Un’analisi puntuale sullo stato di salute della letteratura agli inizi del nuovo millennio implica inevitabilmente il coinvolgimento del campo dell’editoria. Gli anni Novanta del secolo scorso era stati etichettati come un gran brutto decennio per la letteratura, un periodo popolato da autori incapaci di raccontare il nuovo, inabili all’attraversamento della realt che li circondava, all’indignazione e all’entusiasmo, elementi indispensabili per essere testimoni critici del proprio tempo. Andando alla ricerca delle possibili cause di tale fenomeno, Pascale Casanov nel saggio La Rpubblique mondiale des lettres individuava una delle cause di tale stato di cose nel legame fra letteratura e politica, un mondo feroce, intriso di spietatezza, ingaggi ed anche di penne vendute.
Per la scrittrice francese esiste un’economia letteraria che non è il riflesso di un’economia economica, pur presentandone tutti gli ingredienti, un pianeta dove autori, editori e traduttori combattono per accedere, con scopi ed itinerari diversi, ai valori letterari. Ci sono vincenti e vinti ed i premi rappresentano la forma meno letteraria della consacrazione. Ne risulta un quadro omertoso e fosco con giornalisti, critici e scrittori ed editori intenti ad affilare le armi, con le culture dominanti pronte a divorare i frutti delle etnie letterariamente deboli e diseredate. Gli scrittori vengono definiti dannati della letteratura che restano fatalmente alle capitali dei lumi colonizzatori, siano essi lumi mercantili o luci pure. E’ chiaro che a condurre quello che è diventato un vero e proprio mercato della letteratura, è il campo dell’editoria, dove se è vero che il pubblico sceglie e decreta il successo di un libro, non si può non riconoscere che spesso, sotto gli effetti di un continuo bombardamento mediatico e pubblicitario, il lettore finisce con l’essere influenzato e condizionato nelle proprie scelte. E’ evidente che tra gli ultimi decenni del Novecento e l’oggi, il ruolo dell’editore, nella proposta e nella filosofia che la dovrebbe sottendere, è cambiato.
Ripensando alla lezione di Giulio Einaudi, ci riferisce Alfredo Salsano, non possiamo non ricordare la cultura integrata alla quale s’era affidato, dove i libri erano pensati uno per uno da un gruppo di persone, mentre oggi le pubblicazioni sono per lo più dirette al mercato e tutto funziona in virtù di esso, un mercato editoriale drogato, caratterizzato dalla quantit , piuttosto che dalla qualit . Ne deriva la conseguenza che le grosse concentrazioni editoriali la fanno da padrone ai danni delle piccole medie testate, le quali si muovono con grande difficolt nel mare magnum dell’editoria e della comunicazione.
Vado a Napoli, citt che nella storia letteraria del Novecento ha espresso autorevoli voci letterarie, e che nel campo dell’editoria segna il passo, dove a ritrovarsi spazi e ruoli non è impresa facile, proprio per i motivi su descritti. Vado a incontrare Donatella Gallone, che da qualche anno ha dato vita alla casa editrice ilmondodisuk.
Giornalista, editrice, scrittrice partenopea. Giornalista professionista dagli anni ottanta, con esperienza nella carta stampata e alle spalle collaborazioni radiofoniche e televisive con il Giornale di Napoli, il Corriere della Sera, Napolipiù/laVerit , Radio1 e Radio3 e Napolitivù. Nel 2008 ha fondato la societ cooperativa ilmondodisuk che si concentra su arte e cultura in particolare, attraverso un portale, un magazine online, una casa editrice e la produzione di filmati diffusi su youtube. L’obiettivo è far conoscere il talento di Napoli nel mondo. Nel 2010 ha lanciato la casa editrice al Salone del libro di Torino dove ha proposto il suo libro “Per amore delle bionde. Uno scugnizzo a passeggio con i boss” oltre 200 pagine che narrano cinquant’anni di criminalit organizzata raccontata da un contrabbandiere di sigarette, opera che ha ricevuto la menzione speciale alla settima edizione del Premio Giancarlo Siani. Ha intervistato per la prima volta Jean-Nol Schifano nel 1986, quando lo scrittore ha presentato a Napoli la versione italiana di Chroniques napolitaines edita da Tullio Pironti.
