Il teatro di Napoli riprende il suo cammino. E inaugura la prima parte della stagione, ottobre-dicembre 2020, con lo spettacolo I manoscritti del diluvio di Bouchard per la regia di Carlo Cerciello, in scena dal 14 al 31 ottobre. Durante la conferenza stampa di presentazione svoltasi da remoto, il direttore del Teatro stabile di Napoli Roberto Andò ha voluto sottolineare l’importanza di aprire la stagione con uno spettacolo che, in qualche modo, parla al momento attuale.
«In questa stagione che è bizzarra e legata all’incertezza – ha specificato Roberto Andò – è importante che si immagini una stagione che abbia una forza poetica anche legata a ciò che stiamo vivendo. Questo non è però uno spettacolo sulla pandemia, ma dà agli spettatori la possibilità di entrare in un paesaggio umano, esistenziale, che ricorda da vicino quello che stiamo vivendo e lo fa con la forza del teatro. Uno degli aspetti più interessanti di questo spettacolo è il fatto che sia incentrato su un nucleo di persone anziane, abbiamo visto come questa pandemia abbia portato allo stremo, anche con un senso di indignazione, rispetto agli anziani per ciò che arrivava da varie parti d’Europa, non solo dall’Italia, un mondo in cui gli anziani non ci riguardano e, nel momento statistico della malattia, gli anziani possono fare numero in negativo.
Il testo ci racconta delle voci che parlano in qualche modo di un tempo come quello nostro. Si inaugura dunque con uno spettacolo importante, con un regista Carlo Cerciello e attori importanti, difendendo un’idea di teatro attraverso un linguaggio e un’umanità che rappresentano una poetica in scena con un segno preciso di cui questo spettacolo è certamente rappresentativo».
Carlo Cerciello stesso parla del progetto e della messa in scena: «il gruppo di lavoro che si è formato è stato fantastico. Il testo del canadese Bouchard, lo avevo in testa da 10 anni, ma poi quando lo pratichi fai scoperte sempre nuove, perché è come una miniera.»
Michel Marc Bouchard è un premiato drammaturgo e sceneggiatore canadese con all’attivo venticinque opere teatrali, oggetto anche di adattamenti cinematografici.
«La storia – racconta il regista – è quella di un gruppo di anziani che prima del diluvio si riuniva in un’ex palestra per scrivere a mano le proprie esperienze esistenziali. Dopo il diluvio alcuni di essi si ritrovano poi nella stessa sala, dei testi sono andati perduti e Samuel, uno dei personaggi, tenta di convincere gli altri anziani a riprendere la scrittura, ma questi se ne andranno. Toccherà a Danny, un giovane metà angelo e metà ragazzo, diverso dagli altri che sono lì per aiutare gli anziani, come la protezione civile che in realtà non li considera realmente, toccherà a lui memorizzare i testi perduti ed ereditare la sala di scrittura».
«Balza subito all’attenzione il carattere politico ed etico dell’opera, la scarsa considerazione verso quelli definiti in senso dispregiativo: vecchi. Basti pensare quello che è accaduto tra l’inverno e la primavera scorsa, quando si è scelto di sacrificare gli anziani. Se consideriamo l’anziano all’apice della sua esistenza è una persona che raccoglie un monte di esperienze, dunque l’indifferenza verso gli anziani è anche indifferenza verso l’esperienza umana, sacrificata sull’altare dell’economia».
Viene naturale domandarsi a questo punto, come sarà il mondo dopo il diluvio? La memoria andrà perduta o avverrà un passaggio di testimone tra ‘vecchi’ e giovani?
Risponde ancora Cerciello: «Qualcuno in politica ha usato il termine rottamazione per parlare degli anziani, ma i giovani tesaurizzando il passato eviteranno di commettere gli stessi errori. La scrittura e la riscrittura della vita sono centrali, e non è casuale che si tratti di una scrittura a mano, quasi come se la vita fluisse dentro l’inchiostro e restasse sulla pagina.
Per fare un esempio a noi prossimo, Enzo Moscato scrive a penna su fogli che semina per tutta la casa, perché è impossibile per lui fare a meno di questa pratica. Già questo rapporto con la scrittura è importante, dopo il diluvio questa vita è andata perduta, cancellata dall’acqua».
Il testo riflette sull’inganno della parola, se Samuel vuole riscrivere modificando parti del proprio passato, Danny risponde che sarebbe eccezionale poter diventare ciò che scriviamo. Danny, l’unico giovane dell’opera, come spiega Cerciello «è un personaggio molteplice, un angelo della storia e della morte, una sorta di traghettatore, colui che viene a prendere il vecchio mondo e lo sostituisce».
Uccidere i padri ma per diventare come loro?
Saranno gli spettatori a dare una risposta. «Bisogna evitare che le parole diventino un alibi, restituire alla scrittura la sua funzione di testimonianza significa restituire alla vita il suo valore etico, sociale, politico e poetico. Questo testo è di sostanziale denuncia della mistificazione dell’uso del linguaggio nelle nostre vite, vite che si rifugiano nel vuoto delle parole, nella forma».
Un altro tema centrale dell’opera, che tocca tutta l’umanità, che rappresenta anche l’aspetto più poetico del testo, è il disarmante disagio di fronte alla propria immagine allo specchio, quando i desideri sono intatti ma restano intrappolati in un corpo in disfacimento. Questa parte è affidata ai personaggi femminili, Marta che si è sacrificata per il fratello, Clare che è innamorata dell’amica, ma sa che questo amore non potrà mai realizzarsi, e Dorothy moglie di William con il quale tenta di recidere il passato e ricominciare a vivere.
Il pubblico si disporrà nei plachi, la platea completamente occupata dalla scena rimanda alle suggestioni del testo.
«La scena – racconta sempre il regista – è venuta dai due elementi dell’opera: il diluvio e la scrittura». – Se -«nel testo la sala di scrittura è una ex palestra, non a caso, qui è diventata una platea in cui, ed è una citazione dei Giganti della montagna di Strehler, il teatro è il luogo dove si attua la riscrittura della vita alla massima potenza, è la stanza che ferma il tempo, il luogo che allontana la morte fisica».
Ma cos’è in sostanza questo diluvio? A quale diluvio facciamo riferimento? Il diluvio, conclude Cerciello, è «lo svuotamento di senso del teatro in rapporto con la società, era già accaduto prima di questo diluvio. Il teatro, come l’ex palestra, è diventata fucina dell’estetica, della forma, ha perso un po’ la funzione politica e sociale. C’è poi il diluvio ufficiale, perché oggi, relativamente al teatro, piove sul bagnato».
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I manoscritti del diluvio
di Michel Marc Bouchard
traduzione Barbara Nativi
regia Carlo Cerciello
con Walter Cerrotta, Michele Nani, Danilo Nigrelli, Franca Penone, Bruna Rossi, Maria Angeles Torres.
Aiuto regia Aniello Mallardo, assistente alla regia Cecilia Lupoli. Scene Roberto Crea costumi Daniela Ciancio luci Cesare Accetta musiche Paolo Coletta suono G.U.P. Alcaro
I biglietti si possono acquistare qui.