Due nuove personali per la Galleria Alfonso Artiaco, Edi Rama e Gioberto Noro. Le prime due sale ospitano le opere Edi Rama, che a Napoli è alla sua seconda personale con una mostra dal titolo “Lavoro”.
L’artista albanese, classe 1964, vive e lavora a Tirana. Ex docente di pittura all’Accademia di Belle Arti e autore di numerosi testi, ha iniziato la sua carriera politica nel 1998, ricoprendo il ruolo di Ministro della Cultura e successivamente, tra il 2000 e il 2011, è stato sindaco di Tirana. Dal 2013 è Primo Ministro, attualmente in carica al secondo mandato. Il suo ruolo politico si è sviluppato in concomitanza con la sua carriera artistica, le sue due anime, infatti, non solo coesistono ma si condizionano vicendevolmente: per lui la cultura è elemento essenziale in una società funzionante.
Il suo progetto prevede in mostra circa 14 Doodles, disegni molto veloci, realizzati su fogli d’agenda, appunti delle riunioni o carta intestata del ministero, il materiale d’ufficio cambia pelle e diventa tela, supporto per i suoi automatismi istintivi. La cancelleria, proprio come l’autore, riveste un doppio ruolo, formale e artistico allo stesso tempo. Fuori dai luoghi istituzionali Edi Rama lavora nel suo atelier, trasformando i suoi disegni in più complesse sculture ceramiche che ci conducono nel subconscio dell’artista, in luoghi immaginati. Troviamo in mostra anche queste sculture, a parete e su piedistalli sagomati, insieme ad una carta da parati che ricorda quella presente a Tirana, nel suo ufficio, riproposta nella seconda stanza della Galleria.
Ciò che prepotentemente emerge è la coesistenza del doppio ruolo, la dimensione politica e pubblicata mescolata a quella privata e artistica, l’esperienza di visita diventa una totale immersione nella mente dell’artista.
Le successive quattro sale della Galleria ospitano “Colori nel Vuoto”, la personale della coppia di artisti Sergio Gioberto e Marilena Noro. Vengono proposte al pubblico una decina di nuove opere dai cicli Farben, Vanishing Point e Variazioni Primarie.
Il loro lavoro sottolinea la necessità del Vuoto per poter osservare l’architettura che lo ospita e, contemporaneamente, anche la necessità di delimitazioni poste dalle strutture architettoniche per consentire al Vuoto stesso di esistere. Anche il Colore assume un ruolo fondamentale, serve infatti ad ammorbidire la rigidità strutturale causata dalla prospettiva.
Spiegano gli artisti: «Pensiamo all’immagine come a un modello della realtà, costruiamo modelli in scala le cui strutture richiamano il concetto della prospettiva lineare, così affine al medium da noi usato, la fotografia. Il nostro campo visivo, nel corso degli ultimi seicento anni ha progressivamente subito una metamorfosi, passando dalla forma fisiologica dell’ellisse a quella culturale del frame, della cornice. In questo modo lo sguardo è stato protetto dalle irruzioni dell’irrazionale, ma contemporaneamente è stato “imprigionato” nella cosiddetta finestra prospettica. È per questo motivo che usare un medium a forte valenza prospettica come quello fotografico, ci pare essere una possibilità di riflessione sulle dinamiche del vedere. Percepiamo il Colore come una Entità dotata di intelligenza e quindi, per estensione, capace di generare Intuizioni e il Vuoto come a una Realtà in grado di “pulire lo sguardo”, di liberare lo sguardo da tutto ciò su cui quello sguardo si era formato».
Le due mostre resteranno esposte fino al prossimo 22 febbraio.
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