Perch parlare dei Borbone? Chi tra noi ha più di venti anni ha imparato dalla scuola che era una dinastia infame, che ha oppresso il povero popolo delle Due Sicilie, salvato, poi, da Vittorio Emanuele di Savoia, re di Piemonte, il quale fece una guerra per liberarlo, avendo ascoltato il suo “grido di dolore”. E abbiamo studiato che, finalmente, c’è stato il Risorgimento e l’Unit d’Italia e c’è stato Cavour, Mazzini e Garibaldi. Anche Giuseppe Verdi è stato messo in campo, considerando il suo cognome, acronimo di Vittorio Emanuele Re D’Italia. Poi Risorgimento e Resistenza sono stati messi insieme, l’uno a sostegno dell’altra, per affermare la lotta contro il tiranno. E il tiranno, all’epoca, era il re Borbone.
Lo credevo anch’io, da brava scolaretta. Solo un fatterello non mi tornava, un aneddoto sulla ferrovia Napoli-Portici, che non avevano potuto negare sia stata la prima costruita in Italia. Dicevano che era stata costruita perch i re e i loro familiari potessero raggiungere la reggia di Portici e le residenze del Miglio d’Oro, ci quelle a Portici e a Bellavista, dove anche dei miei antenati avevano una villa.
E, dai racconti di famiglia, sapevo per certo che i nonni dei nonni, o meglio le nonne delle nonne, non erano mai andate in ferrovia, preferendo spostarsi da Napoli in carrozza. Poi, quando presi a considerare la bellezza delle architetture e il realismo delle pitture dell’epoca borbonica, mi dissero che sbagliavo. E io sapevo che non era cos. Compresi, allora, che c’era una damnatio memoriae dei Borbone, di una dinastia che ha governato Napoli per più di un secolo rendendola splendida capitale. Compresi che si dicevano cose non vere, che iBorbone erano calunniati. Cos anche Napoli viene sistematicamente denigrata, esagerando i suoi difetti e non citando i meriti del suo popolo, della sua cultura e della sua arte. Immaginate che, per quanto di arte ce ne sia a Napoli, che ne è piena, sui manuali scolastici l’arte napoletana quasi non viene citata.
Perch i Borbone ? Perch l’immagine dei Borbone è l’immagine identitaria della Napoli borbonica. E quindi opportuno è stato il convegno che si è tenuto nella sede dell’Istituto di Cultura Meridionale, a Palazzo Arlotta (via Chiatamone 63). L’incontro si intitolava “Borbone Due Sicilie esiste un ramo di Spagna?”. Organizzato dal presidente dell’Istituto Gennaro Famiglietti, ha avuto quale moderatore Pierluigi di Sanfelice di Bagnoli, delegato del Sacro ordine costantiniano di San Giorgio e, quali relatori, Giovanni Grimaldi, Comitato scientifico- annuario della Nobilt Napoletana- Storia e Diritto dinastico della Real Casa, e Andrea Borella, direttore ed editore annuario dei nobili napoletani-araldica e pretensioni dinastiche della Real Casa Borbone Due Sicilie.
La discussione è stato un chiarimento. E’ stato chiarito che le pretese di invalidare la legittimit della successione di Carlo, duca di Castro sono prive di senso. Le ragioni sono state espresse con chiarezza, ma, nel timore di non essere sufficientemente chiara e precisa, mi astengo dal riferirle. In sostanza, si è affermato che, se si inficiasse la legalit della discendenza reale borbonica, si invaliderebbe una sorta di identificazione. Ogni Comunit ha bisogno, per sentirsi tale, di un simbolo. Ed è stato interessante, perciò, l’illustrazione fatta da Andrea Borella dello stemma della Real Casa delle Due Sicilie. Uno stemma molto complesso, come complessa ne è la storia. Dalla composita figura centrale si dipartono una sorta di girari (detti “alla Napoletana”), sui quali sono rappresentati gli Ordini, tra cui, celeberrimo, quello di San Gennaro, di cui veniva insignito, appena nato, ogni membro della famiglia reale borbonica.
Questo senso della appartenenza, un tempo, era fortissimo. Tanto che non solo la Real Casa borbonica ma tante citt del Regno avevano un loro stemma. E in ogni stemma era annotata la loro storia. Ma queste singole Comunit erano e si sentivano comprese nella più ampia identit del Regno, rappresentato dalla Casa Reale. Napoli e il Sud, eredi delle autonome polis greche, erano unite da una stessa cultura e da una stessa Monarchia. Il Sud Italia ha avuto un forte attaccamento all’idea monarchica. Tanto che, nel Referendum del 1946, tra Monarchia e Repubblica scelse la Monarchia. Certo, allora, non si conoscevano i soprusi perpetrati dai Savoia a danno del Sud. Ma vinse l’Idea monarchica. Soprattutto a Napoli, dove vi furono ribellioni sedate con l’uccisione di alcuni ribelli.
Oggi i Borbone, con lo studio coraggioso e l’abnegazione di piccoli grandi eroi, sono stati rivalutati ed è stato scoperto il loro valore di regnanti. Oggi “Borbone” è diventata una parola, un simbolo che promuove Napoli. Un curioso episodio ne d prova.
A Napoli, a maggio, vi sar un convegno di un’Associazione femminista internazionale. Vi parteciperanno donne da tutta Italia e dalla Turchia. Che cosa hanno chiesto di visitare? La galleria borbonica. Non il Museo Archeologico n quello di Capodimonte che sono, in effetti, anche loro, opera dei Borbone, ma il tunnel. Perch? Perch è l’unica realt napoletana che si definisce con l’aggettivo borbonico. E una prova indiretta della forza del simbolo borbonico è il fatto che si tenti di nasconderlo, eliminarlo. Tanto che, è stato ricordato nel convegno, i gigli borbonici, che fanno parte dello stemma, sono rimasti soltanto nella cappella funeraria borbonica a Santa Chiara.
Ma perch Napoli, nonostante tutto, è ancora legata all’Idea monarchica e ai Borbone? Per comprenderlo, come, in genere, per comprendere meglio i nostri pensieri, forse bisognerebbe rivolgersi alla etimologia. Monarchia è composta da monos=uno e da arch guida, principio, modello. E perch i Borbone? Perch, come ha ben detto Giovanni Grimaldi, furono modello e simbolo di attaccamento al proprio popolo, alla propria religione, alla famiglia. Ai valori tradizionali del popolo napoletano e della sua civilt .
Nella foto, uno scorcio della suggestiva galleria borbonica