Il Museo archeologico di Napoli fa rete con lo zoo. Dal Salone della Meridiana del Mann al giardino zoologico (in foto, la biglietteria) per trasmettere a ragazzi ed adulti il legame tra gli animali del presente e del passato.
Partnership avviata in occasione della mostra “Gladiatori”, visitabile fino al 6 gennaio 2022 al Museo: un racconto sviluppato per immagini e parole, da vivere negli spazi del Giardino Zoologico partenopeo e nelle sale dell’Archeologico.
Grazie a un percorso dedicato e a grafiche identificative di approfondimento, sarà possibile seguire un itinerario tra arte e natura, con un fil rouge tra la mostra del Museo e lo Zoo; focus non solo sulle venationes, che accompagnavano gli antichi spettacoli, ma anche sulla storia contemporanea, con particolare riferimento alle esigenze di cura degli animali.
Tra le iniziative estive pensate per l’esposizione “Gladiatori”, non mancheranno incontri e laboratori allo Zoo con feeding time exhibit. Ancora, grazie al protocollo di intesa fra le due istituzioni, partirà un percorso di schedatura, che consentirà di identificare la rispondenza tra le specie del Parco e la loro rappresentazione iconografica nei reperti antichi.
Ci saranno sconti integrati, accedendo a ambo gli Istituti con ticket ridotto, mostrando in biglietteria il tagliando di ingresso al Museo o allo zoo (la promozione sarà valida anche per abbonati OpenMann).
Proprio per il suo taglio didattico e di ricerca, il progetto di collaborazione con lo Zoo è curato, per il Mann, da Lucia Emilio (Responsabile Servizi Educativi), Valentina Cosentino (Segreteria Scientifica), Antonio Sacco (Servizi Educativi) e, per lo Zoo di Napoli, dalla zoologa Fiorella Saggese.
La comunicazione per immagini, con l’allestimento di figure e disegni che si legano alla mostra “Gladiatori”, è firmata dalla graphic designer Francesca Pavese.
Nel giardino zoologico di Napoli, nato nel 1940, è possibile seguire l’evoluzione del rapporto uomo-animale, ma il gioco di rimandi conduce anche nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli dove, da fne luglio, sarà installato l’allestimento legato al parco, per avventurarsi in un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo.
Dalla fantasia alla realtà: gli animali delle scene di caccia, presenti nei reperti del Mann e nelle grafiche sviluppate ad hoc, sono presentati allo zoo di Napoli in carne ed ossa; così, i bambini e gli adulti riflettono non solo sulle caratteristiche delle antiche cacce, ma anche sul valore mitico e simbolico che queste assumevano per i romani.
La storia ci racconta che la spettacolarizzazione dell’essere vivente, degli animali nello specifico, non si arresta ai primi secoli dopo Cristo, ma prosegue nei periodi storici successivi. I serragli, intesi come raccolte di animali selvatici ingabbiati, furono ampiamente usati durante il Medioevo per mostrare la ricchezza e il potere dei reali Europei; fu solo nel corso del XVIII secolo che le fiere furono trasferite in parchi zoologici, per essere ammirate dai visitatori. Il primo giardino di questa tipologia fu realizzato a Vienna e aprì al pubblico nel 1765.
A poco a poco gli zoo iniziarono ad abbracciare lo studio scientifico degli animali come parte della propria missione. La trasformazione nel tempo ha riguardato anche e soprattutto le tecniche di gestione e cura degli animali. Quelli che erano i bestiarii diventano oggi i Keeper, personale specializzato che si dedica alle cure quotidiane degli esemplari; quelle che all’epoca delle venationes erano tecniche di sofferenza e tortura per aizzare le bestie contro l’uomo, divengono oggi accurate pratiche e azioni finalizzate a garantire il massimo benessere agli animali che vivono all’interno del parco.
A differenza di quanto accadeva ai tempi dei gladiatori, è adesso considerato un crimine il prelievo degli animali tramite cattura dal loro ambiente selvatico: così i parchi zoologici si fanno carico dell’onere di continuare a gestire animali che, da generazioni, vivono in cattività, preservando al contempo le popolazioni nel loro ambiente naturale attraverso campagne di sensibilizzazione e azioni concrete di conservazione.
Le venationes rappresentavano uno dei momenti topici più attesi degli spettacoli gladiatori, particolarmente apprezzate dal pubblico: istituite nel 186 a.C. da Marco Fulvio Nobiliore e restate in voga sino al tramonto dell’Impero (l’ultimo spettacolo di questo genere fu organizzato sotto Teodorico nel 523 d.C.), le cacce nelle arene rivestivano un profondo valore politico, culturale e simbolico.
I venatores, infatti, incarnavano le virtù di tenacia e coraggio e si cimentavano negli scontri con gli animali dopo un duro allenamento: si calcola che circa due milioni e mezzo di fiere, che provenivano da diverse regioni dell’Impero (Africa Settentrionale, Asia Minore, Germania), furono ammazzate in oltre cinque secoli di lotte.
Peculiare la scenografia in cui si svolgevano: nelle arene erano allestiti veri e propri spettacoli, con fondali ed ambientazioni di matrice storica e mitologica; gli animali feroci, con cui solitamente si cimentavano i cacciatori, erano bufali, orsi, leoni ed elefanti.
Partendo dal passato si possono trarre lezioni molto importanti per il presente, proprio studiando la storia e le caratteristiche delle figure che si esibivano nelle arene.
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