“Quando Adam ha salvato Molly, Adam ha salvato un po’ anche il mondo Marco Parente
Nel cuore del Beneventano, a Guardia Sanframondi, torna Vinarte, per la decima edizione. Una kermesse artistica che vede il piccolo borgo diventare polo artistico e culturale per una settimana, dal 4 al 10 agosto, sotto la direzione artistica di Giuseppe Leone e Azzurra Immediato che si prenderà cura della sezione fotografia.
Le strade e le piazze del paese sono i salotti ideali per le mostre di pittura, scultura e fotografia, per dibattiti e incontri, i palazzi e le chiese diventano delle gallerie naturali dove cimentarsi con installazioni e progetti site specific.
Il centro storico è un palcoscenico con i suoi portici, le antiche case e gli scorci particolari. Il paese si presta a diventare un museo a cielo aperto. Un museo che mette al centro della propria visione il rapporto con i luoghi e la storia, alla scoperta di quelle meraviglie che sono nostre da sempre ma alle quali, l’uomo, perso dietro a cose a cui non crede nemmeno più, si è disabituato.
Una manifestazione artistica che accompagna un festival importante enoculturale del luogo, Vinalia, che vuol far conoscere le tradizioni locali e la bellezza del vino grazie all’adesione di ben sette cantine del territorio per un evento dal titolo “per mille ragioni, per mille passioni”. Tutte quelle che abbiamo e anche di più in questa fase di Post Covid.
Nella chiesa dell’ Ave Gratia Piena, centro nevralgico del festival, che ha ospitato anche la conferenza stampa dell’evento, un progetto in collaborazione con i galleristi Paolo Bowinkel e Andrea Ingenito.
“Gli altari dell’arte”, dove ogni altare della chiesa incornicerà un’opera isolandola dal contesto pur tuttavia restando inserita all’interno di un discorso più ampio, così che ogni artista può raccontare una storia attuale e anche propria.
Ogni lavoro si fa messaggero di sé relazionandosi agli altri per un racconto corale e ogni maestro contemporaneo si troverà a dialogare con le architetture barocche della chiesa.
In esposizione, opere di Marco Abbamondi, Max Coppeta, Maya Pacifico, Nicola Rivelli, Aniello Scotto, Ernesto Pengue, un lavoro della Real Scuola di Capodimonte e un altro a quattro mani dello stesso Giuseppe Leone insieme a Luciano Caruso.
Quest’ultima opera dal titolo mai come in questo periodo attuale “un presagio, un mutamento” realizzata nel 1997 è un vero e proprio omaggio a Luciano Caruso, uno dei maggiori esponenti della poesia visiva italiana, profeta in patria e figlio di queste terre.
Dalla chiesa, attraverso un percorso ben definito che rispetta tutte le limitazioni e restrizioni a cui siamo sottoposti in questo momento storico, si arriva all’antica Sagrestia che ospita lo scultore Mariano Goglia.
Questo luogo ricco di suggestioni è insieme al Palazzo Marotta dedicato alla fotografia con visioni e prospettive di Libero De Cunzo, Manuele Geromini, Fiorella Iacono, Federico Iadarola, Marco Lombardo, Pasquale Palmieri, Fabio Ricciardiello, Anna Rosati, Natalino Russo, Luigi Salierno e Luca Vidali.
C’è poi la sezione Genius Loci che vuole essere un trait-d’union tra gli artisti locali e chi arriverà invece da altre parti. Oltre allo scultore Goglia, ci saranno Carmine Carlo Maffei con un progetto personale nel suo atelier e i fotografi Federica Assini, Pasquale di Cosmo, Francesco Garofano, Mariagrazia Pigna e Germana Stella.
Un bigliettino da visita di queste terre ricche di storia, un primo sguardo che accoglie e invita il pubblico a mettersi a suo agio, lasciarsi andare per poi perdersi nella bellezza di un festival che vuole salvare il mondo, salvando prima di tutto gli artisti.
Questo è il compito che ogni operatore culturale dovrebbe assolvere e questo sembra essere il tema portante di quest’anno.
Un anno difficile che ci ha visto affrontare una crisi generale che è diventata per molti di noi crisi personale, dove tutto è cambiato, forse tutto era già destinato a cambiare e noi non lo sapevamo.
Quello che possiamo fare è riaccendere la luce dal buio, sublimando tutto il brutto che abbiamo vissuto e trasformarlo in bello attraverso l’arte. Ogni crisi che finisce, come ogni amore illuso e presunto tale, lascia spazio a nuove meraviglie.
La biennale di Venezia l’anno scorso aveva come tema portante la frase “Viviamo in tempi interessanti?”. Un interrogativo profetici che gli artisti di Vinarte fanno proprio avendo vissuto come tutti sulla pelle nostra questi tempi così detti interessanti che proviamo a lasciarci alle spalle, facendo però ben vedere le cicatrici che ci portiamo dentro perché proprio come i particolari di un’opera d’arte sono quelle che rendono il lavoro più interessante . Non vogliamo più vivere così, siamo aperti al cambiamento totale e siamo in attesa di tempi migliori, di una luce dopo la tenebra. Una luce che pittori, scultori e fotografi proveranno ad accendere durante questo festival. Questo è il concetto chiave di Vinarte 2020.
Parole che fanno riflettere e che ritroviamo nel libro di Giobbe, punto di riferimento insieme al Don Chisciotte della Mancha per un futuro non per forza migliore ma sicuramente meno buio
Sono segni , miraggi cui tutti aspiriamo. Se solo riuscissimo a coglierli in tempo potremmo anche provare a non farci male, potremmo non cadere mai da quell’altalena sulla quale danziamo come bambini volanti.
“Mi fanno cangiar la notte in giorno e vado bramando che dopo le tenebre ritorni la luce”.
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Nell’ultima foto dell’articolo, l’angolo di Vinalia dedicato ai bambini. Nell’immagine di gruppo in alto, Giuseppe Leone,( con gli occhiali in testa) direttore artistico della rassegna Vinarte e altri due scatti degli altari che fanno da sfondo alle opere d’autore