“Donne in toga” dell’avvocato e islamista napoletano Salvatore Maria Sergio rientra nella categoria dei libelli solo per via della veste grafica e del numero di pagine (Colonnese, pp. 61, € 6,00). Ripercorre “lo scabro faticoso sentiero seguito dalle donne per giungere a ottenere il diritto di esercitare la professione forense” dal tempo di Roma antica al tempo nostro, senza i toni polemici del pamphlet n l’approssimazione stilistica del Fluschrift (lo scritto volante, in fretta). E’un libro a tutti gli effetti, per l’importanza del tema affrontato e per la prosa poderosa che caratterizza tutti gli scritti dell’autore napoletano. Il volume narra vicende di donne che nei secoli si sono distinte nell’attivit forense e nell’insegnamento delle materie giuridiche, squarciando il velo di tessuto che le copriva nel Medioevo e nei secoli a seguire, e quello metaforico, della Storia, che ha impedito che certe realt venissero prepotentemente alla luce.
A pochi era dato sapere che nell’antica Roma Maesia Sentinas, Caia Afrania, Hortensia (figlia dell’oratore Quinto Hortensio Ortalo), e con loro le tante altre di cui non è rimasta traccia, avessero capacit oratorie e acume giuridico tali da far nascere l’invidia tra i loro contemporanei di sesso maschile. Lo stesso vale per le sorelle Novella e Bettina Calderoni e per Novella D’Andrea, le quali, oltre a esercitare l’attivit forense , erano anche titolari di cattedre nelle appena nate universit dei regni della nostra penisola. Il viaggio delle donne con la toga arriva rapidamente ai giorni nostri con le figure di Franca Forlenza e di Edvige Nicoletti, giuriste napoletane, Gabriella Niccolaj, bolognese, e su tutte Angela Sbaiz, penalista bolognese, prima donna a ricevere l’onore di un busto in tribunale, “testimone di un femminismo altissimo, non isterico racconta Sergio”.
“Il fatto che le donne siano giunte all’esercizio della professione forense e a ricoprire il ruolo di giudice fino alle più alte cariche, significa che il processo di emancipazione è arrivato a conclusione. Ritengo che si debba liberare il campo da posizioni pregiudiziali che rappresentano la donna come il sesso debole, che necessita di emancipazione. Al giorno d’oggi non esistono ragioni sociali o ostacoli che possono impedire alle donne di raggiungere i massimi livelli professionali. Si invocano gli ostacoli sociali per mascherare quella che è l’unica vera distinzione esistente quella tra capaci e incapaci, tra persone in gamba e imbecilli. Uomo o donna, non fa alcuna differenza chi ha capacit emerge. D’altronde basti pensare a donne imprenditrici che rivestono ruoli da protagoniste nella nostra realt economica, come la Marcegaglia o la Pelino, e ad alcuni contesti, come quello forense, in cui si è giunti ad un vero e proprio matriarcato giudici, avvocati e cancellieri donne. Noi uomini siamo in netta minoranza”.
Se il mondo delle professioni può godere di un’ampia e qualificata rappresentanza femminile, lo stesso non può essere detto per quello politico, nel quale le donne svolgono ruoli secondari, da starlette, capaci più di dare lustro mediatico, a governi di soli uomini, che a fornire un contributo sostanziale e di buon livello. “Le donne presenti nella scena politica italiana sono tutte di basso livello, e guardare al passato penso a Nilde Jotti o a Tina Anselmi non ci fornisce elementi confortanti. La politica italiana è troppo impegnata ad essere salottiera perch possa esprimere donne di qualit . Bisogna superare i confini nazionali per poter scorgere qualche elemento positivo. Angela Merkel, Segolene Royale, Tzipi Livni e la compianta Benazir Bhuto sono personaggi di spessore politico assoluto, protagoniste della politica mondiale”.
Il fatto che paesi islamici conservatori, come il Pakistan e l’Iran, abbiano espresso donne politiche dello spessore della Bhuto e di Shirin Ebadi Premio Nobel per la pace pone il nostro sistema sotto una luce ancora più negativa, poich appare assurdo come l’emancipazione professionale della donna non sia coincisa con l’ingresso delle donne nei ruoli chiave delle istituzioni.
“I paesi islamici conservano un sistema teocratico e maschilista che impedisce la piena realizzazione delle donne prosegue Salvatore Maria Sergio e il fatto che una donna come Benazir Bhuto abbia potuto svolgere un ruolo cos determinante nella politica pakistana, si spiega solo con le particolare dinamiche familiari, di clan, che dominano la scena istituzionale dei paesi di quell’ area. Lo stesso vale per Sonia Gandhi, politica indiana di origine italiana, che può svolgere un ruolo determinante nel suo paese solo perch membro di una importantissima famiglia. Un processo di laicizzazione serio, non come quello avvenuto in Turchia, costituisce l’unica strada per l’emancipazione delle donne.”