse, volute o non volute, legate al caso Sanremo.
Una Tosca che si presenta a Napoli in vesti rinnovate. E non potrebbe essere altrimenti.
Il capolavoro pucciniano, preso a prestito dalla messinscena di Sardou dopo lunghissima trattativa, è dipinto vividissimo dell’umano e dell’umana materia in cui l’episodio narrato è mero fantoccio di emozioni universali.
Una natura plastica che ne fa un capolavoro sempre mutevole perché sempre al passo coi tempi, patrimonio artistico che ebbe genesi difficilissima: ci vollero dieci anni perché l’autore decidesse che La Tosca potesse evolvere in Tosca passando dall’essere dramma minuzioso della cifra storica a apoteosi lirica pucciniana che poco peso da alla precisione storico culturale.
Un passaggio di consegna tra due modi di intendere il teatro che diviene analogia interessante assurta a pretesto per la scelta di affidare la regia ad un neofita della lirica, il napoletano Edoardo De Angelis, regista cinematografico visionario, se così ebbe da definirlo un maestro del grande schermo, sua eminenza Kusturica.
Una scelta azzardata, se non fosse che Tosca è uno spettacolo di un tempo che è tutti i tempi e di un luogo che è tutti i luoghi, un capolavoro, che fallisce se rigidamente incastonato in un contesto storico culturale o irrigidito dalla poca elasticità della tradizione classica ostinatamente mantenuta.
Gli umani del Puccini e di Floria Tosca sono gli stessi di oggi, in questa tensione distruttivo-creativa che ci rende il mondo, la Storia, che è ripetizione delle medesime storie da sempre.
La statura del San Carlo non sembra intimorire De Angelis convinto, come dice, che l’arte crei confidenza anche in un teatro come quello della lirica napoletana, capace di abbracciare ben volentieri l’incontro tra linguaggi diversissimi.
Incontro la cui riuscita starebbe nella possibilità di portare nel linguaggio dell’opera, una attenzione stilistica indispensabile per il tatto cinematografico: la potenza espressiva del dettaglio elevata a potenza.
Perché se si può contestare il fatto che dal poggiolo porpora dello spettatore d’opera il dettaglio non si scorge, lo stesso non si può dire dell’effetto che l’attore può trasporre sul palco quando a conoscenza dei minimi dettagli da interpretare. Quando la sua professionalità di esecutore materiale dello spettacolo deve rendere in vivo il non detto, e nel caso, il non visibile espressa in lirica dalla musica, ma che può beneficiare di un tocco inaspettato esterno.
È dire: l’attore sa di avere quella ruga di cui deve far sentire il peso. E una sola ruga conosciuta o meno può determinare la riuscita dell’opera tutta.
Si esplora un discorso nel profondo, sviscerandolo, portando a compimento uno spettacolo che succede nel tempo corrente, differente e unico a ogni riproduzione. E ogni differente replica porta in suo proprio e irripetibile carico poetico.
Vedremo se il regista saprà coniugare felicemente i due linguaggi artistici, lasciando una Tosca di sempre, come ci dice la Sovrintendente Rosanna Purchia, che guardi al presente/futuro in quella attitudine che deve essere propria del teatro in genere: staccarsi dalla cristallizzazione di volti e forme, dalla tendenza abnorme della tradizionale abitudine di essere fotografia e non immagine viva della realtà-società in cui si interagisce. Una volontà espressa, ci dice la Purchia, testimoniata anche dal decennale impegno del San Carlo di aprirsi al sociale, con una serie di iniziative che nel caso dell Tosca prevedono due prove aperte al pubblico, con ricavati da destinarsi a tre onlus attive sul territorio nazionale, ripetendo quel desiderio di aprirsi all’oltre come la stessa Sovrintendente aveva già espresso in occasione della Dama di Picche.
Una Tosca attuale rappresentata graficamente dal Maestro Mimmo Paladino altra firma importante di questo spettacolo, che curerà le scene di questa Tosca targata San Carlo, anche lui d’accordo nel riconoscere la natura avanguardista in cui si è tentato di far nascere questo progetto che, dice, può trovare vantaggio dal discorso portato avanti dal lavoro di De Angelis.
Nei panni di Tosca sarà Carmen Giannattasio (in alternanza con Monica Zanettin), e che si calerà in un personaggio per nulla comodo, una persona che porta nelle sue vicende un originario e mai superato desiderio di fare di più. Una figura lontana da quell’immagine da arpia cucitagli indosso, ma legata invece a una visione di intimità femminile tradizionale, che forse tende a rafforzare uno stereotipo di genere spezzato all’interno dell’opera pucciniana.
