Le mani della citt  (tra sogni, schiaffi e carezze). E’ la mostra di Tina Vaira che la Biblioteca Croce (in Via F. De Mura 2/bis Angolo via Luca Giordano- Napoli) ospita gioved 10 marzo dalle 17. Ne parlano con l’autrice Mario Coppeto, Antonio Filippetti, Ugo Piscopo , Maurizio Vitiello. L’evento è organizzato dall’ Istituto culturale del Mezzogiorno in collaborazione con l’ Unione nazionale scrittori artisti. Di seguito pubblichiamo l’intervista di Filippetti all’artista contenuta nel cataolgo dell’esposizione.
La sua è una lunga milizia artistica. Ci può dire com’è incominciata?
Forse sono stata fortunata a esser cresciuta a Firenze, in una citt  rinascimentale dove non si possono chiudere gli occhi davanti a tanta bellezza. Ma devo ringraziare mio padre, che malgrado non avesse studiato (faceva la guardia carceraria), aveva evidentemente un amore particolare per l’arte e lui, ricordo molto bene, spesso e volentieri, la domenica, mi portava per le strade fiorentine e soprattutto nei musei. Gli uffizi erano la sua meta preferita. E l  dentro io mi incantavo avevo forse dodici/tredici anni; m’incantavo soprattutto davanti alle Madonne di Raffaello, Murillo ,ecc. ecc. Più grandicella, ci andavo anche da sola. Gli uffizi mi avevano stregata , tanto che , a volte, a casa sistemavo per terra dei grandi fogli bianchi e dopo aver convinto mia sorella più grande a posare per me, la ritraevo con un velo in testa da sembrare una Madonna. In seguito mi iscrissi al liceo artistico dopo aver fatto gli esami di terza media privatamente con grandi sacrifici dei miei genitori. Al liceo esplose la passione per il nudo tanto che spesso e volentieri posavo nuda davanti allo specchio e mi ritraevo. Mi iscrissi successivamente all’Accademia di pittura, cominciava dipingere nature morte, ecc. Mi piaceva tantissimo . Dopo due anni lasciai l’Accademia poich ebbi la nomina di insegnante in provincia di Bari e mi allontanai da casa, senza rimpianti. Cominciava una vita nuova. Intanto continuavo con la pittura.
Com’è avvenuto il passaggio dal figurativo degli esordi al concettuale degli anni della maturit ?
Mi trasferii dopo cinque anni da Bari a Napoli, altra affascinante citt  dopo Firenze; fu una mia scelta forse perch volevo ritornare alle mie origini ero nata a Pozzuoli e quando ho rivisto il mio paese natale mi è entrato talmente dentro il mio essere che l’ho dipinto in tutti gli angoli che mi affascinavano. Correvo appeno potevo con la mia cinquecento, tela e tavolozze e non ero mai sazia del mio paese cos ritrovato e tanto amato. Dopo vari anni ho conosciuto il maestro Emilio Notte indicatomi dal pittore fiorentino Zuccoli che lo conosceva bene in quanto Notte ha insegnato anche all’Accademia di Firenze.
Che cosa ricorda di lui?
Frequentavo casa sua e mi fece conoscere un mondo nuovo dell’arte che mi appassionò e mi dette degli insegnamenti per una strada nuova che io intrapresi molto volentieri e con passione. Poi c’p stato il periodo della tela juta che era calda, tranquilla, non mi dava scossoni come poteva succedere con la tela bianca. Allora il bianco mi faceva paura, perch mi sembrava troppo aggressivo. Poi un giorno, venne a casa Gerardo De Simone che s’intendeva bene di arte e a sangue freddo mi disse “Tina, adesso basta con la juta, sta durando da troppo tempo, è ora di cambiare”. Fu una scossa elettrica, o meglio ci fu un terremoto dentro di me che sconvolse all’improvviso tutto il mio mondo che mi aveva dato tranquillit  e gioia. Avvenne insomma una rivoluzione in me. Cominciai a prendere tele bianche, a usare il sale, cementite, carte colorate, ritagli di giornali, colla, colori acrilici (fino ad allora avevo usato colori ad olio ) e via per una nuova strada e intanto, meravigliosa, creavo forme sempre accompagnata da musica classica che sceglievo al momento secondo le esigenze. Spesso ascoltavo la Turandot che mi esaltava Avevo scelto insomma un’altra strada che mi affascinava e continua e mi affascina tuttora. Tra un quadro e l’altro mi piaceva realizzare qualche pastello ad olio cos come non ho mai smesso di dedicarmi agli acquerelli.
Cosa pensa dell’arte contemporanea?
Io accetto tutte le forme d’arte, ognuno è libero di scegliere la propria strada, ma non si deve barare, l’artista deve essere convinto della sua scelta e del suo stile, ma l’opera deve soprattutto creare un incontro col fruitore e dare un’emozione. Se ciò accade va benissimo.
Qual è lo spazio dell’arte del mondo odierno della comunicazione “on line”?
La comunicazione “on line” mi è difficile capirla. Mi dichiaro ignorante in materia , non mi riguarda e neanche m’interessa. Posso sbagliare ma adesso la penso cos.
Che cosa accomuna secondo lei i linguaggi creativi?
L’artista, in quanto tale, ama tutte le forme d’arte che può andare appunto dall’amore per la musica alla poesia e alla letteratura. Una forma d’arte non esclude un’altra; tutto è bello e tutto è poetico. Molti pittori sono stati e sono dei poeti e viceversa. Anch’io, negli ultimi tempi, mi sono dedicata alla poesia e ne ho scritto molte ricevendo sensazioni intime e liberatrici. Anche la pittura è poesia. Se il fruitore riceve questo messaggio, allora vuol dire che l’opera è valida.

Nella foto, la copertina del catalogo con un’opera dell’autrice

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