Sorrisi, sorrisi, tanti sorrisi. Erano, sabato sera, quelli di gentili giapponesi sorridenti. Li incontravi nel Conservatorio di San Pietro a Majella, che ospitava un loro concerto per mandolino e orchestra. Un rapporto privilegiato quello tra il Giappone e Napoli, prima citt italiana gemellata, gi dal 1960, con una citt giapponese (Kagoshima). E antica è la scoperta fatta dai giapponesi del mandolino napoletano e il loro conseguente innamoramento. Tanto che, gi nel 1923, nasceva, nella Meiji University, il Mandolin Club. E appunto l’Orchestra di questo club, con il suo direttore Yasufumi Kai, era sabato sera in concerto.
Forse è stato proprio per merito dei giapponesi che il mandolino napoletano ha ripreso ad avere successo. Erano stati tanti i liutai napoletani tra il Settecento e la prima met dell’Ottocento, quando i mandolini erano richiesti in tutto il mondo, incominciando dagli zar di Russia. Poi di questi liutai vi fu una moria e quegli antichi mandolini, finissime opere di artigianato artistico, con ornamenti in avorio, madreperla e tartaruga, non si costruirono più. E ora si possono ammirare, quali reperti archeologici, nello studio Calace, che si trova in un palazzo a piazza del Gesù, quello che fu abitato dal principe di Sansevero e da Carlo Gesualdo principe di Venosa, famoso musicista e uxoricida. Per lungo tempo, infatti, il mandolino fu disprezzato veniva considerato troppo legato alla tradizione napoletana e quindi arretrato, non più di moda, troppo popolare. Sebbene fosse stato usato da rinomati musicisti. Non solo dal nostro Paisiello, che lo adoperò anche nel suo Barbiere di Siviglia, poi saccheggiato da Gioacchino Rossini, ma anche da Stravinskij, Mahler e Schnberg. Ed ecco questo nostro strumento fatto resuscitare dai giapponesi.
A pensarci, si può trovare una certa assonanza tra la trillante risatina giapponese e il trillo delicato del pizzico del mandolino napoletano, come anche tra il suono dolce e arioso delle mandolinate e le movenze rapide e sdutte dei giapponesi, che, nelle loro arti marziali,, come nel judo, la via della dolcezza, o nell’aikido, la via dell’armonia dello spirito, buttano l’avversario a gambe all’aria, è vero, ma con dolci movimenti sferici, gentilmente, quasi senza parere.
Certo, sabato sera, il mandolino, principe di una numerosa orchestra, attenta e precisa, era applaudito da un pubblico foltissimo. E’ stato emozionante, commovente, ascoltare il suono del nostro mandolino dare prova del suo fascino internazionale. E se, generalmente, i concerti nel nostro Conservatorio sono affollati, per il mandolino giapponesizzato la gente era davvero tantissima, trasbordante, tanto che si è dovuto aprire il loggione o stare in piedi o seduti sui gradini.
La duttilit dei giapponesi è stata testimoniata anche dalla variet dei brani in programma della loro orchestra mandolinistica.
Non solo brani di musica classica occidentale e melodie tradizionali giapponesi. Anche famose canzoni antiche napoletane, come “Torna a Surriento”, “Funicul funicul “ e “Core ‘ngrato”, conosciutissime in Giappone, dove infatti trovano grande successo i cantanti napoletani. E pure qualche brano spagnolo, “Cha cha cha flamenco” e sud americano, come “Samba Brasil”.
Ma oltre i giapponesi, la serata offriva una brillante ulteriore prova dell’Orchestra degli allievi del Conservatorio San Pietro a Majella, gi ammirata anche negli indimenticabili concerti a Capodimonte. Formata dai migliori allievi del Conservatorio, affiancati da alcuni docenti in funzione di tutor, questa orchestra “è emblema – come è scritto nel dpliant di presentazione- di una tradizione musicale antica e prestigiosa che ha origini nel XVI secolo con la nascita degli antichi quattro conservatori di musica, che per primi in Europa esportarono un sistema di didattica e produzione musicale confluito nella universalmente riconosciuta scuola musicale napoletana.”
Sabato sera, l’orchestra San Pietro a Maiella ha messo in scena l’ “Aida di Scafati”, un testo riscoperto nella ricchissima biblioteca del Conservatorio, una parodia della Aida di Giuseppe Verdi. Cos ci è stato dato esempio di un’invenzione tipicamente napoletana, le parodie, che, nell’Ottocento, nel teatro San Carlino, prendevano in burla le opere che contemporaneamente si tenevano al San Carlo.
Sabato sera Napoli si è espressa, attraverso dei valenti giovani napoletani, nella esperta espressivit di uno spirito allegro, nello scherzo gioioso, nella festa, nella vitalit della sua musica. Una serata straordinaria, merito soprattutto della direttrice del Conservatorio, l’intelligentissima, sensibile, infaticabile Elsa Evangelista.
Per saperne di più
www.sanpietroamajella.it/index.php
In foto, un momento del concerto