Eppure si sa, il carattere universale della musica di Puccini come di altri intramontabili della lirica, sta nel saper planare al di sopra delle vicende strettamente etichettabili, donare una sensazione di universalità in cui il tratto sessualmente segnante perde interesse. Un umano è un umano e la musica è musica. Un capolavoro come Tosca permette l’assimilazione non ragionata di verità inscindibili dalla pura intuizione, dalla non necessità di parossismo su differenze socialmente definite.
A guidare l’orchestra (istruita da Gea Garatti Ansini) il maestro Donato Renzetti, fermo nel riconoscere il valore universale della Tosca, della sua musica mutevole, da ricercare nella sua purezza lontana dalle incrostazioni stilistiche accumulate su uno spartito difficilissimo, oltre che bellissimo.
Una musica che è il tutto, che cela insidie non nelle arie più famose, ovvero in quei duetti il cui strascico di passione e umanità dona una panoramica onnisciente su una vicenda dalle trame oscure per i protagonisti, incapaci di riconoscere i segni che li condurrà un destino ineluttabile, ma in quei declamati drammatici che rendono la giusta adesione tra testo e musica. Allo spettacolo prenderà parte il Coro di Voci Bianche del San Carlo, diretto da Stefania Rinaldi.
Si prospetta una prima da seguire con interesse, cercando di individuare quei nessi che definiscono il dialogo tra linguaggi artistici differenti, che uniscono la frammentazione spasmodica del cinema con i tempi dilatati dell’opera, che fa vivere nelle aree espanse di un’arte senza tempo l’importanza del dettaglio reso all’ossessione di una tecnica vecchia dall’oggi al domani. Un dialogo che rende bene la materia primordiale del fatto artistico e che porta insito un messaggio pucciniano in anticipo sui tempi: il futuro è un po’ diverso da quello che già viviamo oggi.
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Per saperne di più
https://www.teatrosancarlo.it/it/spettacoli/tosca-2020.html
TOSCA
Direttore | Donato Renzetti
Regia | Edoardo De Angelis
Scene | Mimmo Paladino
Costumi | Massimo Cantini Parrini
Luci | Cesare Accetta
Floria Tosca | Carmen Giannattasio / Monica Zanettin (23, 25 e 29 gennaio)
Mario Cavaradossi | Fabio Sartori / Arsen Soghomonyan (23, 25 e 29 gennaio)
Il Barone Scarpia | Enkhbat Amartuvshin / George Gagnidze (23, 25 e 29 gennaio)
Cesare Angelotti | Renzo Ran
Il Sagrestano | Matteo Peirone
Spoletta | Francesco Pittari
mercoledì 22 gennaio 2020, ore 20.00, giovedì 23 gennaio 2020, ore 20.00
venerdì 24 gennaio 2020, ore 18.00 , sabato 25 gennaio 2020, ore 19.00
domenica 26 gennaio 2020, ore 17.00, martedì 28 gennaio 2020, ore 20.00
mercoledì 29 gennaio 2020, ore 18.00
ANTIPROVA GENERALE/L’applauso del pubblico per la serata di beneficenza( la redazione ilmondodisuk ©Riproduzione riservata )
Serata di beneficenza sabato 18 gennaio per Telethon. Destinata alla solidarietà e alla ricerca parte del ricavato dei biglietti (venduti a 60 euro) per un evento con teatro gremito di un pubblico eterogeneo. Un work in progress, ha precisato dal palco la soprintendente Purchia introducendo lo spettacolo arricchito dalle belle scene di Mimmo Paladino, minimaliste, culminate nel magnifico angelo che si staglia su un brillante cielo stellato tra un magico gioco luminoso curato da un poeta delle luci come Cesare Accetta.
Una regia teatrale sobria e attenta a dettagli e personaggi della Roma ottocentesca che dà spazio alle voci bianche del San Carlo, delicata presenza dell’arte del canto con sguardo al futuro.
Accompagna il capo delle guardie pontificie Scarpia (personificazione del potere e del suo abuso per sedurre Tosca illudendola di liberare il suo amante , il pittore Cavaradossi, colpevole di aver aiutato a nascondersi il rivoluzionario Angelotti e imprigionato a castel Sant’Angelo) un pitbull bianco che accentua l’alone di perfidia del potente di turno e che tante polemiche ha suscitato tra gli animalisti partenopei alla sola ipotesi di introdurlo nella rappresentazione. Silenzioso e forse troppo indifferente alla platea, tanto da mostrare la coda alla platea, comportamento che non è stato gradito da qualcuno.
Cristallina la direzione dell’Orchestra con Donato Renzetti, un po’ meno l’esibizione di Fabio Sartori (Cavaradossi) e Enkhbar Amartunshin. Intensa, pur tra qualche esitazione, l’interpretazione di Carmen Giannattasio. E gli spettatori applaudono con calorosa convinzione. Stasera la vera prova generale. In attesa delle emozioni della prima di mercoledì 22.
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