Professione archeologo. Una missione può anche mettere a rischio la vita. Se ne parla sabato 3 dicembre, alle 17.30 , al caffè letterario Archeobar in via mezzocannone 101 bis in occasione della presentazione del libro La memoria del fuoco di Lidia Vignola, edito da Liberarcheologia in collaborazione con il centro per gli studi criminologici di Viterbo. Un testo coraggioso che mette a nudo scomode verità e che darà vita a un dibattito coordinato da Oriana Cerbone.
Nel volume, l’autrice denuncia le difficoltà incontrate lavorando. Quello che nell’immaginario comune è visto come un universo affascinante, fatto di arte, di storia e di scoperte sempre nuove, in realtà ha anche un risvolto di soprusi e criminalità organizzata, ma soprattutto di difficoltà nel far comprendere alle persone l’importanza del ruolo sociale degli archeologi. L’incontro è, infatti, promosso dall’associazione nazionale archeologi.
«Il libro- spiega Nicola Meluziis, presidente campano dell’associazione- è un viaggio nella professione vista con gli occhi di chi ha vissuto l’emozione del primo cantiere, la gioia della scoperta o i momenti di relax con il caffè caldo che ti rincuora in una fredda giornata d’inverno. Un mondo fantastico, per chi lo vive dal di fuori».
E fantastico lo è davvero per certi aspetti, perché la terra evoca memorie. Spesso, tuttavia, sono ricordi terribili, come nel caso della terra dei fuochi, dove scavare significa anche riscoprire storie di un territorio violato e seviziato dall’uomo con rifiuti tossici.
E allora capita che un’archeologa queste cose tenti di raccontarle alla figlia per dare voce al suolo martoriato che qualcuno, però, cercherà di far tacere.
«Nonostante questa professione sia stata riconosciuta a norma di legge due anni fa- conclude Meluziis- c’è ancora un’enorme difficoltà nell’accettare la necessità della nostra presenza e l’efficacia del nostro ruolo fondamentale a tutela del patrimonio». Soprattutto quando in gioco ci sono business e soldi.
Per saperne di più