L’aria a Napoli sta cambiando, stiamo assistendo a fluorescenze culturali spontanee, ed è questo un momento che ci potr condurre a nuovi modi di sentire il nostro vivere. La cultura napoletana è presente, propositiva e attiva, siamo consapevoli che il binomio creativit e innovazione è molto potente, creare significa introdurre nuovi elementi in un quadro che può, dopo tanto tempo, essersi cristallizzato.
una mostra esperienziale, Impossible Naples Project, per una rinnovata percezione visiva della citt . Fino al 20 luglio, sar attiva, sulla piattaforma Eppela.it, la raccolta fondi per la realizzazione della mostra che consiste in alcune reinterpretazioni di immagini di Napoli. Persona interessante Marco, un ricercatore, un’artista che si è messo in gioco a partire dal 1988 con una mostra personale e che continua a suscitare curiosit con le sue tante iniziative. Ne parliamo con lui.
Marco, per fare una buona foto dici che si devono mettere in gioco tutti i sensi che, secondo te, sono sei invece di cinque, ci puoi spiegare?Bresson diceva che occhio, cuore e mente devono stare sulla stessa lunghezza d’onda per fare una buona foto. Giusto, ma io aggiungerei che tutti i sensi sono importanti per essere ricettivi al mondo che ci circonda e questi devono dialogare tra di loro. Il sesto senso per me è questo riuscire a connettere contemporaneamente i cinque sensi creando associazioni mentali con informazioni personali gi registrate nel nostro cervello che possano far prevedere ciò che sta accadendo o farci vedere ciò che altri non colgono. E non è una strana magia ma semplicemente un dialogare con noi stessi.
“La civilt delle immagini”, quali sono, secondo te, le immagini civili e quelle incivili? Per me un’immagine “incivile” è quella utilizzata per strumentalizzare una notizia inserendola in un altro contesto, quella manipolata in postproduzione ingannando l’osservatore in quanto fatta passare per vera, quella realizzata senza essere pensata prima, quella ridondante come le decine di foto del Vesuvio che girano sui social e spacciate “abusivamente” come foto di Napoli mentre invece sappiamo tutti che si tratta solo di un vulcano che si vede da Napoli. Le immagini “civili” sono per me quelle che hanno una loro utilit temporanea o prolungata nel tempo. Denunciano e documentano un fatto (se la didascalia o l’articolo sono veritieri). Penso anche a quelle immagini che vengono realizzate per progetti sociali come il calendario di una nota ditta di caffè realizzato per ricavare fondi da destinare a campi agricoli dell’Africa. Un’immagine “civile” insomma, è una “foto utile”.
La sostenibilit descrive il rapporto dell’individuo con la propria realt , il mondo. Non è un’ideologia, n una scienza anche se entrambe influenzano il nostro rapporto con esso. Tu parli di fotografia sostenibile, come si fa a cogliere e comunicare fotograficamente il concetto di sostenibilit ? Quando parlo con aspiranti fotografi durante alcuni incontri, collego l’immagine “inutile” (quella non pensata) alla ridondanza di immagini simili tra di loro. Ho visto fotografi che scattano a raffica per avere una foto buona, quando c’era la pellicola non si faceva cos. Quello che dico è che stressare una reflex facendola lavorare con scatti consecutivi, porta all’usura della fotocamera che verr poi buttata in anticipo rispetto alla sua normale durata, aumentando i volumi nelle isole ecologiche. Parlo anche del byte-inquinamento, una roba di cui in rete ne ho scritto solo io oltre dieci anni fa. La sovrapproduzione di immagini comporta l’acquisto di nuovo hardware per la conservazione dei file spesso simili, non selezionati; ma non solo intasano ogni giorno internet e ciò comporta nuove spese in termini di fibra ottica nelle citt gravando sui nostri costi telefonici. E dopo la fibra ottica i satelliti e poi chiss cos’altro ci sar . come se su un piccolo ponte volessero transitare centinaia di tir nello stesso istante o il ponte collassa o se ne fa uno a dieci corsie e poi avanti cos, sempre più tir e poi più corsie ancora. E invece possiamo risparmiare, essere più sostenibili, evitare gli sprechi. Scattare di meno e meglio. Se vado in un luogo e voglio condividerlo con gli amici, non posto sui social cento foto ma una sola e mi sento di essere stato un po’ sostenibile inquinando di meno la rete.
Dieci anni per realizzare un tuo progetto che ha portato alla realizzazione del panorama più lungo del mondo di Napoli, Metamorfosi Reloaded (un po’ più di 8 metri). Un’opera condivisa, alla quale hanno partecipato fotografi, artisti, esperti di Photoshop, architetti ed amanti di Napoli. Marco che valore ha per te la sinergia?
