Per ART1307 è tempo di Restart. Con questa mostra, che verrà inaugurata nella sede di Napoli il 24 ottobre (dalle 11 alle 20) e resterà allestita fino al 20 dicembre, ripartono le esposizioni dal vivo dopo il lungo periodo di lockdown.
Il titolo della mostra, Restart appunto, è assolutamente evocativo, rimanda infatti alla ripresa delle attività ma anche alla possibilità di visitare lo spazio espositivo di via Rampe di Sant’Antonio a Posillipo completamente rinnovato.
ART1307 è stata fondata a Napoli nel 2007, con l’intento di promuovere le arti visive a livello internazionale, favorendo gli scambi con diverse istituzioni culturali per consentire alle opere d’arte contemporanea di girare con più facilità e agli artisti, scelti soprattutto basandosi sulla qualità dei lavori e sul talento espresso, di potersi far conoscere anche al di fuori del proprio paese di origine.
Restart è curata da Cynthia Penna che ha scelto di esporre le opere di tre artisti, di tre differenti nazionalità, appartenenti ai tre paesi del mondo con cui l’associazione ART1307 maggiormente collabora da ben tredici anni: l’Italia, l’America e il Giappone. Al giapponese Yasunari Nakagomi si sono aggiunti due nuovi arrivi, Mika Cho dall’America e Antonio Sacco dall’Italia, più precisamente si tratta proprio di un artista campano.
Ciò che, sin dal primo sguardo dato alle opere, accomuna questi tre artisti così geograficamente distanti, è lo studio del colore e il suo utilizzo, sia dal punto di vista tecnico che espressivo.
Yasunari Nakagomi, che già ha avuto modo di collaborare con ART1307, presenta in mostra dei lavori su carta. Corpose pennellate verticali si sovrappongono, nuove linee verticali vengono poste su quelle già tracciate in precedenza, ora mescolandosi e ora restando nettamente separate. Questo gesto pittorico scongiura la staticità dell’opera ma le conferisce dinamicità e movimento. L’utilizzo del colore procura al visitatore quasi un annebbiamento della percezione visiva.
L’americano Mika Cho è artista e, al contempo, professore presso la Cal State University di Los Angeles. I suoi lavori, per cui utilizza spessi strati di colore ad olio, rimandano ai campi di colore di Rothko. Le sfumature e la luce, che giocano tra loro, trasportano il visitatore in un viaggio nell’inconscio, trasformando l’osservazione in un’autentica esperienza di meditazione.
Le opere di Alfonso Sacco, invece, ci conducono a una riflessione profonda, che mette al centro il concetto di memoria.
«Questi miei ultimi lavori dal titolo Impronte – racconta l’artista – partono da molto lontano, da una memoria, da un ricordo di molti anni fa. Il mio è un casellario fatto di ricordi, una mappatura di avvenimenti e denunce. L’opera prende forma sotto il segno di un’impronta, unica, inequivocabile, mai una uguale all’altra. Il mio lavoro è una denuncia per non dimenticare i nuovi poveri invisibili, coloro che subiscono violenze, abusi, maltrattamenti e tanti altri ancora».
Alla base dei suoi lavori troviamo due componenti, il segno e il colore. Le impronte digitali sono tutte diverse tra loro e di molteplici colori, diventano simbolo di memoria e testimonianza di unicità dell’individuo. Tutte queste unicità, le impronte dei singoli, sulla tela si uniscono ed è così che le opere di Alfonso Sacco abbattono i muri ed eliminano le diversità pur enfatizzando e rispettando l’unicità di ciascuno.
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