Il cane, si sa, è il miglior amico dell’uomo. Ma spesso, troppo spesso, l’uomo non è il miglior amico del cane…anzi, ne diventa il peggior nemico. Questo è il problema che coinvolge tantissime citt italiane: decine e decine di animali a quattro zampe che erano convinti di aver trovato finalmente affetto, cibo e il calore di una famiglia, si trovano d’improvviso a dover lottare per sopravvivere in mezzo alla strada, in cattivit , abbandonati, dimostrando ancora una volta che il concetto/appellativo di “bestia” è il più delle volte da considerare patrimonio esclusivo dei bipedi, non dei quadrupedi.
stato proprio il randagismo l’argomento al centro della conferenza stampa di ieri (16 novembre) negli scavi archeologici di Pompei, nella Casa del Poeta Tragico, in cui sono state illustrate caratteristiche e finalit del progetto “(C)Ave Canem, Adotta Melagro”, presentato dal commissario delegato all’area archeologica di Pompei, Marcello Fiori e dalla soprintendente Mariarosaria Salvatore, col sostegno del ministero per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Hanno partecipato attivamente alla conferenza, palesando il proprio sostegno al progetto in rappresentanza delle organizzazioni di cui fanno parte, anche Gianluca Felicetti (presidente Lav Lega anti vivisezione), Carla Rocchi (presidente Enpa Ente nazionale protezione animali) e Laura Rossi (presidente Lndc Lega nazionale per la difesa del cane), oltre che il sottosegretario ai beni e alle attivit culturali, Francesco Giro.
Il problema del randagismo affligge da tempo immemore la zona degli scavi di Pompei, tanto da essere riconosciuto a livello internazionale: i cani abbandonati e non accuditi possono ammalarsi, diventando un problema di sicurezza pubblica per l’area archeologica di Pompei, visitata ogni giorno da circa diecimila turisti italiani e stranieri. Eppure il cane è sempre stato compagno fedele dell’uomo e questi scavi ce ne danno diretta testimonianza gi solo dalla”domus” in cui la conferenza è stata tenuta, al cui ingresso è visibile il famoso mosaico con il cane alla catena con la scritta “Cave Canem” (Attenti al cane) da cui prende nome lo stesso progetto, e i cani, appunto, popolano ancora gli scavi, ma stavolta senza padrone e senza protezione, minacciando la propria esistenza, gli scavi stessi e la sicurezza di turisti e visitatori.
Dunque, l’obiettivo principale del progetto, la cui prima fase è partita il 12 novembre, è quello di risolvere definitivamente il problema del randagismo assicurando cure e tutela ai cani presenti nell’area, operando censimenti con registrazione all’anagrafe (per ogni cane è stato scherzosamente scelto il nome in base all’area o al personaggio storico nel cui territorio il l’animale ama maggiormente girovagare, di qui Melagro, Plautus, Polibia, Menade e altri) per ridare loro un’identit , dotandoli di microchip, collare e medaglietta di riconoscimento, oltre che garantendo a tutti gli animali cure, sterilizzazioni, rifugi e cibo nelle aree appositamente attrezzate con cucce allestite stesso all’interno degli scavi, loro casa temporanea. Temporanea, appunto, perch altro binario su cui il progetto corre e poggia è quello della sensibilizzazione dei turisti (e non solo), promuovendo una campagna per l’adozione dei cani (i cui nuovi padroni potranno usufruire di una visita guidata gratuita agli scavi), nella speranza di dare loro finalmente l’affetto e il calore di un focolare che meriterebbero tanto.
Tutto ciò, infine, calza perfettamente in quello che è un progetto globale di tutela e valorizzazione dell’area archeologica tutta (che è una delle più importanti al mondo e che dovrebbe essere il vero motivo di vanto e d’orgoglio non solo di Napoli, ma di tutta la Penisola), gi al centro di un intenso lavoro di rinnovamento e modernizzazione delle macchine organizzative e dei sistemi di prenotazione e di una instancabile opera di scoperta e di restauro. Infatti dell’intera area, che misura circa 80 ettari, ne sono visibili solamente 40 e, dopo i 30 milioni spesi per migliorare le strutture e per rendere quanto più funzionale possibile la zona archeologica, ne sono gi stati stanziati altri 25 per il prossimo anno, per attuare gli altri circa 100 progetti in cantiere e per rendere visibili in tempi brevi quanti più reperti è possibile. Tutto ciò rende l’antica Pompei qualcosa più di un museo, la rende una citt ancora viva, che pulsa, che respira e che brama di essere scoperta e riportata alla luce e all’antico splendore.
Nelle foto, azioni di tutela per i randagi nell’area degli scavi dove sono state collocate anche cucce