Si dice che un museo sia un male necessario per le opere d’arte e i reperti rinvenuti. Una considerazione che scaturisce dal fatto che ogni opera viene realizzata per un determinato luogo, per cui tolta da quello, appare fuori dal suo contesto. Generalmente per il passato gli oggetti sopravvivevano in modo asfittico in queste enormi sale, senza che il visitatore potesse comprendere appieno la loro provenienza logistica.
A Napoli, nel primo giorno di ottobre di quest’anno 2009, è stata inaugurata l’esposizione della Collezione Farnese del Museo Archeologico Nazionale. Dopo oltre dieci anni di lavoro si è riusciti a mettere insieme trecentoventicinque sculture, completamente restaurate, ripulite e nuovamente fotografate.
Promotori di questa costosa, ma necessaria operazione, sono stati il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, attraverso la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei con gli Assessorati al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania. La direzione scientifica è stata esercitata da Pietro Giovanni Guzzo, Mariarosaria Salvatore e da Valeria Sampaolo.
All’allestimento condotto da Enrico Guglielmo hanno preso parte Maddalena Marselli, Vega Ingravallo, Francesco Cecere ed Eva Nardella. Il progetto scientifico condotto da Carlo Gasparri dell’Universit di Napoli Federico II e da Valeria Sampaolo con Paola Rubino del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
I restauri hanno impegnato il Laboratorio di restauro del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e le imprese Abacus, Ambra Restauri, Corsale, Monica Martelli-Castaldi e Velar.
Si tratta di un’iniziativa che segue l’apertura della Collezione di Pittura Pompeiana e il riallestimento delle sculture provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano, nell’ambito dell’ampio progetto di valorizzazione delle Collezioni del Museo Archeologico di Napoli. Il percorso espositivo si snoda attorno al quadriportico orientale del Museo. Questo progetto fu avviato da Stefano de Caro, proseguito da Maria Luisa Nava e finalmente compiuto, come gi detto, da P. G. Guzzo, M. Salvatore e V. Sampaolo.
La collezione fu iniziata da Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III (1543-49), ed è una delle più grandi raccolte di sculture antiche formatesi nel Rinascimento. Sostanzialmente è rimasta intatta. Composta nello spazio di un cinquantennio, frutto di confische, donazioni, acquisti sul mercato antiquario, è ricca di reperti rinvenuti a Roma nel corso di lavori per la sistemazione urbanistica dell’Urbe.
Nata per abbellire il nuovo Palazzo Farnese, la raccolta passò nel Settecento ai Borbone di Napoli, attraverso una difficile vicenda ereditaria. Re Carlo di Borbone era figlio dell’ultima dei Farnese di Parma, Maria Isabella, passata alla storia col nome di Elisabetta. Il trasferimento a Napoli, capitale dell’omonimo regno, significò la fine della Collezione nella sua concezione e sistemazione avvenuta tra il Cinquecento e il Seicento. In origine si trattava di circa cinquecento tra sculture ed epigrafi. A Napoli i marmi della collezione andarono a fondersi con quelli provenienti dall’area vesuviana, da Pompei, Ercolano e Stabia.
L’intento dell’originario collezionista fu quello di affermare con orgoglio, attraverso colossali emblemi della religione e della storia antica, il potere dinastico familiare. Tanto è vero che è possibile ammirare gigantesche immagini di Ercole, come di imperatori e divinit . E che dire dell’enorme “Gruppo del Toro Farnese”. Insomma, un’ostentazione della cultura del passato, anche attraverso ritratti di uomini illustri.
Il riordino espositivo attuale è organizzato non per tipologia, ma per provenienza logistica. C’è la sala del grande Palazzo a Campo de’ Fiori, quella della Villa Farnesina, Villa Madama a Monte Mario, gli Orti sul Colle Palatino, lo scavo nelle Terme di Caracalla, la Galleria di Palazzo Farnese affrescata dai fratelli Carracci. Cos allestita, l’esposizione è interessante perch il visitatore può percorrere un itinerario ideale che attraversa le varie sedi che nel corso del tempo hanno ospitato la collezione. Un’ottica filologica di rispetto delle ragioni formative della raccolta, che mostra le tante integrazioni moderne che nel corso del tempo si sono rese indispensabili, ad opera anche di grandi maestri quali Guglielmo della Porta con i suoi allievi, oppure in seguito Carlo Albacini, che hanno conferito l’integrit a marmi che mancavano di testa, mani o piedi. Anzi, a questo proposito si è reso utile scandagliare i depositi del Museo, dove sono stati rinvenuti pezzi mancanti alle statue, come con soddisfazione ha affermato Carlo Gasparri.
Punta di eccellenza tra i ritratti della Collezione è “Caracalla” (212 217 a.C.), una scultura che per la sua naturalezza restituisce l’idea dell’imperatore. Descrivere in questo spazio le tante meraviglie del tempo farnesiano sarebbe un assurdit riduttiva.
Il catalogo pubblicato da Electa, a cura di Carlo Gasparri, contiene testi di C. Capaldi, M. Caso, F. Coraggio, E. Dodero, S. Pafumi è formato da due volumi più una gu 6 ida della collezione; 1 “Le sculture Farnese: sculture ideali”; 2 “Le sculture Farnese: Ritratti”. in assoluto il primo catalogo scientifico della Collezione, illustrato con sapienza da fotografie di Luigi Spina. Tutto frutto di laboriose ricerche d’archivio e testimonianze varie.
In foto, Amazzone, Caracalla, Toro Farnese