Essere e fare l’editore a Napoli. Quale è stato il primo impatto. Operazione difficile, in una citt dove il settore, laddove esiste, è sottoposto a mille condizionamenti.Ho cominciato nel 2002 quando, consulente redazionale del quotidiano “Napolipiù/laVerit “, accanto all’attivit giornalistica, ho lanciato il marchio editoriale SukLibri. Il nome suk, mercato popolare in arabo, è stato scelto per sottolineare l’apertura ai talenti che non hanno voce nel panorama editoriale nazionale, schiacciati dai meccanismi di marketing dei colossi che monopolizzano il settore. E’ stato un debutto coraggioso, con un titolo sopra le righe, di uno scrittore molto impegnato nei temi sociali, Pasquale Ferro. Il titolo “Genny Flowers, una travestita in attesa di pensione d’invalidit “. Genny Flowers smaschera l’ipocrisia degli irreprensibili signori in giacca e cravatta, con famiglia, che di sera vanno a caccia di brividi, in cerca dell’amore omosessuale sui marciapiedi della citt . Ma la vera protagonista è Napoli, con reali storie di emarginazione e sofferenza, in chiave tragicomica.Ma poi ben presto l’orizzonte si è allargato e accanto al campo editoriale, hai dato vita al progetto “Sos Partenope”. E’ un’operazione sinergica proprio con una Citt , dove si parla tanto di cultura, ma che alla resa dei conti, poco restituisce al fascino della bellezza e molto ai suoi aspetti negativi?Nel 2008 dalla carta stampata sono passata al web con un portale, un e-magazine e naturalmente la sigla editoriale. Intorno al suk, luogo dove condividere le idee, ho creato un mondo. Al centro c’è lei, Partenope, protagonista anche nel logo che ci rappresenta. Il disegno del logo è nato proprio nel momento in cui Napoli veniva mediaticamente messa alla gogna come ricettacolo di “monnezza” e covo del malaffare. E io volevo invece concentrare l’attenzione su tutto quello che c’è di positivo a Napoli. Sui suoi tanti talenti, imprenditoriali, culturali, artistici, musicali… Per pubblicizzare la nuova operazione giornalistica/editoriale lanciai una cartolina con una sirena molto colorata aggrappata a una ciambella, mentre mani l’afferrano ai piedi e alle code per farla annegare. La ciambella è la cultura e le mani sono quelle di chi specula sulle pelle di Napoli per fini personali. Sulla cartolina, una scritta SOSPartenope. Questo slogan l’ho ripreso adesso per lanciare la traduzione italiana del libro di Jean-Nol Schifano, Dictionnaire amoureux de Naples” che in italiano sar “Dizionario appassionato di Napoli” sono 580 pagine, con 80 storie dalla lettera a alla zeta scritte da un autore innamorato della citt . Che vuole smantellare i pregiudizi costruiti ad arte su di lei e appassionare i lettori raccontando le esperienze vissute in sedici a anni di permanenza a più riprese, correggendo errori storici. Sotto accusa, soprattutto l’Unit d’Italia attraverso la quale si è voluta ridurre a un bonsai una civilt millenaria, unica al mondo.
Qualche anno fa, Raffaele La Capria, a Praga, nel suo intervento al Convegno del Grinzane Cavour sul tema Gli scrittori e l’Europa individuava il ruolo dello scrittore nella sua capacit di legare la propria memoria alla memoria degli altri vissuta in altri luoghi, per renderla dovunque riconoscibile. Significa passare dal particolare all’universale, perch solo in tal modo un luogo particolarissimo come Napoli diventa il mondo. Non si può essere universali, se non si è stati profondamente legati al luogo particolare. E’ quello che La Capria definisce paradosso dell’arte, mentre per Giuseppe Bonura rappresenta il localismo planetario che possiede insieme i requisiti di particolarit e globalit , un modo per rappresentare la tradizione che si dilata a dismisura oltre i propri confini, ma resta pur sempre tradizione. E’ questo il senso, la filosofia di “Sos Partenope”? C’è affinit tra l’affermazione di La Capria e il tuo progetto?
Da giornalista, negli anni, ho sempre praticato il “glocal”, molto prima che diventasse di moda. Napoli merita un posto di primo piano sulla scena del mondo e non solo per il suo passato ma anche per il suo presente vivace, originale e al di fuori di ogni schema. Per la sua identit che si è sempre evoluta, mantenendo tuttavia una propria peculiarit , che ha valore internazionale. A Napoli tutto è diverso, intriso di luce e oscurit , un eterno balletto con la morte e la vita. La traduzione del libro diventa cos un’operazione politico/culturale che vuole spezzare quelle barriere in cui hanno voluto imprigionarla. E interrompere il tiro a bersaglio collettivo contro la Ville, come la definisce Schifano, sempre con la maiuscola, ovvero la Citt per eccellenza. Capitale per sempre.
E poi l’incontro con Jean-Nol Schifano e l’approccio con il Dictionnaire amoureux de Naples. Nella strategia complessiva, quanto è pesato quest’incontro?
Schifano l’ho incontrato per la prima volta trent’anni fa, quando ha lanciato la versione italiana delle sue Chroniques napolitaines con l’editore Tullio Pironti. In quella occasione l’ho intervistatoper la prima volta. Poi è tornato a Napoli come direttore dell’istituto francese nel 1992 e io, da responsabile del settore cultura e spettacoli del quotidiano “il Giornale di Napoli”, ho sempre seguito i molteplici eventi che organizzava, tra mostre e dibattiti.
E il futuro?
Per ora pensiamo al presente. Il futuro dipende dalla citt , dalla capacit di raccogliere questo messaggio forte che stiamo lanciando, dalla possibilit di fare rete partecipando alla realizzazione editoriale del volume. Che potr finalmente veicolare l’autentica immagine di Napoli. Con le sue infinite contraddizioni, ma anche con la sua creativit e bellezza.
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L’intervista è stata pubblicata sul portale altritaliani
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