Il sole è gi alto e le strade trafficate più di quanto ci si possa aspettare. Uno sguardo all’orologio conferma che sono le 6,30 di un estivo mattino napoletano (c’è anche la data: 15 luglio 2010).
Intanto, al centro di piazza Plebiscito, qualcuno armeggia, spacchetta, monta…
Il primo a fermarsi è il conducente di un camion dell’Asia. “Lo portiamo via?”. Quasi un sussurro, la voce è coperta dal motore. Poi altre voci: “cos’è?”, “che significa?”, “che rappresenta?”.
Una donna grassoccia lo riconosce: “ma questo è il Cristo velato!”. Quasi ci prende. Se non fosse per la distanza da cui osserva, noterebbe una maschera sotto il velo. s un’interpretazione della nota scultura marmorea di Giuseppe Sanmartino, ma adagiato sul catafalco… giace Pulcinella.
Dopo circa un quarto d’ora (sono le 6,45) è tutto finito.
I fratelli Scuotto (La Scarabattola) lanciano il sasso: “l’arte è una risorsa pubblica, perciò va messa in piazza”. In piazza Plebiscito. Quella che ha ospitato montagne di sale e “capuzzelle di morto”, labirinti e mongolfiere. Mongolfiere che pochissimi han visto. Sparite, esplose. Assenti… come la madre e il bambino nel blocco di marmo che Totò scolpisce (mentre cerca moglie): “La mia arte è assenteista, ci vale a dire: nelle mie opere manca sempre qualche cosa…”.
I fratelli artisti installano la loro opera. Pochi minuti, sul far del mattino. Qualche curioso si avvicina, guarda, ricorder . Poi… l’assenza.
Nella piazza napoletana nota per i grandi nomi stranieri “Anche noi vi abbiamo esposto -spiegano- e a costo zero”. L’invito è rivolto a tutti gli artisti. Riempire i vuoti. Esporsi in piazza. Colmare l’assenza. E dopo? Dove finisce l’opera? “Il valore dell’arte conta più del suo autore: ASSENTEISMO”.
Nella foto (di Cesare Abbate), l’installazione “assenteista” dei fratelli Scuotto
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