Ci sono cose che si possono fare da soli, tante altre no. L’arte partecipata non è altro che un esempio della mia concezione di un mondo migliore. La mia tesi di laurea in Accademia di Belle Arti si intitolava “Connections change the world” e descrissi quanto fosse necessaria l’interattivit multidisciplinare, le connessioni tra artisti, filosofi, tecnici, scienziati… per trovare soluzioni ai problemi del mondo. Ovviamente non è una cosa che ho inventato io, Derrick de Kerckhove ne è stato l’anticipatore, però vedo che il trend è questo e a volte fa fatica a farsi strada in una civilt ancora conservatrice per certi aspetti. Il fenomeno-Ted ( www.ted.com ), gli incontri di start up, le piattaforme di crowdfunding fiorite negli ultimi anni, sono alcuni degli aspetti che evidenziano il trend della condivisione attiva. Ho un’idea ma ho bisogno di sinergie per realizzarla chi mi aiuta? un concetto semplice.
Come nasce l’ideazione di Impossible Naples Project?
Dal 2000 ho iniziato a smanettare col Photoshop e iniziai a manipolare le mie foto dell’archivio di Napoli, scontornandole, assemblandole, immaginando nuovi contesti visivi. Le mostravo a amici e conoscenti e mi accorsi che per loro era intrigante cercare di riconoscere i vari “pezzi” di Napoli che c’erano in un’unica immagine. Quindi ho pensato di estendere questa esperienza a un pubblico più vasto.
Quindi la mostra può aiutare a riconoscere Napoli per conoscerla, attraverso un’esposizione di undici immagini, ognuna composta da più foto, un po’ surreali, un po’ metafisiche, di vari formati, composte da differenti monumenti e luoghi di Napoli che tendono a stimolare una più approfondita percezione visiva della citt . Marco, nella storia della fotografia quali altre esperienze di sovrapposizioni ci sono state?
Nella storia della fotografia c’è ben poco da citare in merito perch i software di manipolazione delle immagini sono relativamente recenti. Però mi sento di citare alcuni artisti che ho conosciuto di recente sui social come Giorgio Lo Cascio e le sue “Meteore” esposte recentemente al MIA Photo Fair, Nicolò Quirico che contrae o dilata gli spazi delle citt con le sue opere, Victor Enrich che usa anche programmi vettoriali per realizzare i suoi luoghi fantastici, Roberto Vignoli che ha realizzato un’unica vista sulle strade di Cuba montando più scatti in maniera omogenea e poi ci sono alcuni grafici che lavorano per le campagne pubblicitarie, come Sandro De Angelis, che non raramente stravolgono visionariamente una citt per necessit lavorative. Ma il fenomeno viene da molto lontano nel campo dell’arte, ricordiamo i dipinti metafisici di Giorgio De Chirico, i “capricci d’artista” di Canaletto, i luoghi impossibili di M. C. Escher e poi ci sono le vere e proprie “visioni” come quelle di Ledoux che anticipò oltre un secolo prima la casa sulla cascata di F. L. Wright o Jean-Jacques Lequeu che anticipò le architetture “verdi” di Hundertwasser e ancora, Gustave Dor che illustrò la Divina Commedia senza essere mai stato all’inferno o in paradiso… ma l in fondo, c’era l’aiutino del testo di Dante.
Napoli l’hai guardata e vista, cosa ti ha meravigliato?
Mi meraviglia il fatto che mi fa sentire un viaggiatore ogni volta che percorro le sue strade perch c’è sempre qualcosa che non avevo notato prima. Napoli è la citt del presepe e come tale è essa stessa un presepe e puoi trascorrere giornate intere ad osservarlo scoprendo via via nuovi dettagli. una citt che sembra uno di quei bauli di una volta dove dentro c’è di tutto ed ogni volta che lo riapri scopri e riscopri nuove emozioni.
“Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l’immagine di un’idea.” Tiziano Terzani. Quanto è importante per te poter arrivare alla maggior parte delle persone con i tuoi scatti?
Non è importante raggiungere un certo numero di persone ma la qualit emotiva delle persone. Se pubblico un servizio sul Qui Touring verr visto da migliaia di persone ma solo perch hanno acquistato la rivista. Se parliamo delle immagini di Impossible Naples Project per me è quasi un dovere morale mostrarle a tutte le persone raggiungibili, specie se concittadini, perch penso che siano immagini che dovrebbero far scattare meccanismi di pensiero come l’opportunit di poter immaginare l’impossibile, osservare la citt secondo una percezione visiva diversa stimolando quel processo identitario e quindi di affezione verso la propria citt .
La creativit di Marco Maraviglia espressa nel suo happening, Impossible Naples Project, può rappresentare uno strumento utile al cambiamento della percezione della nostra citt , penso che sia un’opportunit da non perdere, questi i riferimenti per saperne di più e per scegliere di contribuire al crowdfunding per la realizzazione della mostra.